Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28571 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28571 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4585/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 7614/2021 depositata il 17/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
NOME COGNOME evocava in giudizio davanti al Tribunale di Latina la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME per il risarcimento dei danni subiti dall’autovettura Fiat Grande Punto in occasione del sinistro stradale verificatosi il 24 dicembre 2011 in Monte San Biagio lamentando un pregiudizio di euro 1.739.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE deducendo il difetto di legittimazione passiva e la improcedibilità dell’azione per errata messa in mora e contestando la dinamica del sinistro.
COGNOME rimaneva contumace.
Il Tribunale di Latina, con sentenza del 16 gennaio 2019, dichiarava la concorrente responsabilità di NOME COGNOME e dell’attore nella produzione del sinistro e liquidava i danni rigettando la domanda proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale decisione NOME COGNOME proponeva appello chiedendo la condanna della RAGIONE_SOCIALE in solido con NOME COGNOME per la complessiva somma di euro 3.870, oltre a rivalutazione e interessi.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto, mentre restava contumace NOME COGNOME.
La Corte rilevava la nullità della notificazione della citazione nei confronti di quest’ultimo e ne disponeva la rinnovazione ai sensi dell’articolo 291 c.p.c. Alla successiva udienza rilevava la nullità anche della seconda notificazione, non assegnando nuovo termine e rinviando la causa per la precisazione delle conclusioni.
La Corte d’appello Di Roma, con sentenza del 17 novembre 2021, riteneva l’impugnazione inammissibile rilevando che la notifica dell’atto di appello era stata effettuata dal difensore ai sensi della legge 21 gennaio 1994 n. 53 senza osservare le disposizioni previste dall’articolo 3 per aver omesso di indicare una serie di dati. Poiché l’ordinanza di rinnovazione della notificazione prevede un termine perentorio, dichiarava inammissibile l’impugnazione perché la nuova notifica era stata effettuata con modalità tali che ne comportano la nullità. Ciò in quanto, sull’avviso di ricevimento mancava il nominativo della parte istante e non era indicato l’ufficio giudiziario e la sezione davanti alla quale pende il procedimento.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE. NOME COGNOME non svolge attività processuale in questa sede.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si deduce la violazione ai sensi dell’articolo 360 n. 3 dell’articolo 134 cpc con riferimento all’ordinanza del 18 dicembre 2019 con la quale la Corte d’appello aveva dichiarato la nullità della prima notifica dell’atto di appello nei confronti di NOME COGNOME, lamentando la mancanza di motivazione del provvedimento.
Con il secondo motivo si deduce ai sensi dell’articolo 360, numero 3 la violazione dell’articolo 3 secondo comma della legge numero 53 del 1994 e dell’articolo 11 della medesima legge.
La decisione sarebbe errata in quanto la mancata indicazione del nominativo della parte istante, dell’ufficio giudiziario e della sezione davanti alla quale pende il procedimento sull’avviso di ricevimento della notifica effettuata a mezzo posta in proprio dal difensore non comporterebbe la nullità della notificazione ai sensi delle norme sopra citate, giacché il soggetto notificato non subirebbe alcun pregiudizio dall’omissione del nominativo rilevando, altresì, che la
cartolina contenente l’avviso di ricevimento non entra nella disponibilità del soggetto notificato.
Il ricorso, che pure presenta profili di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 3 c.p.c., è infondato.
Sebbene il ricorso difetti della completa benché sommaria esposizione dei fatti di causa di cui all’articolo 366, n. 3 c.p.c. (v. Cass. 28 settembre 2016, n. 1/9/06; Cass. 2 agosto 2016, n. 16103; Cass. 3 febbraio 2015, n. 1926 e da ultimo Cass. Sez. 3, 12/01/2024, n. 1352) tale profilo non assume rilevo decisivo perché non funzionale rispetto alla questione del vizio notifica dedotta con i due motivi.
Nel caso di specie, dall’esame del ricorso non è possibile evincere alcun elemento riguardo alla dinamica del sinistro, alla concreta attività istruttoria espletata in primo grado, alla posizione assunta dalle parti, alle domande concretamente proposte e a quelle sulle quali potrebbe essersi formato giudicato.
Pertanto, l’esposizione del fatto contenuta nella presente ordinanza è tratta dalla sentenza di appello e non dal ricorso.
Ciò premesso, rileva questa Corte che ai fini del rispetto dei limiti contenutistici di cui all’art. 366, comma 1, n. 3) c.p.c., il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità al dovere processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva, dovendo il ricorrente selezionare i profili di fatto e di diritto della vicenda ” sub iudice ” posti a fondamento delle doglianze proposte in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione della vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c.
Orbene, rileva questa Corte che l’obiettivo del processo è quello di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa (art. 24 Cost.), nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (artt. 111, comma 2, Cost. e 6 CEDU), per cui il profilo della
completezza dell’esposizione in fatto della vicenda processuale deve essere funzionale ai vizi dedotti in ricorso e nel caso in cui si tratti di una questione esclusivamente preliminare, come la nullità della notifica dell’atto di appello, la esposizione a nche parzialmente lacunosa sui fatti di causa consente alla Corte di valutare la questione dedotta in ricorso.
Sotto tale profilo occorre consentire alla Corte di valutare l’idoneità delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito.
Sulla base di quanto precede, i profili di inammissibilità del ricorso, seppur presenti, consentono comunque tale valutazione giuridica.
Il primo motivo è inammissibile, perché dedotto in violazione dell’articolo 366 numero 6 c.p.c. poiché difetta del tutto la descrizione della ordinanza, del suo contenuto letterale, apparendo tali indicazioni necessarie per verificare la fondatezza della censura. Quando il ricorso si fonda su documenti, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).
“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:
(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;
(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;
(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex multis , Sez. 6-3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).
Principio ribadito da ultimo dalle Sezioni Unite secondo cui sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le
censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019, Rv. 656488 – 01).
Tale onere non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950, Rv. 664409 – 01)
Di questi tre oneri, il ricorrente ha assolto solo il terzo.
Il secondo motivo è infondato.
Emerge pacificamente che parte appellante aveva omesso di indicare una serie di elementi previsti dall’articolo 3 della legge n. 53 del 1994, sia sull’avviso di ricevimento del plico postale contenente la citazione in appello sia, successivamente, in quella in rinnovazione, nella parte dedicata al mittente e nella successiva notifica dell’atto di rinnovazione.
Il secondo comma prevede specificamente che per le notificazioni di atti effettuati prima della iscrizione al ruolo della causa o del deposito dell’atto introduttivo della procedura l’avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante e il suo procuratore.
Ricorre, pertanto, l’ipotesi di nullità della notifica rispetto alla quale non sussiste una violazione di legge.
Trova applicazione il principio secondo cui l’attività di notificazione svolta dagli avvocati, ai sensi della legge n. 53 del 1994, in mancanza dei requisiti prescritti dalla legge stessa, è nulla e non inesistente; tale nullità è sanata solo dalla rituale e tempestiva costituzione dell’intimato e, quindi, dall’accertato raggiungimento dello scopo della notificazione stessa (Cass. Sez. 2, 15/06/2020, n. 11466).
Nel caso di specie tale sanatoria non è intervenuta, perché il COGNOME non si è costituito neppure in appello; la nullità è stata rilevata d’ufficio ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 53 del 1994 ed è stato assegnato ai sensi dell’articolo 291 del codice di rito un termine perentorio per rinnovare la notifica nulla e ciò avrebbe impedito ogni decadenza.
A fronte della inottemperanza all’ordine di rinnovazione della notificazione, ricorrendo l’assegnazione di un termine perentorio ai sensi dell’articolo 291 c.p.c. ovvero 331 c.p.c. la Corte d’appello ha correttamente preso atto della mancata esecuzione dell’ordine disposto con la precedente ordinanza, con conseguente necessaria declaratoria di nullità della seconda notificazione ed inammissibilità dell’appello.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore della controricorrente in € 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, oltre esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione in data 2 luglio 2025
Il Presidente
NOME COGNOME