Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3634 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3634 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24188-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avvocati COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI CAMPOBASSO;
– intimata – avverso la SENTENZA N. 354/2023 DELLA CORTE D ‘ APPELLO DI CAMPOBASSO, depositata il 21/11/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/1/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.1. La corte d ‘ appello, con la pronuncia in epigrafe, ha rigettato il reclamo che l ‘ RAGIONE_SOCIALE aveva proposto avverso la sentenza con la quale il tribunale di Campobasso, in data 14/7/2023, aveva dichiarato, su richiesta presentata dal pubblico ministero il 26/6/2019, il suo fallimento.
1.2. L ‘ RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 7/12/2023, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza.
1.3. Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, nel quale ha, tra l’altro, segnalato, ai fini dell’eventuale adozione del provvedimento di cui all’art. 274 c.p.c., la pendenza innanzi alla Corte di cassazione di altro giudizio avente ad oggetto la sentenza emessa dalla corte d’appello di Campobasso che, in data 31/10/2023, ha parimenti deciso, rigettandolo, il reclamo proposto da NOME COGNOME quale socio della società fallita, avverso la sentenza del tribunale di Campobasso che ha dichiarato il fallimento di RAGIONE_SOCIALE
1.4. La procura della Repubblica presso il tribunale di Campobasso è rimasta intimata.
1.5. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La diversità delle sentenze impugnate esclude la necessità della riunione tra il presente giudizio e quello segnalato dal Fallimento controricorrente (arg. ex art. 335 c.p.c.).
3.1. Con il primo motivo, la società ricorrente, lamentando la nullità della sentenza per violazione dell ‘ art. 15 l.fall. nonché degli artt. 3, 24, 111 e 117 Cost., dell ‘ art. 19, comma 7, c.c.i. e degli artt. 6 CEDU e 101 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto la validità e la correttezza della sentenza reclamata, senza, tuttavia, considerare che la sentenza di fallimento era stata pronunciata
dal tribunale sulla base di ‘ documentazione decisiva ‘ che la società reclamante non conosceva e che risulta acquisita, come emerge dal verbale dell ‘ udienza del 21/6/2023, solo dopo il passaggio in decisione della richiesta di fallimento, e cioè in violazione dei termini inderogabilmente previsti dall ‘ art. 15 l.fall. a garanzia del diritto di difesa e del contraddittorio.
3.2. Il motivo è inammissibile. Non risulta, infatti, che la ricorrente abbia dedotto, in reclamo, la nullità della sentenza di fallimento in ragione del vizio in questa sede denunciato. Ed è, invece, noto che i vizi di nullità degli atti processuali, tanto se investano direttamente la sentenza come tale, quanto se la investano (a norma degli artt. 156 ss. c.p.c.) soltanto quale effetto della nullità (rimasta) insanata degli atti antecedenti (in applicazione dell ‘ art. 159 c.p.c.), si convertono (anche se si tratta di vizi rilevabili d ‘ ufficio per tutto il corso del grado: arg. ex art. 158 c.p.c.), a norma dell ‘ art. 161, comma 1°, c.p.c., in motivi di gravame della pronuncia che ha definito il giudizio e devono essere, come tali, fatti valere nei limiti e secondo le regole proprie dei relativi mezzi d ‘ impugnazione, sicché, quando si tratti di sentenza (come quella di fallimento) suscettibile di reclamo alla corte d ‘ appello, tali vizi devono essere censurati con l ‘ atto di reclamo, non essendo deducibili nel corso del giudizio né, in difetto, con il ricorso per cassazione avverso la pronuncia resa dalla corte d ‘ appello a norma dell ‘ art. 18 l.fall., con la conseguenza che la mancata denuncia di detta nullità (anche se fosse, in ipotesi, insanabile) in sede di reclamo comporta l ‘ impossibilità di rilevarla successivamente e, in definitiva, la sua sanatoria.
3.3. Con il secondo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 3, 24, 111 Cost., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato
la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che il tribunale si era correttamente riservato di decidere sulla richiesta di fallimento senza concedere il rinvio richiesto dalla resistente, senza, tuttavia, considerare che, così facendo, il tribunale aveva impedito l ‘ impugnazione del provvedimento di revoca delle misure protettive previste dagli artt. 18 e 19 del d.lgs. n. 14/2019.
3.4. Il difensore costituito nella procedura di composizione, infatti, ha osservato la ricorrente, ha ricevuto solo in data 20/6/2023 la comunicazione del provvedimento di revoca delle misure protettive, adottato dal tribunale in data 19/6/2023, mentre il 21/6/2023, e cioè il giorno dopo, nelle more del termine dell ‘ impugnazione del provvedimento di revoca, si è celebrata l ‘ udienza per la dichiarazione di fallimento, nella quale i difensori della società resistente, ignari del provvedimento di revoca, hanno chiesto ‘ la concessione di un rinvio al fine di consentire la conclusione della procedura di composizione negoziata attualmente in essere ‘ , tant ‘ è che, come emerge dal verbale dell ‘ udienza, lo stesso pubblico ministero, non essendo a conoscenza del fatto dell ‘ avvenuta revoca delle misure protettive, aveva parimenti chiesto il rinvio dell ‘ udienza ai fini dell ‘acquisizione ‘ del procedimento relativo alla conferma ovvero concessione delle misure protettive ‘.
3.5. Il tribunale, invece, pur a fronte della pendenza delle procedure di risanamento in corso, non ha concesso alla società resistente il richiesto rinvio e, trattenendo in decisione la causa il giorno dopo la comunicazione del provvedimento di revoca delle misure protettive, ha impedito la proposizione della impugnazione nei confronti dello stesso.
3.6. Il motivo, a differenza del primo, è ammissibile. La reclamante, infatti, come emerge dalla stessa sentenza
impugnata (p. 4), aveva espressamente invocato la nullità della sentenza di fallimento sul rilievo che ‘ la società e i suoi legali, nel corso della procedura prefallimentare, non erano a conoscenza dell ‘ avvenuta revoca delle misure protettive disposte nell ‘ ambito della procedura di composizione negoziata della crisi d ‘ impresa, tanto che all ‘ udienza del 21.6.2023 avevano chiesto un rinvio allo scopo di consentire la conclusione della suddetta procedura di composizione negoziata ‘ e che il tribunale, avendo de ciso ‘ di riservare la decisione, in tal modo non concedendo il rinvio richiesto’ , aveva determinato ‘l’ effetto di impedire l ‘ impugnazione del provvedimento di revoca delle misure protettive’ .
3.7. Il motivo, in entrambe le censure in cui è articolato, è, tuttavia, infondato.
3.8. La prima censura (e cioè la mancata conoscenza del provvedimento di revoca delle misure protettive), infatti, non si dà carico di confutare l ‘ argomento con il quale la corte d ‘ appello ne aveva dichiarato l ‘infondatezza, e cioè che ‘ il provvedimento con cui il Tribunale di Campobasso ha revocato le misura protettive ex artt. 18 e 19 D. lgs. n. 14/2019 è stato adottato il 19.6.2023 ed è stato comunicato dalla cancelleria il 20.6.2023 alle ore 9:29, mediante messaggio pec … all ‘ Avv. NOME Liberanome, che difendeva la Alma Sud nel procedimento di composizione negoziata della crisi ‘ e che, dunque, era ‘ smentita dalla stessa documentazione prodotta dal reclamante la prospettazione secondo cui la società e i suoi legali non erano a conoscenza, al momento della trattazione del procedimento prefallimentare, in data 21.6.2023, della intervenuta revoca delle misure protettive ‘.
3.9. La seconda censura (e cioè che la riserva in decisione della richiesta di fallimento in pendenza dei termine
per proporre reclamo avverso la revoca delle misure protettive ne aveva, appunto, impedito la proposizione), invece, non illustra in alcun modo le ragioni in fatto e in diritto per le quali il provvedimento di revoca delle misure protettive avrebbe potuto essere utilmente impugnato dalla società istante ed è, quindi, inammissibile per difetto d ‘ interesse: l ‘ invocata nullità della sentenza (di fallimento) si converte, infatti, (come in precedenza detto) in motivi d ‘ impugnazione della stessa, per cui il ricorrente (per la cassazione della sentenza che ha rigettato il relativo motivo di reclamo) deve, a pena d ‘ inammissibilità, indicare specificamente quale sia stato il pregiudizio arrecato alle proprie attività difensive dall ‘ invocato vizio processuale.
3.10. La nullità di un atto processuale (come, in ipotesi, la rimessione in decisione della richiesta di fallimento) non può, invero, essere dichiarata (tanto più al fine di determinare, in ragione della sua asserita insanabilità, la cassazione o la riforma della sentenza impugnata in seguito pronunciata), ove l ‘ impugnante non abbia fornito la dimostrazione che il vizio invocato (quale, a suo dire, l ‘ impedimento conseguentemente determinato alla proposizione del reclamo avverso la revoca delle misure protettive) si sia risolto nell ‘ impedimento all ‘ utile esercizio di un determinato potere (come il reclamo avverso la revoca delle misure protettive), con la conseguenza che, in difetto (come nel caso in esame) di tale prova (e della sua stessa deduzione), l ‘ atto processuale, ancorché (in ipotesi) viziato dalla nullità, ha, in concreto, raggiunto lo scopo a cui era destinato, nel senso, più precisamente, che la mancata indicazione delle attività difensive che la parte avrebbe potuto compiere, attesta ex post che la denunciata violazione non ha arrecato alcuna lesione al diritto alla difesa della parte che l’invoca (come, in effetti, richiede l’art. 101, comma 2°, c.p.c., nel testo successivo
alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 149/2022) e, dunque, che non c ‘ era alcuno scopo da raggiungere.
3.11. La violazione al principio del contraddittorio, del resto, determina la nullità della sentenza (compresa quella di fallimento) esclusivamente nel caso in cui il giudice abbia impedito alle parti l’ esercizio di una delle facoltà che la legge attribuisce loro nel processo (per la relativa dichiarazione: artt. 15 e 16 l.fall.) che la stessa ha definito (cfr. Cass. SU n. 36596 del 2021, secondo la quale, infatti, la violazione determinata dall ‘ avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza).
3.12. Nel corso del procedimento per la dichiarazione di fallimento, al contrario, il debitore non ha alcun diritto a ottenere dal tribunale il differimento della relativa trattazione (neanche quando si tratta di consentire allo stesso il ricorso a procedure concorsuali alternative, quali il concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione, o, come nel caso in esame, la proposizione del reclamo avverso la revoca delle misure protettive concesse nel corso della composizione negoziata), con la conseguenza che il relativo diniego non configura una violazione del diritto di difesa del resistente, tanto più se si considera che l’esercizio di simili iniziative, riconducibili all ‘ autonomia privata, dev ‘ essere oggetto di bilanciamento, ad opera del giudice, con le esigenze di tutela degli interessi pubblicistici al cui soddisfacimento la procedura fallimentare è tuttora finalizzata (cfr. Cass. n. 23111 del 2014; Cass. n. 16950 del 2016; Cass. n. 24660 del 2020).
Il ricorso dev ‘ essere, dunque, rigettato.
5. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
6. La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 8.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso delle spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di Consiglio della Prima