Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16095 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16095 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11249/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMAINDICOGNOME INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato (CODICE_FISCALE);
MERCOGLIANO
NOME
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 6594/2018, depositata il 17/10/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08.03.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME citavano innanzi al Tribunale di Tivoli NOME COGNOME e NOME COGNOME, chiedendo la risoluzione per inadempimento del contratto di appalto stipulato oralmente dagli attori con NOME COGNOME per la costruzione di un villino bifamiliare su un terreno sito in Guidonia Montecelio; chiedevano, altresì, la condanna in solido di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, quest’ultimo nella sua qualità di Direttore dei Lavori, al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno in ragione dei gravi vizi e difetti inficianti gli impianti termico, elettrico e di adduzione del gas dell’abitazione degli istanti.
1.1. Il Tribunale di Tivoli, con sentenza n. 1050/11, respingeva la domanda degli attori perché i difetti lamentati erano di scarso rilievo; condannava l’appaltatore COGNOME e il Direttore dei Lavori COGNOME al risarcimento dei danni per complessivi €20.700,00 per la realizzazione degli impianti elettrici, di riscaldamento e di adduzione del gas non conformi alla legge; accoglieva la domanda riconvenzionale del COGNOME condannando gli attori al pagamento del saldo dovuto all’appaltatore per €119.271,55 .
La pronuncia veniva impugnata da NOME COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di Roma che, con sentenza n. 6594/2018, accoglieva il gravame e dichiarava inammissibile, in quanto tardivo, l’appello
incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in ordine al rigetto della domanda di risoluzione del contratto d’appalto per la gravità dei difetti degli impianti, ex art. 1669 cod. civ., e per la mancanza del certificato di abitabilità per la non conformità a legge degli stessi; poneva definitivamente le spese delle CTU a carico, per la metà, di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e per il rimanente a carico di NOME COGNOME, condannando altresì tutti gli appellati al pagamento delle spese processuali del grado in favore di NOME COGNOME, assolto in toto dalle avverse domande. A sostegno della sua decisione, per quel che qui ancora rileva, affermava la Corte che:
NOME COGNOME è stato considerato responsabile dal Tribunale di Tivoli poiché, avendo egli redatto il progetto di costruzione del villino bifamiliare, avrebbe dovuto verificare la conformità alle norme di legge degli impianti tecnologici indispensabili per ottenerne la certificazione di conformità e, quindi, l’abitabilità; è, però, circostanza incontestata che al geometra COGNOME non fosse stata commissionata alcuna attività specifica di progettazione dei suddetti impianti, risultando peraltro dall’ interpello deferito agli attori originari che il COGNOME aveva comunque verificato la non conformità e ne aveva dato loro comunicazione, impartendo le opportune disposizioni alla ditta appaltatrice, rimaste tuttavia ineseguite;
non assume rilievo la comunicazione al Comune richiamata dal Tribunale con cui il COGNOME aveva dichiarato che gli impianti sarebbero stati realizzati a norma, trattandosi di atto rivolto alla P.A. per fini diversi da quelli inerenti il rapporto con i committenti, esulando la realizzazione a norma degli impianti dal suo incarico, in quanto obbligazione specifica riferibile al solo appaltatore;
-in accoglimento dell’eccezione sollevata dall’appellato NOME COGNOME, deve considerarsi tardivo, ex artt. 325, 326 cod. proc. civ., l’appello incidentale elevato da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, poiché ad essi la sentenza di prime cure era stata notificata dal COGNOME, a mezzo del servizio postale nel domicilio ex lege presso la Cancelleria del Tribunale di Tivoli, in data 03.10.2011, mentre la comparsa di costituzione con appello incidentale è stata depositata in Cancelleria il 29.03.2012, dunque tardivamente ex artt. 325-326 cod. proc. civ.
La pronuncia veniva impugnata innanzi a questa Corte da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME con ricorso affidato a sei motivi.
Nel ricorso veniva comunicato, altresì, l’intervenuto decesso di NOME COGNOME, della quale uniche eredi sono NOME ed NOME COGNOME, da cui l’integrità del contraddittorio .
In memoria depositata in prossimità dell’adunanza, i ricorrenti hanno dato atto del decesso di NOME COGNOME, intervenuto in data 14.04.2022.
Resistevano NOME COGNOME e NOME COGNOME depositando separati controricorsi.
i NOME depositava memoria in prossimità dell’adunanza.
NOME COGNOME CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce falsa applicazione e violazione dell’art. 141, comma 3, cod. proc. civ., in combinato disposto con l’art. 82, comma 2, R.D. n. 37/1934 ( ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). I ricorrenti lamentano la nullità/inesistenza della notifica della sentenza di primo grado, effettuata a mezzo del servizio postale nel domicilio ex lege presso la Cancelleria del Tribunale di Tivoli, poiché la pronuncia impugnata non ha tenuto conto che non può essere
consentita la notificazione di un atto giudiziario a persona diversa dal responsabile addetto alla Cancelleria, cioè il Cancelliere dirigente.
Con il secondo motivo si denuncia falsa applicazione e violazione dell’art. 141, comma 3, cod. proc. civ., in combinato disposto con l’art. 82, comma 2, R.D. n. 37/1934 ( ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.), poiché la Corte distrettuale avrebbe dato per presupposta l’avvenuta consegna del plico raccomandato nelle mani del Cancelliere del Tribunale di Tivoli.
Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 115, comma 1, cod. proc. civ. ( ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.), per omessa valutazione di una prova documentale offerta dagli appellanti incidentali, ossia la busta contenente il piego raccomandato, dalla quale risulta che esso sia stato consegnato a persona sconosciuta dell’ Ufficio del Protocollo del Tribunale di Tivoli. Da ciò consegue l’insussistenza delle due condizioni prescritte dalla Corte regolatrice (Cass. Sez. U, n. 9962/2010) in ordine alla validità della notifica a mezzo del servizio postale, ossia: che l’agente postale abbia consegnato il piego raccomandato all’indirizzo del destinatario; che non risulti che il piego sia stato consegnato a persona diversa dal destinatario.
Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 160 cod. proc. civ. (art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.), poiché il piego raccomandato è pervenuto a persona sconosciuta dell’Ufficio Protocollo, che non lo ha poi ritualmente inoltrato alla Cancelleria del Tribunale: di talché la notificazione sarebbe avvenuta a posteriori .
Con il quinto motivo si denuncia falsa applicazione e violazione degli artt. 325 e 326 cod. proc. civ. (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). Poiché esiste riscontro probatorio che l’agente postale abbia eseguito la notificazione a persona sconosciuta, detta notificazione
deve considerarsi irrituale a mente dell’art. 160 cod. proc. civ. e , pertanto, la Corte territoriale ha falsamente applicato le norme rubricate.
I primi cinque motivi possono essere scrutinati congiuntamente, poiché tutti censurano la sentenza d’appello nella parte in cui non ha riconosciuto i vizi di nullità/inesistenza della notifica della sentenza di primo grado, effettuata a mezzo del servizio postale nel domicilio ex lege presso la Cancelleria del Tribunale di Tivoli; vizio di notifica dal quale è derivata l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dagli odierni ricorrenti.
6.1. I motivi sono fondati, nei limiti e per le ragioni che seguono.
6.2. In punto di fatto risulta che la sentenza resa dal giudice di primo grado è stata notificata da ll’ AVV_NOTAIO (difensore di NOME COGNOME) in data 29.09/,03.10.2011 mediante il servizio postale, in Tivoli, presso la Cancelleria del Tribunale Civile di Tivoli, INDICOGNOME. Risulta anche che sia stata inviata la c.d. raccomandata integrativa A.R. (n. 76400878429-6), prevista dall’art. 7, comma 6, della legge n. 890 del 1982.
6.3. In punto di diritto, rileva la circostanza che l’atto sia stato consegnato a persona che ha sottoscritto l’avviso di ricevimento con grafia illeggibile e presso un Ufficio non identificabile. La Corte territoriale ha, invece, ritenuto che nonostante la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento del plico postale sia illeggibile, in mancanza di querela di falso essa sia valida. A sostegno della sua decisione, la corte di merito ha richiamato il principio di diritto (più volte affermato da questa Corte: Sezioni Unite n. 9962/2010, nonché, tra le tante, Cass. n. 395/2012, Cass. n. 16289 del 2015 e Cass. n. 4556 del 2020) secondo il quale, in caso di notifica a mezzo del servizio postale, ove l’atto sia consegnato all’indirizzo del destinatario a
persona che abbia sottoscritto l’avviso di ricevimento, con grafia illeggibile, nello spazio relativo alla «firma del destinatario o di persona delegata» e non risulti che il piego sia stato consegnato dall’agente postale a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 2, la consegna deve ritenersi validamente effettuata a mani proprie del destinatario, fino a querela di falso, a nulla rilevando che nell’avviso non sia stata sbarrata la relativa casella e non sia altrimenti indicata la qualità del consegnatario, in tale evenienza non ricorrendo alcuna delle ipotesi di nullità previste dall’art. 160 c.p.c.
6.3.1. Senonché la giurisprudenza richiamata non si attaglia nel caso di specie nel quale la firma illeggibile non risulta apposta nello spazio dell’avviso relativo alla firma del destinatario o di persona delegata e non risulta alcuna annotazione da parte dell’a gente postale. Occorre qui ricordare che l’art. 11 della legge n. 53 del 1994 prevede espressamente la nullità della notifica ogni qualvolta vi sia incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto. Di tale disposizione di legge non ha tenuto conto la corte territoriale nel caso di specie nel quale:
-l’avviso di ri cevimento non indica la qualifica di colui che ha apposto la firma;
la firma, come sopra rilevato, è illeggibile ed è stata apposta in spazio diverso da quello relativo alla firma del destinatario o di persona delegata;
-l’agente postale non ha spuntato la casella che consente di riferire al destinatario della notifica la firma raccolta sull’avviso di ricevimento, come pure nessuna altra casella.
6.3.2. Di recente, questa Corte ha avuto modo di affermare che in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, la presenza nella
cartolina di ricevimento di una firma illeggibile e non apposta nello spazio per la sottoscrizione del destinatario o di persona delegata, in assenza di altre annotazioni da parte dell’agente postale, determina incertezza assoluta sulla persona alla quale l’atto giudiziario è stato consegnato, con la conseguenza che la notifica deve ritenersi affetta da nullità (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 34400 del ‘ 11/12/2023, Rv. 669528 – 01).
6.4. Nel caso che ci occupa, l’assoluta incertezza sulla persona alla quale è stato consegnato l’atto ed il compimento della notifica da parte dell’agente postale in assenza delle prescritte indicazioni e dei prescritti adempimenti impone l’accoglimento dei pri mi cinque motivi in ordine all’ammissibilità dell’appello tardivo , con conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, che in diversa composizione, procederà a nuovo esame, facendo applicazione dei suindicati disattesi principi.
7 . Con il sesto motivo si denuncia: A. Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.); B. Violazione dell’art. 132, comma 2 cod. proc. civ. ed art. 118, n. 4) disp. att. cod. proc. civ. (art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.). La Corte d’Appello ha escluso ogni responsabilità del COGNOME sia per quanto concerne l’incarico di Direttore dei Lavori, sia per quanto riguarda l’incarico di provvedere al conseguimento della certificazione di abitabilità da parte dei NOMECOGNOME, fondando il suo convincimento su un capitolo di prova per interpello dal quale risulterebbe che il COGNOME non ha potuto esplicare l’attività relativa alla pratica amministrativa finalizzata all’ottenimento del certificato di abitabilità. I ricor renti precisano, invece, che il D.L. , per ottenere l’abitabilità, aveva presentato l’08.05.2033 al Comune di Guidonia Montecelio una perizia tecnica ove falsamente asseverava -ai fini della concessione dell’abitabilità – che
l’impianto elettrico e di riscaldamento sarebbero stati localizzati nel rispetto della normativa vigente: fatti, questi, accertati dal giudice di primo grado, e non contestati in appello dal COGNOME. Pertanto, la motivazione resa dalla Corte d’Appello deve essere considerata come apparente, nella parte in cui riconosce alla perizia asseverata sia il fine della concessione dell’abitabilità, sia non precisati fini diversi da quelli inerenti il rapporto con i committenti.
7.1. Il motivo è inammissibile, poiché ripropone una diversa valutazione delle risultanze probatorie. La Corte d’Appello -avvalendosi delle CTU – ha escluso la responsabilità del COGNOME ritenendo che non avesse mai assunto l’incarico di progettare, diri gere e collaudare gli impianti tecnologici, non essendovi abilitato, la sua prestazione essendo invece limitata alla verifica della reale messa in opera degli impianti al fine di ottenere l’abitabilità; che non avesse comunque mai proceduto a portare a termine la pratica amministrativa dell’abitabilità in quanto aveva riscontrato rappresentando tali riscontri ai COGNOME -la non conformità degli impianti di cui si discute (v. sentenza p. 10, 1° capoverso). Né avrebbe rilievo ostativo -osserva la Corte – la comunicazione al Comune con cui aveva dichiarato che gli impianti erano stati realizzati a norma «trattandosi di atto rivolto alla P.A. per fini diversi da quelli inerenti il rapporto con i committenti», ossia il solo e unico scopo di integrare la denuncia di inizio attività, essendo incorsa una variante in corso d’opera .
Tanto basta ad escludere la sussistenza delle condizioni per poter parlare di motivazione apparente, dovendosi ritenere rispettato il «minimo costituzionale» (per tutte: Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830). E’ utile ricordare che la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio di motivazione apparente ricorre quando la motivazione, benché graficamente
esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 23123 del 28/07/2023, Rv. 668609 -01; Cass Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639 -01; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145; Cass. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526; Cass. Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016).
In definitiva, il Collegio -decidendo sul ricorso -cassa la sentenza impugnata e rinvia alla medesima Corte d’Appello in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, in accoglimento dei primi cinque motivi del ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio;
dichiara il sesto motivo inammissibile.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda