Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19384 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19384 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3583/2019 R.G. proposto da: so dall’AVV_NOTAIO
COGNOME NOME, rappresentato e dife NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 4685/2018 depositata il 09/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, dinanzi il Tribunale di Roma, NOME AVV_NOTAIO assumendo che
quest’ultimo occupava senza titolo l’immobile di proprietà dell’attrice sito in INDIRIZZO, edificio ad uso ufficio, distinto in catasto al foglio 874, particella 209, su 501. L’attore chiedeva pertanto la condanna al rilascio del predetto immobile, nonché al pagamento dell’indennità di occupazione in misura da determinarsi.
Il convenuto si costituiva in giudizio assumendo di essere legittimo ed esclusivo titolare dell’immobile ed evidenziava di aver svolto formale denuncia per falsità dei verbali mediante i quali era stato sostituito nella carica di amministratore unico con la successiva nomina di altro amministratore che aveva poi trasferito la proprietà dell’appartamento a terzi.
Nel corso del giudizio la società attrice rinunciava alla domanda volta al conseguimento dell’indennità di occupazione e il Tribunale, in accoglimento della specifica istanza avanzata dal convenuto, sospendeva ex articolo 295 c.p.c. il giudizio fino alla definizione procedimento penale. Tale ordinanza veniva annullata da questa Corte e il giudizio, una volta riassunto, proseguiva.
Il Tribunale, accertata la mancanza in capo al COGNOME di un titolo che lo legittimava ad occupare l’immobile , lo condannava al suo rilascio in favore della società attrice respingendo la sua domanda riconvenzionale.
4.1 Il giudice di primo grado sostanzialmente rilevava che l’acquisto della proprietà dell’appartamento da parte della società attrice traeva origine dall’atto di compravendita a rogito AVV_NOTAIO di Latina del 20 dicembre 2005, mentre l’asserita nullità del contratto di compravendita intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e l’immobiliare RAGIONE_SOCIALE e di riflesso dei successivi contratti di compravendita con i quali il bene era stato dapprima venduto a NOME COGNOME e, successivamente, da costui ceduto alla società attrice non aveva trovato alcun riscontro sul piano probatorio.
Il COGNOME proponeva appello avverso la suddetta decisione.
Resisteva all’appello la società RAGIONE_SOCIALE.
6.1 Nel corso del giudizio di appello il difensore dell’appellante produceva copia della sentenza del Tribunale di Roma con la quale era stata accertata la falsità dei verbali assembleari con cui NOME COGNOME era stato nominato nuovo amministratore della RAGIONE_SOCIALE al posto del COGNOME ed in virtù dei quali era stato indotto in errore NOME COGNOME, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE che aveva acquistato dal COGNOME l’immobile oggetto del giudizio.
La C orte d’ Appello rigettava il gravame e confermava la sentenza di primo grado. In particolare, evidenziava che non vi era ragione per una nuova sospensione del giudizio a seguito del rinvio a giudizio di COGNOME, venditore dell’immobile alla RAGIONE_SOCIALE, in quanto il reato contestato era concorso in invasione di edificio e concorso in danneggiamento, sicché non veniva ad essere integrato il presupposto indispensabile per disporre la sospensione del giudizio, trattandosi di fatti non aventi diretta connessione con la vicenda relativa all’avvenuta falsificazione della delibera avente ad oggetto la nomina di NOME COGNOME quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE valutata dal T ribunale nell’ambito di un altro procedimento penale a cui il COGNOME era rimasto del tutto estraneo. Nel merito , la Corte d’Appello, pur prendendo atto dell’avvenuto accertamento della falsità della predetta delibera come sancito nella parte motiva della sentenza penale prodotta, osservava che non vi era alcuna prova del passaggio in giudicato di tale pronuncia, sicché essa non poteva fare stato nel giudizio. Inoltre, come già evidenziato dal Tribunale, il COGNOME, a fronte dei ripetuti trasferimenti immobiliari del cespite, peraltro oggetto di trascrizione ai sensi dell’articolo 2383, commi 4 e 5, c.c. avrebbe comunque dovuto dimostrare la conoscenza da parte dei terzi acquirenti dell’immobile e , quindi, da parte sia della COGNOME che della
RAGIONE_SOCIALE della causa della nullità dell’atto e cioè che essi fossero a conoscenza della falsità delle dimissioni del COGNOME e della falsità della nomina del COGNOME quale nuovo amministratore della COGNOME soprattutto alla luce del fatto che, all’epoca , la delibera contenente la nomina del COGNOME quale nuovo amministratore era stata regolarmente pubblicata nel registro delle imprese. Tale prova, di cui COGNOME era specificamente onerato, non era stata mai fornita, sicché non erano ravvisabili presupposti per dichiarare la nullità dei vari contratti di trasferimento dell’immobile succedut isi nel tempo.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un unico motivo.
La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Il consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
A seguito di tale comunicazione, la parte ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
È stata f issata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
13 . All’esito della camera di consiglio del 14 febbraio 2024 questa Corte, riscontrata la non regolare comunicazione dell’udienza al nuovo difensore di cui alla procura speciale del 12 settembre 2023 ha rinviato a nuovo ruolo la trattazione del ricorso.
In prossimità dell’odierna udienza il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame conseguente a erronea valutazione del fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Il ricorrente evidenzia che la vicenda di cui è causa è stata oggetto di un processo penale protrattosi per oltre 13 anni. Il giudizio si è concluso con la sentenza irrevocabile della Corte di Appello prodotta in sede di ricorso per cassazione. Infatti, la stessa è stata emessa in data successiva all’udienza di conclusione del giudizio civile . La Corte d’Appello, pur dichiarando prescritti i reati contestati agli imputati, ha confermato la sentenza del Tribunale che aveva accertato in modo netto ed incontestabile che il primo trasferimento dell’immobile era stato effettuato a completa insaputa dei proprietari in forza di falsa delibera di dimissioni dell’amministratore del tutto ignaro dell’operazione criminale che veniva compiuta e di nomina di nuovo amministratore che dopo pochi giorni procedeva ad altro trasferimento.
Il giudizio penale concluso con sentenza irrevocabile ha dichiarato la falsità del verbale assembleare recante nomina e dimissioni dell’amministratore della società RAGIONE_SOCIALE con conseguente nullità del trasferimento truffaldino.
Per tale motivo, secondo il ricorrente, anche i successivi trasferimenti e, particolarmente, quello a favore della società resistente, coinvolta nell’operazione criminosa , dovevano ritenersi illegittimi.
La C orte d’ Appello su questo punto decisivo si sarebbe limitata ad osservare che, pur prendendosi atto dell’accertamento in sede penale della falsità della delibera in forza della quale era stato effettuato il primo trasferimento dell’immobile , non vi era prova del passaggio in giudicato di tale pronuncia sicché non poteva fare stato nel giudizio civile. Inoltre, non vi era alcuna prova della conoscenza di tale falsità da parte dell’ultima acquirente.
2. La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380-bis è di inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso avverso pronuncia di accoglimento di azione di rivendicazione di
immobile e di rigetto di domanda riconvenzionale di accertamento della nullità, per falsità, del titolo di proprietà dell’attore (doppia conforme ) per le seguenti ragioni:
Unico motivo: Il giudice di merito, a prescindere dalla sentenza penale di accertamento della falsità della delibera societaria che aveva nominato un nuovo amministratore in sostituzione del COGNOME, ha ritenuto che il ricorrente non avesse dato prova della conoscenza da parte dei terzi acquirenti, estranei al processo penale, della falsità della delibera in questione, che risultava regolarmente iscritta nel Registro delle Imprese ed era dunque idonea ad ingenerare affidamento circa i poteri di rappresentanza del nuovo amministratore, considerato, altresì, che i vari trasferimenti dell’immobile erano stati tutti trascritti nei Registri Immobiliari (cfr. pag. 5 di sentenza).
Il COGNOME sostiene che il passaggio in giudicato della pronuncia penale, sopravvenuto alla sentenza impugnata, costituirebbe circostanza decisiva ai fini dell’accertamento della nullità del titolo di acquisto della RAGIONE_SOCIALE (ultima acquirente del bene); sostiene, ancora, che dall’accertamento condotto in sede penale il giudice di merito avrebbe dovuto trarre il convincimento circa la conoscenza da parte dei terzi acquirenti della falsità della delibera societaria. Sennonché, in dispart e l’inammissibilità della doglianza ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. sollevata nella ricorrenza di un’ipotesi di ‘doppia conforme’ ex art. 348 ter , ultimo comma, c.p.c., il ricorrente non si confronta in alcun modo con le diverse ed articolate argomentazioni della sentenza impugnata, ed introduce comunque censure di merito relative all’accertamento del fatto e alla valutazione delle prove acquisite; profili del giudizio, questi ultimi, che non sono sindacabili in sede di legittimità (cfr. Cass., Sez. U., Sentenza n. 898 del 14/12/1999, Rv. 532151), risultando, peraltro, la motivazione della sentenza impugnata non apparente né affetta da irriducibile contrasto
Ric. 2019 n. 3583 sez. S2 – ad. 20/06/2024
logico (cfr. Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830). Va infine ribadito che spetta soltanto al giudice del merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, nonché scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee alla dimostrazione dei fatti (cfr. Cass., Sez. Un., Sentenza n. 5802 dell’11/06/1998, Rv. 516348).
3. Il ricorrente con la memoria depositata in prossimità dell’udienza, insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso e, in sostanziale replica alle conclusioni della proposta, osserva che: Nella sentenza gravata la Corte di merito ha ritenuto -in conformità al primo Giudice che il ricorrente non avesse assolto l’onere della prova impostogli dal combinato disposato degli artt. 2475, secondo comma, e 2383, ultimo comma, c.c., ossia non avesse dimostrato che i terzi acquirenti degli immobili oggetto delle plurime cessioni (3 in appena 9 mesi, da marzo a dicembre 2005, senza versamento di un euro, e non computando quelle successive all’acquisto della RAGIONE_SOCIALE), estranei al processo penale, fossero a conoscenza della nullità dell’atto presupposto, costituito dalla delibera assembleare di sostituzione del dr. COGNOME con il COGNOME quale RAGIONE_SOCIALE, originaria proprietaria dei medesimi cespiti e parte venditrice nel primo trasferimento.
La prima alienazione è stata realizzata, invero, proprio grazie alla fraudolenta ‘usurpazione’ della carica gestoria da parte del COGNOME in danno del dr. COGNOME, con falsificazione dei relativi verbali assembleari di RAGIONE_SOCIALE
La definitività dell’accertamento del Giudice penale sul punto, con la conclamata truffa perpetrata contro il COGNOME, finalizzata alla spoliazione del patrimonio immobiliare della RAGIONE_SOCIALE, è stata invocata nel suddetto motivo di ricorso (v. pagg. 6-8), lamentando che la Corte d’Appello non avrebbe tratto dalla statuizione penale,
confermativa della truffa con predisposizione dei falsi verbali assembleari, le necessarie conseguenze in termini di invalidità degli atti negoziali scaturiti dalla delibera di conferimento al COGNOME dei poteri gestori in RAGIONE_SOCIALE
Parte ricorrente richiama la giurisprudenza di legittimità in ordine alla nullità delle deliberazioni assembleari e al potere di ufficio del Giudice, dinanzi al quale sia stata proposta una domanda di nullità contrattuale, di pronunciare la nullità di una delibera societaria (presupposta) anche in difetto di un’espressa deduzione di parte, purché desumibile dagli atti acquisiti al processo (cfr., in tema, Cass. 4.5.2016, n. 8795, con rinvio anche a Cass. S.U. 12.12.2014, n. 26242).
Inoltre, il ricorrente richiama la circostanza del mancato pagamento dei prezzi delle varie cessioni, inspiegabilmente mutati negli atti anche se stipulati a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro (in rapida sequenza marzo, giugno e dicembre 2005) a sostegno della mala fede del terzo, previsto dall’art. 2383, ultimo comma, c.c.
4. Il ricorso è infondato.
4.1 La memoria del ricorrente non offre argomenti tali da consentire di modificare le conclusioni di cui alla proposta di definizione accelerata. In particolare, il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata laddove si afferma che, come già evidenziato dal Tribunale, il COGNOME, a fronte dei ripetuti trasferimenti immobiliari del cespite, peraltro oggetto di trascrizione ai sensi dell’articolo 2383, commi 4 e 5, c.c. avrebbe comunque dovuto dimostrare la conoscenza da parte dei terzi acquirenti dell’immobile e, quindi, da parte sia della RAGIONE_SOCIALE che della RAGIONE_SOCIALE della causa della nullità dell’atto e cioè che essi fossero a conoscenza della falsità delle dimissioni del COGNOME e della falsità della nomina del COGNOME quale nuovo amministratore della COGNOME soprattutto alla luce del fatto che,
all’epoca, la delibera contenente la nomina del COGNOME quale nuovo amministratore era stata regolarmente pubblicata nel registro delle imprese. Tale prova, di cui COGNOME era specificamente onerato, non era stata mai fornita, sicché non erano ravvisabili i presupposti per dichiarare la nullità dei vari contratti di trasferimento dell’immobile succedutisi nel tempo.
La nullità della delibera di nomina del COGNOME, pertanto, non può produrre l’effetto sperato dal ricorrente di rendere nullo l’atto di vendita e soprattutto quelli successivi in assenza di prova della consapevolezza in capo alla società controricorrente che la catena dei precedenti trasferimenti del cespite in oggetto era tutta viziata dalla falsità della nomina dell’amministratore.
Peraltro, come correttamente evidenziato dalla Corte d’Appello , la nomina era stata anche regolarmente pubblicata sul registro delle imprese. In tal senso deve darsi continuità al seguente principio di diritto: Una volta attribuito – sia pure con delibera viziata – i poteri di rappresentanza ad un soggetto includenti capacità gestionali ed attuative delle decisioni assunte in sede collegiale, sono inopponibili ai terzi in buona fede le eventuali cause di nullità o annullabilità della delibera medesima. Più in particolare, il d.P.R. 29 dicembre 1969, n. 1127, attuativo della direttiva CEE del 9 marzo 1968, n. 151, ha ampliato la tutela dei terzi nei confronti degli atti societari, introducendo il settimo comma dell’art. 2383 cod. civ., per cui le cause di annullabilità o di nullità della nomina degli amministratori non sono opponibili ai terzi in buona fede, una volta avvenuta la pubblicazione delle relative delibere sul Bollettino Ufficiale delle Società (Sez. 1, Sentenza n. 4971 del 19/05/1998, Rv. 515557 – 01).
Il ricorrente, con la memoria, deduce anche ulteriori profili che tuttavia sono inammissibili perché non dedotti con il ricorso che si è fondato unicamente sulla sentenza penale che ha dichiarato la falsità
Ric. 2019 n. 3583 sez. S2 – ad. 20/06/2024
del verbale recante nomina e dimissioni dell’amministratore della società RAGIONE_SOCIALE. In particolare, l’affermazione secondo cui non è stato pagato il prezzo dei vari trasferimenti immobiliari è circostanza che, oltre a non essere dedotta con il ricorso, non risulta né accertata né discussa nel corso del giudizio di merito. Si ravvisa sotto questo profilo, pertanto, anche un ulteriore motivo di inammissibilità per novità della questione.
In ogni caso, la Corte d’Appello ha ritenuto che mancasse del tutto la prova che la RAGIONE_SOCIALE al mom ento dell’acquisto del bene oggetto della sua domanda di restituzione fosse a conoscenza della mancanza del potere rappresentativo in capo all’amministratore della società RAGIONE_SOCIALE l’epoca della vendita del bene all’immobiliare COGNOME che a sua volta aveva venduto il medesimo cespite a NOME COGNOME che lo aveva poi ceduto alla RAGIONE_SOCIALE
In definitiva, la censura di omesso esame proposta dal ricorrente, è inammissibile perché la sentenza che ha accertato la falsità del verbale di nomina dell’amministratore della RAGIONE_SOCIALE, per le ragioni esposte, non è elemento sufficiente per invalidare i successivi trasferimenti del bene venduto dal falsu procurator, dovendosi provare la mala fede dei successivi acquirenti. Come si è detto, sotto questo profilo il ricorrente ha svolto argomentazioni del tutto nuove sulla prova ‘oggettiva’ della mala fede, e in sostanza le sue censure si risolvono nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto emerse nel giudizio di merito.
Come si è più volte sottolineato, compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a
contro
llare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato riscontrare.
Il ricorso è rigettato.
Nulla sulle spese non avendo la parte intimata svolto difese.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., va applicato -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380- bis cod. proc. civ. -il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ ., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge – in favore della cassa delle ammende (cfr. Sez. U – , Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della cassa delle ammende ex art. 96, comma 4, c.p.c. della somma di euro 3.000,00;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione