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Nullità selettiva: l’onere della prova della banca

Un investitore ha ottenuto la restituzione di somme per operazioni finanziarie eseguite in assenza di un contratto-quadro scritto. La banca si è opposta invocando la mala fede del cliente (nullità selettiva), ma la sua difesa è stata respinta. La Corte di Cassazione ha confermato che, per contrastare la nullità selettiva, l’intermediario ha un preciso onere di allegazione: deve affermare specificamente che i guadagni complessivi del cliente hanno superato le perdite. La semplice produzione di documenti, senza una formale allegazione, non è sufficiente a fondare l’eccezione né a giustificare una CTU esplorativa.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Nullità Selettiva: Quando la Banca non può Contestare l’Uso Strategico del Cliente

La nullità selettiva è una strategia legale che consente a un investitore di invalidare solo le operazioni finanziarie in perdita, mantenendo quelle in attivo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questa pratica e stabilisce precisi oneri per la banca che intenda opporvisi. Vediamo come la Suprema Corte ha delineato il principio secondo cui non basta produrre documenti: serve un’allegazione specifica e puntuale.

I Fatti di Causa: Un Contratto Mai Scritto

Il caso nasce dalla domanda di un investitore contro un noto istituto di credito. L’investitore chiedeva al Tribunale di dichiarare la nullità di un contratto di intermediazione finanziaria e dei relativi ordini di acquisto di titoli per un vizio fondamentale: la mancanza della forma scritta richiesta per legge. Di conseguenza, chiedeva la restituzione di oltre 700.000 euro.

Il Tribunale accoglieva la domanda, condannando la banca alla restituzione della somma. L’istituto di credito proponeva appello, ma la Corte territoriale confermava la decisione di primo grado, sottolineando un punto cruciale: la banca non aveva contestato la nullità del contratto-quadro, rendendo tale punto definitivo e non più discutibile (giudicato interno).

La Difesa della Banca e l’Onere di Allegazione

Di fronte alla richiesta di nullità selettiva, la banca si era difesa sostenendo che l’investitore stesse agendo in mala fede, abusando del suo diritto per trarne un vantaggio ingiusto. Secondo la banca, per valutare la situazione, sarebbe stato necessario considerare l’intero rapporto e non solo le operazioni in perdita.

La Corte d’Appello, tuttavia, respingeva questa difesa per un motivo procedurale dirimente: la banca si era limitata a chiedere una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per calcolare l’andamento complessivo del rapporto, senza però prima allegare un fatto essenziale. Non aveva mai affermato esplicitamente che il rendimento economico totale conseguito dal cliente fosse stato superiore alle perdite subite. La richiesta di CTU, in assenza di questa premessa fattuale, è stata quindi giudicata meramente “esplorativa” e, come tale, inammissibile. Contro questa decisione, la banca ha proposto ricorso in Cassazione.

Le Motivazioni della Cassazione sulla nullità selettiva

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso della banca, consolidando importanti principi in materia di nullità selettiva e onere della prova. Il punto centrale delle motivazioni risiede nella distinzione tra la semplice produzione di documenti e l’onere di allegazione.

I giudici hanno chiarito che, per sollevare validamente un’eccezione basata sulla violazione del dovere di buona fede, non è sufficiente depositare la documentazione relativa a tutte le operazioni e chiedere a un consulente di “fare i conti”. La parte che solleva l’eccezione (in questo caso, la banca) ha il dovere di:

1. Allegare specificamente il fatto: Deve affermare in modo chiaro e puntuale che il risultato complessivo della gestione finanziaria per il cliente è stato positivo, cioè che i guadagni hanno superato le perdite.
2. Opporre l’effetto giuridico: Deve chiedere al giudice di trarre da quel fatto una conseguenza giuridica precisa, ovvero paralizzare in tutto o in parte la pretesa restitutoria dell’investitore.

In assenza di questa allegazione formale, la difesa è monca e non può essere sanata da una CTU, che serve a valutare tecnicamente fatti già portati nel processo, non a scoprirne di nuovi a vantaggio di una parte negligente. La Corte ha ribadito che l’eccezione di buona fede deve avere ad oggetto una specifica allegazione, come già stabilito dalle Sezioni Unite.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre una lezione fondamentale per gli operatori del diritto bancario e per gli investitori. Per una banca, difendersi da una richiesta di nullità selettiva richiede una strategia processuale rigorosa. Non basta sostenere genericamente la mala fede del cliente, ma è necessario adempiere pienamente all’onere di allegazione, formulando un’eccezione precisa e fondata su fatti specifici, prima ancora che provata. Per gli investitori, questa decisione conferma la tutela offerta dall’ordinamento in caso di vizi formali gravi come la mancanza di un contratto-quadro scritto, mettendo in chiaro che l’abuso del diritto non può essere presunto, ma deve essere allegato e provato dalla controparte secondo regole processuali ben definite.

Quando un investitore può chiedere la nullità solo di alcune operazioni di investimento (nullità selettiva)?
Secondo la sentenza, un investitore può legittimamente chiedere la declaratoria di nullità solo per alcune delle operazioni eseguite, specialmente quando manca un contratto-quadro valido per difetto di forma scritta. In questo scenario, le singole operazioni sono considerate autonome.

Come può una banca difendersi efficacemente dall’uso della nullità selettiva da parte del cliente?
La banca deve sollevare un’eccezione di buona fede, ma per farlo in modo efficace deve specificamente allegare, cioè affermare nei suoi atti difensivi, che il rendimento economico complessivo ottenuto dal cliente grazie a tutte le operazioni è stato superiore alle perdite derivanti dalle operazioni di cui si chiede la nullità. Non basta produrre documenti sperando che il dato emerga.

È sufficiente per la banca chiedere una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per dimostrare i guadagni del cliente?
No. La Corte ha stabilito che una CTU non può essere ‘esplorativa’, ovvero non può essere utilizzata per cercare fatti che la parte aveva l’onere di allegare. La richiesta di CTU è ammissibile solo dopo che la banca ha formalmente allegato che il cliente ha percepito utili superiori alle perdite, al fine di quantificare tali importi sulla base della documentazione già prodotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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