Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2747 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2747 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14185/2021 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta delega in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME, domicilio digitale: EMAIL
-controricorrente –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Bologna n. 2942/2020, pubblicata in data 10 novembre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME:
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, sulla base di tre motivi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, per la cassazione della sentenza n. 2942/2020 pronunciata dalla Corte d’appello di Bologna, che ha respinto il gravame dallo stesso presentato avverso la sentenza n. 968/2016 del Tribunale di Rimini.
Espone, in punto di fatto, il ricorrente di avere proposto opposizione al decreto ingiuntivo, richiesto ed ottenuto da Mondadori RAGIONE_SOCIALE s.p.a., con cui si chiedeva il pagamento dell’importo di euro 41.848,42, oltre interessi – relativo ad un credito per merci vendute fornitegli in conto deposito nell’ambito di un contratto di affiliazione per l’apertura di una ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ in Ragusa Ipercoop Ibleo – e di avere contestato la valenza probatoria della documentazione posta a fondamento del ricorso monitorio.
Il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo opposto, condannando l’opponente al pagamento del minor importo di euro 24.786,10 ; negava valore probatorio ai documenti prodotti in sede monitoria, fondandosi sulle prove offerte nel giudizio di cognizione piena (piano di rientro e titoli cambiari di importo corrispondente emessi dallo stesso opponente), avendo la c.t.u. espletata confermato la autenticità della sottoscrizione apposta dall’opponente.
Presentato il gravame, l a Corte d’appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado, disattendendo l’eccepita violazione del
principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato sollevata dall’opponente, ed osservando che il giudice di primo grado aveva posto alla base della decisione di condanna il medesimo titolo fatto valere con il ricorso monitorio; rigettava anche gli ulteriori motivi di gravame, con cui erano stati addotti profili di nullità della c.t.u., rilevando la tardività delle eccezioni soggette al regime di cui agli artt. 156 e 157 cod. proc. civ.
RAGIONE_SOCIALE resiste mediante controricorso.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ., in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Secondo la prospettazione difensiva del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe dovuto riformare la sentenza di primo grado che si fondava su una domanda nuova rispetto a quella originaria proposta in sede monitoria, non avendo rilevato che il ricorso monitorio si basava esclusivamente sul contratto commerciale di franchising , che, seppure idoneo a provare l’esistenza del rapporto commerciale, non era sufficiente a dimostrare il credito azionato, e non sugli effetti cambiari e sul piano di rientro, che erano stati prodotti nel corso del giudizio di opposizione.
La censura è infondata.
RAGIONE_SOCIALE come riconosciuto da entrambe le parti, ha agito in sede monitoria al fine di ottenere il pagamento della somma di euro 41.848,42 nei confronti dell’affiliato, adducendo il mancato pagamento del costo del venduto relativo a merci fornitegli, in forza
di contratto di franchising intercorso tra le parti.
In sede di giudizio di opposizione, al fine di smentire le contestazioni mosse dall’affiliato, che negava l’esistenza del credito adducendo la inidoneità della documentazione prodotta a suffragarlo, la società opposta ha versato agli atti copia di un piano di rientro, sottoscritto dal COGNOME , che si riconosceva debitore dell’importo di euro 28.286,24, unitamente a sette effetti cambiari emessi dallo stesso affiliato a copertura delle rate del piano di rientro.
La produzione della documentazione non ha mutato il thema decidendum , né modificato i termini della originaria domanda, in quanto essa trova pur sempre fondamento nel contratto di franchising , posto che il Tribunale prima e successivamente il giudice d’appello, in esito all’esame delle prove documentali offerte nella fase di cognizione piena -effetti cambiari e piano di rientro -nonché della prova testimoniale raccolta, hanno ritenuto raggiunta la prova dell’esistenza del rapporto c ontrattuale e condannato l’odierno ricorrente ‘in virtù di contratto di affiliazione’ .
Tanto si evince da quanto evidenziato al paragrafo 4.1. della motivazione della sentenza gravata, lad dove la Corte d’appello richiama quanto evidenziato a pag. 4 dalla pronuncia del Tribunale; e ciò è sufficiente per escludere la configurabilità del vizio di ultrapetizione, dovendosi ribadire come il tema relativo alla limitazione del potere del giudice di pronunciare entro i confini delle domande proposte dalle parti riguardi, propriamente, l’individuazione dei soli elementi essenziali della domanda, segnatamente integrati dalla c.d. causa petendi (ossia dai fatti posti a fondamento della pretesa spiegata in giudizio) e dal petitum , ossia dal bene della vita concretamente perseguito (c.d. petitum indiretto) o, alternativamente, dalla pronuncia giudiziale strumentale al conseguimento di detto bene (c.d. petitum diretto), restando del tutto
estranea all’ambito oggettivo della domanda la questione concernente la valutazione dei mezzi di prova che le parti abbiano allegato a sostegno delle proprie ragioni, trattandosi, con riguardo a tale valutazione, di un potere che al giudice rimane costantemente conservato ogni qualvolta, sui fatti in relazione ai quali si riferiscono detti mezzi di prova, persista la contestazione tra le parti (tra le tante, Cass., sez. 3, 17/05/2022, n. 15734).
Va, infatti, ribadito che il vizio di ‘ ultra ‘ o ‘ extra ‘ petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione ( petitum o causa petendi ), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto, oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso, così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori ( ex multis , Cass., sez. 2, 21/03/2019, n. 8048; Cass., sez. 3, 06/04/2021, n. 9255); ma tali condizioni non ricorrono nel caso di specie. In questo, in ultima analisi, emerge che il Tribunale, dopo aver negato l’effetto probatorio dei documenti prodotti in sede monitoria, ha ‘spostato’ la sua considerazione su fonti probatorie offerte nella fase di cognizione piena ( ut supra visto, piano di rientro, cambiali per il suo importo, testimonianza) per condannare il COGNOME al pagamento del credito ‘in virtù di contratto di affiliazione’, come correttamente evidenziato dal giudice d’appello a pagina 4 della sentenza qui impugnata e già richiamata: e tutto questo porta al rigetto della censura.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘ Mancanza assoluta di motivazione sulla violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c. , e del correlato diritto di difesa art. 24, comma 2, Cost. e principio di uguaglianza art. 3 Cost., in relazione alla violazione e/o falsa applicazione del disposto dell’art. 195, comma 3, c.p.c., nonché in relazione agli artt. 445 bis e 696 bis c.p.c., ed agli artt. 156 e 157 c.p.c. -Nullità della relazione della C.T.U. per omessa
trasmissione della relazione alla parte opponente’.
Lamenta il ricorrente, nello specifi co, che il giudice d’appello avrebbe omesso di motivare in punto di violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, che sarebbe conseguente alla mancata trasmissione della bozza della c.t.u. al consulente di parte opponente, nonostante la espressa richiesta di invio in tal senso formulata dal difensore.
Con il terzo motivo si prospetta: ‘ Violazione del diritto del principio contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c., e del correlato diritto di difesa art. 24, comma 2, Cost. e principio di uguaglianza art. 3 cost., in relazione alla violazione del disposto dell’art. 183, 6° comma, c.p.c. -Violazione dei principi di lealtà e buona fede in danno di una parte assente -Nullità della relazione della C.T.U. per illegittima tardiva acquisizione dell’originale di un documento, con sottoscrizioni assunte come autografe comparative, abusivamente e discrezionalmente senza l’assenso di tutte le parti, in quant o depositato in atti tardivamente, oltre i termini perentori di cui all’art. 183, sesto comma, n. 2, c.p.c.’ .
Il ricorrente addebita alla Corte d’appello di non avere rilevato la nullità della c.t.u. per illegittima tardiva acquisizione dell’originale del contratto di franchising , sebbene la produzione documentale fosse avvenuta dopo lo spirare dei termini perentori di cui all’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ.
Il secondo ed il terzo motivo, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto riguardanti violazioni di rito asseritamente non considerate dal giudice d’appello, sono infondati.
4.1. L ‘omesso invio alle parti della bozza di relazione del consulente tecnico d’ufficio genera nullità di tipo relativo, sanabile se il vizio non viene eccepito nella prima difesa utile successiva al deposito della relazione (Cass., sez. L, 09/10/2017, n. 23493; Cass.
sez. 6 – L, 11/09/2018 n. 21984; Cass., sez. 3, 08/06/2023, n. 16196).
4.2. Anche il secondo profilo di nullità fatto valere con il terzo motivo è soggetto al termine di decadenza di cui all’art. 157 cod. proc. civ., alla luce del recente arresto delle Sezioni Unite civili che, con la sentenza n. 3086 del 1° febbraio 2022, hanno risolto il contrasto di giurisprudenza sulla natura giuridica della nullità della consulenza tecnica di ufficio e sul conseguente rilievo officioso o su istanza di parte della stessa , affermando, tra l’altro, che l’acquisizione, ad opera del consulente, di documenti diretti a provare i fatti principali addotti a fondamento della domanda o delle eccezioni che è onere delle parti soltanto provare è sanzionato da nullità relativa, rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso.
Va pure rammentato che, ai sensi dell’art. 157, secondo comma, cod. proc. civ., la nullità relativa, in mancanza della tempestiva deduzione (nella prima istanza o difesa utile successive al verificarsi), resta sanata e non può più essere eccepita dalla parte che, non opponendosi nella prima difesa successiva all’atto, ha implicitamente rinunciato a farla valere, senza che in difetto di tale iniziativa della parte essa possa esser rilevata d’ufficio dal giudice (tra le molte, Cass., sez. L, 12/11/2008, n. 27026; Cass., sez. 3, 08/08/2017, n. 19714; Cass., sez. 2, 02/09/2019, n. 21957).
La sentenza impugnata, nel disattendere le censure perché tardive, non si è dunque discostata dai superiori principi; e il ricorrente non ha sostenuto in questa sede, nel rispetto delle regole di specificità e di localizzazione processuale di cui all’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, cod. proc. civ., di aver eccepito in modo puntuale e tempestivo, ai sensi dell’art. 157, secondo comma, c od. proc. civ., la nullità della c.t.u. e di aver ribadito l’eccezione in sede di
precisazione delle conclusioni di primo grado.
D’altronde, l’assenza di siffatta eccezione da parte del ricorrente è circostanza che si mostra coerente con la stessa ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale, oltre ad avere rilevato che il contratto di franchising in copia era già stato prodotto in fase monitoria e non era stato mai contestato, si è chiaramente e correttamente espressa nel senso che ‹‹la difesa dell’appellante non formulò alcun rilievo né formale né sostanziale alla relazione dopo il suo deposito, né all’udienza all’uopo fissata (ma solo una generica ‘riserva’ di contestare) e nemmeno in quella successiva per la discussione ex art. 281/6 c.p.c. (cui non era presente); ha rilevato il vulnus al suo diritto di difesa solo in questo grado ›› .
All’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre agli esborsi, pari ad euro 200,00, ed agli oneri accessori.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione