Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14450 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14450 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28175-2022 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, NOME PREDEN;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 135/2022 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 17/05/2022 R.G.N. 570/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 26/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO IN FATTO
R.G.N. 28175/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
che, con sentenza depositata il 17.5.2022, la Corte d’appello di Torino ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato NOME COGNOME decaduto dal diritto di conseguire iure hereditatis la c.d. doppia annualità del rateo di pensione di reversibilità spettante alla defunta coniuge; che avverso tale pronuncia NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria; che l’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso; che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 26.3.2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 47, d.P.R. n. 639/1970, per avere la Corte di merito ritenuto che la decadenza ivi prevista si applicasse anche alla prestazione in esame, ancorché la pensione percepita dalla defunta coniuge avesse natura pubblica;
che, al riguardo, va premesso che l’art. 3, d.lgs. lgt. n. 39/1945, nel prevedere tra le cause di cessazione della pensione di reversibilità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria il fatto che il coniuge che la percepisce contragga nuovo matrimo nio, stabilisce, al comma 2°, che ‘al coniuge, che cessi dal diritto alla pensione per sopravvenuto matrimonio, spetta un assegno pari a due annualità della pensione stessa, escluse le quote integrative a carico dello Stato’;
che, ciò posto, nulla è dato leggere in sentenza circa il fatto che la pensione di reversibilità già percepita dalla dante causa dell’odierno ricorrente avesse natura pubblica, né è dato comprendere se tale circostanza -peraltro contestata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nel c ontroricorso sul rilievo che, in realtà, non
tratterebbesi di pensione erogata dallo Stato, bensì dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE -sia stata compiutamente allegata fin dall’atto introduttivo del giudizio;
che, a tal fine, non rileva che nel fascicolo telematico della fase monitoria fosse stato allegato il certificato di pensione della de cuius , essendo consolidato il principio di diritto secondo cui, non potendo la produzione documentale equivalere di per sé all’allegazione del fatto di cui il documento è supporto narrativo, non si dà per il giudice alcun onere di esame e ancora meno di considerazione ai fini della decisione di documenti relativi a fatti che non siano stati oggetto di tempestiva e compiuta allegazione (così da ult. Cass. nn. 13625 del 2019, 9646 del 2022 e 1084 del 2023); che questa Corte ha da tempo chiarito che, qualora una questione giuridica implicante un accertamento di fatto non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (così tra le più recenti Cass. nn. 32804 del 2019 e 16239 del 2023);
che a tal fine non rileva che la questione circa la (pretesa) natura pubblica sia stata in specie rappresentata nel ricorso in appello, essendo del pari consolidato il principio secondo cui non è possibile introdurre in sede di gravame una nuova causa petendi che comporti, attraverso la prospettazione di nuove circostanze o situazioni giuridiche, il mutamento dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio e, introducendo nel processo un nuovo tema di indagine e di
decisione, alteri l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia (così, tra le più recenti, Cass. n. 19186 del 2020);
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 3.200,00, di cui € 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 26.3.2024.