Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15090 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15090 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 06674/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del l.r.p.t., e COGNOME NOME , rappresentati e difesi dal l’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrenti –
Oggetto:
mutuo bancario
AC – 29/05/2025
Banca di Credito Cooperativo di Pachino, RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME ed NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Catania n. 1683/2021, pubblicata il 2 agosto 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME in proprio, quale erede di NOME COGNOME e quale liquidatore pro tempore della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza in epigrafe con cui la Corte di appello di Catania, in riforma della sentenza del Tribunale di Siracusa, li ha condannati in solido al pagamento in favore della Banca di Credito Cooperativo di Pachino, RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter: ‘la banca’), della somma di 27.836,37 euro.
La banca ha resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che , all’esito della c.t.u. disposta in appello, le cui conclusioni erano state contestate tardivamente dai clienti solo con la comparsa conclusionale in appello, risultava superato il tasso soglia di usura per il solo tasso extra-fido, laddove quello intra-fido rientrava nella predetta soglia ; b) che, non potendo la nullità dell’una pattuizione comunicarsi all’altra, la società correntista e i suoi fideiussori andavano condannati al pagamento della somma oggetto di richiesta in primo grado, pari a euro 27.836,37; c) che la domanda
di risarcimento del danno formulata dalla società per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Ita lia andava respinta, siccome il danno non era stato provato, non potendo condividersi la tesi secondo cui esso sarebbe in re ipsa ; d) che la questione dell ‘ illegittima applicazione al rapporto della commissione di massimo scoperto non poteva essere esaminata, siccome inammissibilmente sollevata dalla società-cliente solo con la memoria di replica.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
Primo motivo «I: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all ‘art. 36 0, n. 5) c.p.c., su un punto decisivo della controversia», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto tardiva la contestazione delle conclusioni della c.t.u. disposta in appello, laddove le predette conclusioni erano state comunicate al c.t.u. con pec del 31 luglio 2019, della cui esistenza si dava atto nel verbale d ell’udienza di discussione in appello.
Secondo motivo «II: omessa, insufficiente ed errata motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha omesso di rilevare l’erronea verifica contabile effettuata dal c.t.u. in appello, laddove ha escluso la nullità del tasso debitore intra-fido, siccome esso, come dedotto con note critiche all’ elaborato, era già usurario ab origine .
I primi due motivi, che per logica connessione possono essere congiuntamente esaminati, non possono trovare accoglimento. Il primo motivo, infatti, a onta della sua rubrica, che fa riferimento non solo al n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ.,
ma addirittura a una formulazione di esso non più vigente, lamenta nella sua sostanza un vizio processuale, consistente nell’erronea declaratoria di novità delle contestazioni alla c.t.u. Così interpretata, la censura è tuttavia infondata, posto che la Corte territoriale, pur giudicando inammissibile il motivo di appello, ha omesso di trarre da tale considerazione le corrette conseguenze giuridiche (consumazione del potere di giudicare sul punto), ma ha comunque esaminato nel merito la questione dedotta, come il secondo motivo del ricorso testimonia, contenendo in effetti la critica proprio a quelle conclusioni peritali di appello che apparentemente erano state dichiarate inammissibili per novità. Da tanto consegue che l’error in procedendo non sussiste perché, a prescindere dalla correttezza della soluzione, nessun pregiudizio la parte ricorrente ha subito dal rilievo dell’ inammissibilità, avendo avuto comunque risposta nel merito della questione nel prosieguo della motivazione della sentenza impugnata, di talché può concludersi che il vizio processuale non sussiste.
A tal proposito, va rilevata l’ inammissibilità del secondo motivo di ricorso, non solo per il riferimento reiterato a una formulazione non più vigente dell’art. 360 cod. prov. civ., ma , soprattutto, perché la censura è versata totalmente in fatto, pretendendo di dimostrare in questa fase di sola legittimità l’erroneità dei conteggi effettuati dal consulente tecnico in appello e, quindi, pretendendo da questa Corte un’ inammissibile riedizione del giudizio di merito, senza evidenziare alcun preciso fatto storico, sottoposto al contraddittorio delle parti, di natura decisiva, che il giudice del merito abbia omesso di considerare, come è invece necessario per la corretta deduzione di tale vizio
(in senso conforme, di recente, Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 7716 del 21/03/2024).
Terzo motivo «III: omessa, insufficiente ed errata motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove non ha ritenuto estensibile la nullità del tasso extra-fido alla pattuizione del tasso intra-fido.
Il motivo – da qualificarsi, a onta della sua rubrica, come deducente una falsa applicazione di legge – è infondato, atteso che la sentenza impugnata è sul punto conforme all’ insegnamento – espressamente citato – di questa Corte (Sez. 1, Ordinanza n. 21470 del 15/09/2017), che va sul punto ribadito in quanto del tutto condivisibile, secondo cui in tema di contratto di conto corrente bancario, qualora vengano pattuiti interessi superiori al tasso soglia con riferimento all’indebitamento extra fido e interessi inferiori a tale tasso per le somme utilizzate entro i limiti del fido, la nullità della prima pattuizione non si comunica all’altra, pur se entrambe contenute in una medesima clausola contrattuale, poiché si deve valutare la singola disposizione, sebbene non esaustiva della regolamentazione degli interessi dovuti in forza del contratto, avendo ciascuna delle due pattuizioni un ambito di applicazione diverso nell’assetto dei rapporti tra banca e cliente, unitamente a diversi ambiti applicativi, con conseguente diversità anche dei relativi metodi di calcolo del tasso soglia nelle dunque ipotesi; sicché del tutto incoerente sarebbe un’ interpretazione che pretendesse di far derivare la nullità di una delle due pattuizioni per conseguenza della rilevata nullità dell’altra .
d) Quarto motivo «IV: omessa, insufficiente ed errata motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 non ché violazione del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, d.l. 13 maggio 2011, n. 70, art. 8-bis, convertito in l. 12 luglio 2011, n. 106, oltre che degli artt. 2043, 2050, 2056, 1226 e 2697 c.c. », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto non provato il danno da illegittima segnalazione alla Centrale Rischi, laddove era in effetti stata dimostrata, sin dalla prima difesa e con idonea documentazione versata in atti, l’esistenza del danno patito, peraltro ulteriormente aggravatosi in corso di causa come dedotto negli scritti difensivi di parte, sicché esso era del tutto provato, anche eventualmente in via presuntiva.
Il motivo è inammissibile nella parte in cui lamenta un vizio di motivazione, non tanto per il reiterato riferimento a una formula di legge non più vigente, quanto per il fatto che non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che è fondata sulla mancanza di deduzione e prova del lamentato danno da segnalazione alla RAGIONE_SOCIALE da parte della società ricorrente. L ‘adesione espressa dalla Corte di appello (punto 12) alla condivisibile giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, Ordinanza n. 6589 del 06/03/2023), che nega la natura automatica dell’ esistenza di un danno da illegittima segnalazione alla Centrale Rischi, è stata, in effetti, svolta sia per confutare la tesi secondo cui il danno sarebbe in re ipsa , sia per stigmatizzare la mancata prova del detto danno che, altrettanto inammissibilmente, la censura in esame cerca di dimostrare in questa sede di sola legittimità, in cui evidentemente questa Corte non può compiere alcun accertamento probatorio e
valutativo delle prove raccolte nella fase di merito. Da ultimo, va ricordato che: a) sebbene la nullità sia rilevabile d’ufficio dal giudice, occorre che la parte soddisfi gli oneri di allegazione e di prova necessari a far scattare detto potere officioso, che di contro non può essere esercitato ove, come nella specie, le predette circostanze difettino del tutto; b) può certamente essere fornita la prova presuntiva del danno (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 29252 del 13/11/2024), ma tale presunzione attiene alle conseguenze derivanti dalla dimostrata e sanzionata illegittimità della segnalazione alla Centrale Rischi, sicché tale dimostrazione non può certo essere ritenuta soddisfatta con la sola deduzione di aver subito un danno, in assenza di prova dell’ ingiustizia del comportamento contestato al presunto danneggiante, diversamente ricadendosi nella natura automatica della responsabilità, da escludersi per effetto della precitata giurisprudenza di questa Sezione, cui espressamente si aderisce.
Quinto motivo «V: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, n. 5) c.p.c., su un punto decisivo della controversia», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha valutato tardiva la domanda di nullità della commissione di massimo scoperto, omettendo di considerare che, rispetto alla originaria domanda di nullità totale del contratto di conto corrente bancario, la domanda di nullità parziale può essere dedotta per la prima volta in appello, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio dal giudice.
Il motivo è inammissibile, non solo e non tanto per il reiterato erroneo riferimento della sua rubrica, quanto perché -pur ammettendo che la questione della legittimità della commissione di massimo scoperto sia stata dedotta per la prima volta in
appello -la censura in esame pretenderebbe di giustificarne l’ammissibilità sulla base di un’ asserita, quanto apodittica, pretesa di qualificarne la natura come minus rispetto a un maius , rappresentato dalla domanda di nullità dell’intero rapporto, formulata in primo grado. Sennonché, anche per quanto detto in tema di non estensione della nullità a pattuizioni autonome regolate in conto corrente, è evidente che la domanda di nullità della commissione di massimo scoperto è del tutto diversa, sia per petitum che per causa petendi , da quella di nullità delle pattuizioni inerenti all’ affidamento sul conto, avendo riguardo a istituti del tutto distinti tra loro, giacché non vi è tra essi alcun rapporto di continenza, con le conseguenze in tema di formazione delle preclusioni processuali sulla modificazione della domanda nel corso della lite, che la Corte territoriale ha correttamente rilevato.
Le spese di lite della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del l.r.p.t., e COGNOME NOME, in proprio e nelle qualità dedotte, a rifondere a Banca di Credito Cooperativo di Pachino, RAGIONE_SOCIALE le spese della presente fase di legittimità, che
liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 maggio