Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5685 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5685 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4792/2023 RGAC proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, domiciliato in Roma INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n.1780/2022 depositata il 13.12.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21.12.2023 dal Presidente NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti del RAGIONE_SOCIALE per la somma di euro 44.820 relativa ai compensi spettanti, sulla base del contratto intercorso con il RAGIONE_SOCIALE, per la gestione nel periodo 24.8.2010 – 23.5.2012 degli impianti sportivi comunali. La Corte di appello di Bari ha revocato, con la sentenza indicata in epigrafe, il decreto ingiuntivo in ragione della accertata nullità del contratto da parte del TAR di Bari.
Propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE con quattro motivi deducendo: a) violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c. 2 c.p.c. per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio conseguente al rilievo a sorpresa di una questione non sottoposta al contraddittorio delle parti; b) violazione e falsa applicazione dell’art. 29 e dell’art. 133 lett. b del d.lgs. n. 104 del 2.7.2010 (codice del processo amministrativo) nonché difetto di giurisdizione del giudic e ordinario e violazione dell’art. 112 per ultrapetizione per avere la Corte di appello esteso erroneamente il contenuto del giudicato amministrativo sino a ricomprendervi la nullità del contratto e non esclusivamente l’annullamento degli atti risolutori emessi dal RAGIONE_SOCIALE; c) violazione dell’art. 345 c.p.c. per non avere la Corte di appello rilevato l’inammissibilità della nuova produzione documentale e cioè della sentenza del TAR; d) violazione dell’art. 1458 c.c. e dell’art. 21 quinquies della legge n. 2 41/1990 per non avere riconosciuto l’irretroattività della risoluzione per inadempimento nei contratti ad esecuzione continuata o periodica. In data 5.6.2023 il consigliere delegato ha proposto la definizione accelerata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. rilevando l’inammissibilità
di tutti i motivi del ricorso.
La causa a seguito di istanza di decisione della ricorrente è stata trattata e decisa all’udienza in camera di consiglio non partecipata del 21 dicembre 2021.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato quanto ai primi tre motivi mentre ignora la ratio decidendi della decisione impugnata per cassazione per quanto riguarda il quarto motivo.
Non vi è stata alcuna decisione a sorpresa da parte della Corte di appello essendo incontestato che il RAGIONE_SOCIALE nel suo atto di appello ha chiesto la dichiarazione di nullità sopravvenuta del contratto in conformità alla intervenuta decisione del TAR e di tanto è stata consapevole la odierna ricorrente come dimostra il contenuto della comparsa conclusionale in appello riportato nella memoria difensiva. Per altro verso non vi è stata alcuna estensione del contenuto della decisione del Tar da parte della Corte di appello perché il decisum non può essere disgiunto, ai fini del rilievo del giudicato, dal contenuto della motivazione nella quale sono evidenziati i presupposti logicamente e giuridicamente ineliminabili della statuizione finale, secondo l’insegnamento costante di questa Corte (Cass. Sez VI-L n. 3669 del 7.2.2019; sez. I n. 22465 del 24.9.2018, sez. III n. 28318 del 28.11.2017, sez. V n. 20981 del 16.10.2015). E nella motivazione del TAR è chiaramente esposta e motivata la ragione del rigetto della domanda dell’odierna ricorrente e cioè la nullità sopravvenuta del contratto per venir meno dell’originaria compagine di cui la ricorrente era capogruppo. A tale evento la legge regolatrice del rapporto (art. 37 d.lgs. n.163/2006) riconnette la nullità del contratto nel quadro della finalità di prevenzione e repressione delle infiltrazioni mafiose e criminali nei rapporti con le pubbliche amministrazioni.
Ugualmente manifestamente infondate alla luce di queste motivazioni sono le censure attinenti al difetto di giurisdizione, eccezione che si manifesta – oltre che inammissibile avendo la RAGIONE_SOCIALE adito in via monitoria il giudice ordinario (SU 22439/2028) inconferente rispetto al contenuto del giudicato esterno costituito dall’accertamento della nullità del contratto . Ugualmente
manifestamente infondate sono le censure relative alla tardività della deduzione della nullità da parte del RAGIONE_SOCIALE e della produzione in giudizio della sentenza del TAR nonché quella relativa alla pretesa ultrapetizione. Sul punto la proposta ha già richiamato la giurisprudenza che svincola il rilievo del giudicato dalle posizioni assunte dalle parti e dalla fase in cui si trova il processo. La pretesa della ricorrente di attribuire carattere di decisività alla determinazione dirigenziale del RAGIONE_SOCIALE di NOME di cui ha chiesto l’annullamento davanti al giudice amministrativo elude ancora una volta il contenuto della decisione fondata sul rilievo della nullità sopravvenuta del contratto accertata nel giudizio davanti al TAR e considerata decisiva dalla Corte di appello.
La ricorrente infine con il quarto motivo insiste nel riportare la vicenda contrattuale a una ipotesi di risoluzione per inadempimento che è stata esclusa esplicitamente nella sentenza del TAR e in quella della Corte di appello. Né può ritenersi che il sopraggiungere della nullità lasci indenni le prestazioni eseguite precedentemente rispetto all’evento causativo. Ciò sia in relazione ai principi generali in materia di nullità che con riferimento alla specifica fattispecie in esame che, secondo la ricostruzione del giudice del merito in conformità alla decisione del TAR, ha cronologicamente fissato il momento della variazione della compagine destinataria della concessione produttiva della nullità alla data del 22.9.2010 prima comunicazione di recesso.
Va dichiarata pertanto la inammissibilità del ricorso in piena conformità con la proposta di decisione anche relativamente alle sue motivazioni cosicché sussistono i presupposti per l’applicazione del terzo e quarto comma dell’articolo 96 c.p.c. senza che ricorrano ragioni per derogare a tale applicazione in conformità a quanto affermato dalle Sezioni Unite, nelle ordinanze nn. 28619, 27195 e 27433 del 2023, secondo cui nei casi di conformità tra proposta e decisione finale opera una valutazione legale tipica, posta dal
legislatore, sui presupposti per la condanna del ricorrente al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma c.p.c.) e al pagamento di una ulteriore somma non inferiore a 500 euro e non superiore a 5.000 euro (art. 96, comma 4, c.p.c.) in favore della cassa delle ammende perché – nel caso in cui il ricorrente abbia formulato istanza di decisione (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380 bis c.p.c.) e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta -le condanne devono essere pronunciate anche qualora nessuno dei soggetti intimati abbia svolto attività difensiva, avendo esse una funzione deterrente e, allo stesso tempo, sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese a favore del RAGIONE_SOCIALE controricorrente liquidate in euro 5.400 per compensi e in euro 200 per esborsi, oltre al 15% per rimborso spese generali e accessori di legge nonché al pagamento della somma di euro 5.400 ex art. 96 comma 3 c.p.c. Condanna altresì la parte ricorrente al pagamento in favore della Cassa Ammende di una somma pari a euro 2.500 ex art. 96, comma 4, c.p.c.;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima