Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16446 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16446 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30125/2020 R.G. proposto da:
BANCA MONTE PASCHI SIAENA SPA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
Ud.21/05/2024 CC
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 904/2018 depositata il 23/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Con ordinanza in data 23-92020 la corte d’appello di Firenze ha dichiarato estinto il giudizio d ‘ appello instaurato dalla Banca Monte dei Paschi di Siena contro NOME COGNOME, per la riforma della sentenza del tribunale di Siena che aveva accolto le domande di quest ‘ultimo tese alla rideterminazione del saldo di due rapporti di conto corrente.
La corte d’appello ha rilevato che l’atto contenente il gravame era stato notificato al COGNOME l’ 11-4-2018 e che egli era tuttavia deceduto in data 14-5-2019 prima ancora di essersi costituito.
Ne ha tratto che si era verificata l’interruzione automatica del processo a far data dall’evento morte , poiché con la morte della parte appellata non ancora costituita l’effetto interruttivo si verifica anche in mancanza di una formale dichiarazione del giudice; sicché sarebbe spettato alle parti proseguire o riassumere il processo nel termine perentorio di tre mesi dalla conoscenza legale di tale fatto.
Ad avviso della corte d’appello la banca appellante aveva avuto conoscenza legale dell’evento interruttivo in data 22 -10-2019, in ragione della comunicazione PEC spedita dal difensore dell’app ellato.
In definitiva ha dichiarato estinto il giudizio.
La banca ha proposto ricorso per cassazione in sette motivi, illustrati da memoria.
La signora NOME COGNOME, unica erede di NOME COGNOME, ha replicato con controricorso.
Ragioni della decisione
-Il primo motivo denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 cost., 132, 299, 300 e 305 cod. proc. civ., 48 del d.lgs. n. 82 del 2005.
Il secondo motivo denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 111 cost., 12 preleggi, 299 e 305 cod. proc. civ.
Il terzo assume la violazione degli artt. 1 e 3-bis della l. n. 53 del 1994, 137, 170, 149, 83 e 84 cod. proc. civ.
Il quarto deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 77 cod. proc. civ. e 1722 cod. civ.
Il quinto assume la violazione o falsa applicazione dell’art. 88 cod. proc. civ.
Il sesto denunzia la violazione degli artt. 102 e 331 cod. proc. civ.
Il settimo infine ancora deduce la violazione degli artt. 111 cost. e 24 cod. proc. civ.
II. – In estrema sintesi può osservarsi che:
(a) il primo e il terzo motivo censurano la decisione impugnata nella prospettiva della asserita conoscenza legale dell’evento interruttivo da parte della banca, stante invece l’ inidoneità della sua comunicazione;
(b) il secondo censura la decisione perché la banca, niente potendo sapere in merito alla eventuale costituzione volontaria degli eredi del COGNOME all’udienza del 22 settembre 2020, aveva in ogni caso tempestivamente depositato il ricorso per la prosecuzione del giudizio in data 17 settembre 2020, dando così impulso alla ripresa dell’attività processuale in adesione all’art. 299 cod. proc. civ.;
(c) il quarto censura la decisione per aver ritenuto validi ed efficaci gli atti depositati dal difensore della controparte già deceduta, nonostante il venir meno dei relativi poteri;
(d) il quinto critica il fatto di non avere la corte d’appello dato peso alla ripetuta condotta del difensore della parte deceduta, che si è deliberatamente posto l’obiettivo di ostacolare un corretto svolgimento
del processo a fronte della tutela agli interessi sostanziali dedotti in giudizio;
(e) il sesto attiene alla mancata integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi del COGNOME, litisconsorti necessari in ragione della inscindibilità del rapporto processuale;
(f) il settimo lamenta che non si sia dato sfogo alle note in replica depositate dalla banca, laddove era stato chiesto che la causa fosse discussa oralmente dinanzi al collegio.
-A fronte dell’oggetto delle censure , va chiarito quanto segue.
– Il provvedimento d ella corte d’appello di Firenze , che pur ha chiuso in rito il processo dichiarando l’estinzione del giudizio, è stato emesso in forma di ordinanza.
Il provvedimento, emesso in forma di ordinanza, con il quale il giudice collegiale di appello dichiari l’estinzione del processo, ha natura sostanziale di sentenza e, non essendo soggetto a reclamo, è impugnabile col ricorso per cassazione.
Tuttavia, perché di quel provvedimento si possa predicare la validità, è necessario che esso presenti i requisiti di contenuto e forma prescritti dall’art. 132 cod. proc. civ., e, tra questi, la sottoscrizione del presidente e del giudice relatore.
Nel caso concreto l’ordinanza non possiede i requisiti dell’art. 132, perché è firmata dal solo presidente e non anche dal consigliere relatore.
-Ciò stante, nella giurisprudenza di questa Corte sono state espresse, nel tempo, due tesi.
Secondo l’ orientamento prevalente, in tali casi si determina la conseguenza che l’ordinanza di estinzione, recando la sola firma del presidente senza che questi risulti anche il relatore, è da considerare come sentenza affetta da inesistenza giuridica (meglio, da nullità insanabile); vizio rilevabile in sede di giudizio di legittimità anche d’ufficio (Cass. Sez. L n. 11531-92, Cass. Sez. 1 n. 2582-98, Cass. Sez. 1 n. 11038-99, Cass. Sez. 3 n. 19124-04).
Sicché va cassata con rinvio restitutorio alla corte d’appello .
Secondo un altro orientamento, minoritario e maturato sul versante del processo esecutivo, in situazioni del genere si avrebbe invece questo: che la parte che ha interesse a contrastare tale declaratoria di estinzione è tenuta a impugnare il provvedimento con ricorso per cassazione sempreché detta ordinanza, essendo stata sottoscritta dal presidente che ne sia anche l’estensore, presenti i requisiti di forma per valere come sentenza; mentre l’ordinanza che rechi la sola sottoscrizione del presidente che non sia relatore della causa ed estensore del provvedimento sarebbe priva dei menzionati requisiti formali per valere come sentenza; sarebbe da considerare alla stregua di una sentenza giuridicamente inesistente nello specifico senso che la parte non avrebbe neppure interesse al ricorso, potendo sempre proporre opposizione all’esecuzione al fine di dedurre che non si è formato il giudicato sulla sentenza fatta valere come titolo esecutivo (Cass. Sez. 3 n. 5163-91).
VI. – Questa seconda tesi non può esser condivisa.
Non può esserlo in quanto per stabilire se un provvedimento abbia carattere di sentenza o di ordinanza occorre aver riguardo non già alla forma esteriore o alla denominazione data al provvedimento dal giudice che l’ha pronunciato, bensì al contenuto sostanziale del medesimo, e cioè all’effetto giuridico che è destinato a produrre.
Vale cioè la considerazione dell’effetto, non della forma, perché è ovvio che la forma non è quella della sentenza.
Si è dinanzi a una sentenza in senso sostanziale quando il giudice pronuncia, in via definitiva o non definitiva, sul merito della controversia o sui presupposti processuali.
VII. – Ora se l’ordinanza, per il fatto di recare solo la firma del presidente (art. 134 cod. proc. civ.) che non sia anche relatore della causa ed estensore del provvedimento (art. 132 cod. proc. civ.), si riveli mancante della sottoscrizione dei giudici necessaria in termini di validità, essa va comunque considerata sentenza (in ragione della statuizione effettuale di pronuncia sul merito della controversia o, come
nella specie, sui presupposti processuali), ma semplicemente è una sentenza (sostanziale) insanabilmente invalida, in conseguenza del deficit delle sottoscrizioni.
È insanabilmente invalida (o come si dice ‘ giuridicamente ‘ inesistente ), ai sensi dell’ art. 161, secondo comma, cod. proc. civ.
VIII. – Ne deriva che , dinanzi alla minaccia dell’azione esecutiva, certamente la parte potrà proporre opposizione all’esecuzione per sostenere che non s’è avverata la causa di estinzione e che perciò non s’è formato il giudicato sulla sentenza di primo grado che sia stata fatta valere come titolo esecutivo; m a ciò non elide affatto l’interesse (come pure ovviamente la legittimazione) a impugnare direttamente il provvedimento di estinzione del giudizio d’appello in ragione della sua erroneità.
Se l’ordinanza è da considerare sul piano effettuale come una sentenza, essa è certamente anche impugnabile con ricorso per cassazione col fine di rimuoverla definitivamente.
L ‘interesse a tal riguardo sussiste, perché l’estinzione ha comportato che la parte appellante non abbia potuto ottenere quel che chiedeva secondo la sua legittimazione, e cioè la riforma della sentenza di primo grado a sé sfavorevole.
Non può dirsi, quindi, che manchi in questi casi l’interesse a rimuoverla sol perché la stessa è inefficace ai fini della formazione del giudicato sul titolo esecutivo anteriore.
Semmai può essere ravvisato un interesse concorrente in rapporto al provvedimento di primo grado, atteso che la parte può proporre anche l’ opposizione all’esecuzione ove la controparte abbia ad azionare esecutivamente il titolo anteriore coperto da un inesistente giudicato.
IX. – L ‘esito è che l’ordinanza della corte fiorentina, da considerare come sentenza in senso sostanziale, va cassata previa rilevazione d’ufficio della sua insanabile nullità ai sensi dell’ art. 161, secondo comma, cod. proc. civ.
Ogni distinta questione è assorbita.
X. -La corte d’appello di Firenze in diversa composizione, designata a seguito del rinvio restitutorio, provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
p.q.m.
La Corte, decidendo sul ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla corte d’appello di Firenze anche per le spese del giudizio di cassazione.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione