Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4281 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 4281  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso  30817/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappres.  p.t., rappresentata e di fesa dall’AVV_NOTAIO ,  per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
COGNOME  NOME  COGNOME,  rappres.  e  difesa dall’AVV_NOTAIO, per procura speciale in atti;
-controricorrente- avverso  la  sentenza  d ella  Corte  d’appello  di Roma,  n.  4247/2020, pubblicata in data 11.09.2020;
udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di  consiglio  del 23.01.2025 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con sentenza depositata l’8.4. 2013 il Tribunale di Roma, in accoglimento  della  domanda  proposta  da  NOME  COGNOME, dichiarava  la nullità,  per difetto di forma  scritta, del contratto d’intermediazione finanziaria e degli ordini d’acquisto di  alcuni  titoli, condannando la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE alla restituzione della somma di euro 704.731,93.
Con sentenza dell’11.9.2020, la Corte territoriale rigettava l’appello della banca, osservando che: in primo luogo, l’appellante non aveva censurato la parte della sentenza impugnata che aveva dichiarato la nullità contrattuale per mancanza della forma scritta; fermo il giudicato su tale punto, erano applicabili i principi affermati dalla Cassazione secondo i quali, venendo in rilievo la nullità del contratto-quadro, l’eccezione della banca fondata sulla violazione del dovere di buona fede avrebbe richiesto l’al legazione che il rendimento economico conseguito dal cliente attraverso le operazioni disposte in esecuzione del contratto-quadro fosse stato superiore alle perdite subite dal cliente per effetto delle operazioni oggetto dell’eccezione di nullità: la banca aveva, invece, omesso tali allegazioni, limitandosi a chiedere l’ammissione di una c.t.u., considerata esplorativa; era infondata la domanda riconvenzionale della banca, avente ad oggetto l’accertamento della nullità di tutte le operazioni dell’attor e, con conseguente condanna alla restituzione del controvalore degli utili percepiti e delle cedole corrisposte.
La RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza  della  Corte  d’appello con  cinque  motivi.  NOME COGNOME resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 2909 c.c., 324, 112, c.p.c., e contraddittorietà della motivazione per violazione dell’art. 132 c.p.c., per non aver la Corte d’appello considerato il giudicato interno formatosi sul capo della sentenza impugnata riguardante l’accertamento della nullità del contratto -quadro d’intermediazione e dei singoli ordini attuativi del primo, per mancata impugnazione, avendo dunque la stessa Corte ritenuto le singole operazioni d’acquisto come individuali ed autonome, e non come attuazione del suddetto contratto, con conseguente vizio d’ultrapetizione, dichiarando inapplicabile l’eccezione di buona fede a fronte delle nullità selettive contestate all’investitore.
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 23 d.lgs. n. 58/98 , per aver la Corte territoriale affermato che, in mancanza di un contratto d’investimento  sottoscritto  almeno  dal  cliente,  l’intermediario  non potrebbe sollevare eccezioni nel caso di contestazione selettiva delle nullità delle operazioni d ‘acquisto.
Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 23 d.lgs. n. 58/98 e 1375 c.c.,  per  aver  la  Corte  d’appello affermato  che  l’uso  selettivo  delle nullità possa essere censurato solo nel caso in cui sia dimostrato che il rendimento  economico  complessivo  sia  stato  superiore  alle  perdite subite dall’investitore, omettendo però di considerare la possibilità di un effetto paralizzante quanto meno parziale.
Il quarto motivo denunzia violazione degli artt. 115, 62 e 194, c.p.c., ex  art. 360,  n.4,  c.p.c., per  aver  la  Corte  territoriale  ritenuto inammissibile la richiesta di c.t.u., perché esplorativa, non avendo la banca  dimostrato  gli  utili  percepiti  dall’attore  sul  dossier  titoli,  pur avendo  quest’ultima  documentato  i  titoli  inseriti  e  non  avendo  la
disponibilità  dei  dati  in  questione,  per  aver  il  cliente  trasferito,  dal 1998, il dossier-titoli presso altra banca.
Il  quinto  motivo  deduce  mancanza  di  motivazione  o  motivazione contraddittoria, perplessa e incomprensibile, in violazione dell’art. 132 c.p.c. , per aver la Corte d’appello rigettato la domanda riconvenzionale richiamando la natura  relativa della nullità ex art. 23 Tuf, fatto che non  precludeva  all’intermediario  di  contestare  l’uso  selettivo  delle nullità.
Il primo e il secondo  motivo, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono inammissibili.
In materia di intermediazione finanziaria, allorché le singole operazioni di investimento abbiano avuto esecuzione in mancanza della stipulazione del contratto-quadro, previsto dall’art. 23 d.lgs. n. 58 del 1998, all’investitore che chiede la declaratoria di nullità solo per alcune di esse, non sono opponibili l’eccezione di dolo generale fondata sull’uso selettivo della nullità e, in ragione della protrazione nel tempo del rapporto, l’intervenuta sanatoria del negozio nullo per rinuncia a valersi della nullità o per convalida di esso, l’una e l’altra essendo prospettabili solo in relazione ad un contratto-quadro formalmente esistente (Cass., n. 10116/2018; n. 8395/16).
Nela specie, invero, le censure non colgono la ratio decidendi perché la Corte di merito ha preso atto esplicitamente del giudicato interno sulla nullità del contratto-quadro per difetto di forma, mentre sull’inesistenza ha solo richiamato un principio di diritto, ma non ha poi fondato su questo lo scrutinio dell’eccezio ne di uso selettivo di nullità, disattesa per la diversa ratio della mancanza di allegazione che il rendimento economico conseguito dal cliente attraverso le operazioni disposte in esecuzione del contratto-quadro fosse stato superiore alle
perdite subite dal cliente per effetto delle operazioni oggetto dell’eccezione di nullità .
Il terzo motivo è del pari inammissibile. Nel caso in cui l’intermediario opponga l’eccezione di buona fede per evitare un uso oggettivamente distorsivo delle regole di legittimazione in tema di nullità protettive, al solo fine di paralizzare, in tutto o in parte, gli effetti restitutori conseguenti all’esperimento selettivo dell’azione di nullità da parte del cliente investitore, nei limiti della complessiva utilitas economica ritratta da quest’ultimo grazie all’esecuzione del contratto quadro affetto dalla nullità dal medesimo fatta valere, le cedole medio tempore riscosse dall’investitore non vengono in considerazione né come oggetto dell’indebito, né quali frutti civili ex art.820 e 2033 c.c., ma rilevano solo come limite quantitativo all’efficace esperimento della domanda di indebito esperita dall’investitore (Cass., n. 10505/2020).
Nella specie, l’eccezione è stata disattesa per difetto di allegazione . Al riguardo, la doglianza non coglie la ratio decidendi – che non era quella di  porre  un  limite  quantitativo  alla  possibilità  di  eccepire  la  nullità selettiva- in quanto la Corte territoriale ha solo affermato che la banca non aveva allegato alcun elemento idoneo a comprovare gli elementi costitutivi della medesima eccezione.
Il quarto motivo è infondato.
Come affermato dalla Sezioni Unite (n. 28314/2019), l’eccezione di buona fede deve avere ad oggetto una specifica allegazione. Per proporre l’eccezione (anche in senso lato come quella in esame), non è sufficiente dedurre il fatto mediante la produzione documentale, ma deve essere opposto l’effetto giuridico ch e si intende collegare al fatto. Più in specifico , a proposito di applicazione dell’art. 112 cpc non solo alla domanda ma anche all’eccezione, « quando il fatto è allegato non quale mero fatto storico, ma in funzione degli effetti che è idoneo a
produrre in relazione alle conseguenze giuridiche veicolate dal fatto costitutivo della domanda, si ha allora l’eccezione di merito, che consiste così nella richiesta al giudice di pronunciare in ordine all’effetto giuridico che il convenuto fa valere mediante l’allegazione del fatto. Il secondo comma dell’art. 2697 cod. civ. esordisce con l’inciso chi eccepisce e, come sottolineato in un passaggio motivazionale di Cass. Sez. U. 12 maggio 2017 n. 11799, la rilevanza del fatto integratore dell’eccezione di merito nel processo suppone, accanto alla sua introduzione, un’attività di c.d. rilevazione della sua efficacia giuridica sulla fattispecie dedotta in giudizio con la domanda” (Cass. n. 459/2021, in motivazione).
Nel caso concreto, infatti, la Corte d’appello ha rilevato che l’eccezione della banca fondata sulla violazione del dovere di buona fede avrebbe richiesto l’allegazione, da parte della  banca, che il  rendimento economico conseguito dal cliente attraverso le operazioni disposte in esecuzione  del  contratto-quadro  fosse  stato  superiore  alle  perdite subite dal cliente per effetto delle operazioni oggetto dell’eccezione di nullità.
La  doglianza  afferente  al  fatto  che  la  documentazione  prodotta,  in quanto  idonea  dimostrare  i  fatti  costitutivi  del  diritto  fatto  valere, avrebbe  legittimato  l’ammissione  della  c.t.u.  contabile –  diretta  a quantificare le utilità economiche percepiti da tutti gli investimenti della parte- è poi da ritenere inammissibile, in quanto tendente a ribaltare l’interpretazione fattuale della Corte d’appello.
Il  quinto  motivo,  infine,  è  inammissibile.  In  primo  luogo,  perché l’apparenza  di  motivazione  è  denunciata  non  sulla  base  dell’interno tenore  della  sentenza,  ma  mediante  il  raffronto  con  le  risultanze processuali (in particolare, il contenuto dell’atto di appello) . In secondo luogo,  la  censura  è  inammissibile  per  difetto  di  specificità,  sotto  il
profilo di quale sarebbe il fatto costitutivo della domanda riconvenzionale,  una  volta  che  la  corte  territoriale  abbia  ritenuto  il difetto  di  allegazione  alla  base  dell’eccezione  sull’uso  selettivo  della nullità.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 10.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio in data 23 gennaio 2025.