Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31986 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31986 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23933/2020 proposto da
COGNOME elett.te domic. presso l’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso, per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., elett.te domiciliata presso l’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa, per procura in calce al ricorso;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 545/2020 de lla Corte d’appello di Brescia, pubblicata il’1 .06.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza del 6.1.17, il Tribunale di Bergamo, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME quale fideiussore, avverso il decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti il 23.4.12, su ricorso della Banca di Credito cooperativo di Calcio e Covo s.c.ora Banca di Credito Cooperativo dell’Oglio e del Serio s.c.- per la somma complessiva di euro 384.113,79 a titolo di passività di conto corrente, revocava il decreto opposto, condannando gli opponenti in solido al pagamento, in favore della suddetta banca, della somma di euro 356.171,30 oltre interessi.
Al riguardo, il Tribunale osservava che: era infondata l’eccezion e riguardante l’insufficienza e l’ incompletezza della prova documentale fornita dalla banca in ordine alla produzione degli estratti conto relativi alle aperture di credito; a fronte di tale documento, non era stata svolta nessuna contestazione; al riguardo, nel corso della c.t.u. era emersa la mancanza di un estratto conto al 30.6.08, indicante un debito di euro 188.587,57 a tale data; gli opponenti non avevano sollevato contestazioni circa le operazioni che avevano determinato lo sviluppo del saldo passivo nei termini accertati al 30 giugno 2008; data la mancanza di un solo estratto, in mancanza di contestazioni specifiche, non vi era ragione per rettificare il saldo iniziale al 30 giugno 2008; era infondata l’eccezione di nullità con riguardo al contratto di mutuo, in quanto la destinazione dell’importo effettivamente erogato a parz iale c opertura dell’esposizione del conto corrente non implicava l’assenza della causa concreta dell’operazione, né connotava d’ illiceità la causa della medesima; era altresì infondata l’eccezione relativa all’anatocismo quale effetto del piano d’ammortamento ‘alla francese’ (in quanto le difese degli opponenti si basavano sull’erronea interpretazione del contratto secondo la quale la quota d’interessi per
ciascuna rata era calcolata non sull’intero importo finanziato, ma di volta in volta con riferimento alla quota di capitale via via decrescente per effetto dei pagamenti delle rate precedenti); era infondata la medesima eccezione sull’anatocismo circa il conto corrente , in quanto aperto dopo l’entrata in vigore della delibera CICR del 2000, mentre era prevista un’identica periodicità trimestrale di chiusura contabile e di capitalizzazione degli interessi; erano ancora respinte le eccezioni afferenti alle c.m.s. e al superamento dei tassi-soglia usurari per effetto delle stesse c.m.s.; era infondata l’eccezione del fideiussore COGNOME ex art. 1956 c.c. , dato che egli all’epoca era amministratore unico della società debitrice, per cui non poteva essere posta in discussione l’attiva partecipazione dello stesso fideiussore alla gestione societaria; pertanto, era da rigettare la domanda riconvenzionale della RAGIONE_SOCIALE di restituzione dell’indebito.
C on sentenza dell’1.6.2020 la Corte territoriale di Brescia rigettava l’appello di NOME COGNOME quale fideiussore della debitrice principale, osservando che: non era stata provata l’ipotesi del mutuo di scopo in quanto le parti non avevano indicato alcuna specifica destinazione delle somme erogate, né per il risanamento dei debiti pregressi, né per altri scopi; non era altresì fondata l’eccezione di nullità del mutuo per l’imputazione di oneri non dovuti, per la genericità della doglianza (a tacere della novità della questione); era inammissibile la doglianza afferente alla violazione dell’art. 1956 c .c., per la radicale omissione della parte argomentativa a confutazione delle ragioni addotte dal primo giudice per affermare che il ricorrente fideiussore, in quanto amministratore della società debitrice, era a conoscenza dell’evoluzione della situazione di quest’ultima; solo nella comparsa conclusionale era stata introdotta la questione della nullità del rapporto di fideiussione per il recepimento delle d isposizioni dell’ABI, dichiarate
illegittime dalla Banca d’Italia per nullità derivata dalla violazione della normativa anticoncorrenziale, questione nuova non rilevabile d’ufficio , non essendo state prodotte né la copia della fideiussione secondo il modello ABI, né la copia del provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2.5.05; era infondato il motivo riguardante la mancata applicazione del principio del saldo-zero, non essendo stata presa posizione sulle specifiche ragioni in base alle quali ne era stata esclusa l’applicazione, sul presupposto che vi fossero elementi che potessero giustificare il saldo rilevato al 30.7.08; era infondato il motivo in merito al metodo utilizzato dal c.t.u., perché del tutto generico.
NOME COGNOME ricorre in cassazione, avverso la suddetta sentenza, con due motivi. La Banca resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 1343 e 1418, c.c., per aver la Corte d’appello affermato la liceità del mutuo stipulato, sebbene per estinguere pregressi debiti verso la stessa banca, senza tener conto che l’esposizione del conto , che era destinato a ripianare, era risultata inficiata dall’imputazione di rilevanti oneri indebiti.
Al riguardo, il ricorrente assume che la sentenza di primo grado aveva espunto dalla somma creditoria della banca quella di euro 48.546,84 per tassi non dovuti, per cui tale situazione infirmava la causa del mutuo stipulato, destinato a ripianare un debito parzialmente inesistente.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 2, l. n. 287/90, 1421 c.c., per aver la Corte d’appello ritenuto inammissibile l’eccezione di nullità della fideiussione perché sollevata per la prima volta nella comparsa conclusionale del giudizio d’appello, in mancanza della stessa
fideiussione che, invece, era stata prodotta nel procedimento monitorio.
Il primo motivo è inammissibile.
Il mutuo di scopo risponde alla funzione di procurare al mutuatario i mezzi economici destinati al raggiungimento di una determinata finalità, comune al finanziatore, la quale, integrando la struttura del negozio, ne amplia la causa rispetto alla sua normale consistenza, sia in relazione al profilo strutturale, perché il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo concordato, mediante l’attuazione in concreto del programma negoziale, sia in relazione al profilo funzionale, perché nel sinallagma assume rilievo essenziale proprio l’impegno del mutuatario a realizzare la prestazione attuativa. La destinazione delle somme mutuate alla finalità programmata assurge pertanto a componente imprescindibile del regolamento di interessi concordato, incidendo sulla causa del contratto fino a coinvolgere direttamente l’interesse dell’istituto finanziatore, ed è perciò l’impegno del mutuatario a realizzare tale destinazione che assume rilevanza corrispettiva, non essendo invece indispensabile che il richiamato interesse del finanziatore sia bilanciato in termini sinallagmatici, oltre che con la corresponsione della somma mutuata, anche mediante il riconoscimento di un tasso di interesse agevolato al mutuatario (Cass., n. 15929/2018).
Nella specie, la doglianza non è pertinente alla ratio decidendi , relativa alla questione del mutuo di scopo in ordine agli interessi e alle c.m.s. che sarebbero stati illegittimamente calcolati. Invero, dalla sentenza impugnata si desume che non era stata provata l’ipotesi del mutuo di scopo in quanto le parti non avevano indicato alcuna specifica destinazione delle somme erogate; ora, tale ratio non è stata attinta
dal motivo, sicché la doglianza non presenta rilievo decisivo ai fini della decisione, circa il profilo della mancanza di causa del contratto.
Il secondo motivo è inammissibile.
Le nullità negoziali che non siano state rilevate d’ufficio in primo grado sono suscettibili di tale rilievo in grado di appello o in cassazione, a condizione che i relativi fatti costitutivi siano stati ritualmente allegati dalle parti (Cass., n. 20713/23; n. 28983/13: nella specie, in relazione alla contrarietà alla normativa “antitrust” di un contratto di fideiussione “omnibus” posto a valle di intese anticoncorrenziali, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto precluso il rilievo officioso della nullità in appello, per non avere la parte interessata, nell’ambito del giudizio di primo grado, dedotto la conformità delle clausole contrattuali al modello ABI né prodotto il modello medesimo). Nel caso concreto, il ricorrente si è limitato a dedurre la tempestiva produzione del contratto di fideiussione fin dal primo grado, ma omettendo ogni allegazione circa la conformità delle clausole contrattuali al modello ABI, che invece non risulta prodotto in giudizio, così come non risulta prodotto l ‘indispensabile provvedimento della Banca d’Italia cui il ricorrente si riferisce, provvedimento che esula dall’ambito di applicazione del principio iura novit curia .
Al riguardo, va rammentato che i contratti di fideiussione « a valle » dell’intesa sanzionata dall’allora Autorità Garante, con il menzionato provvedimento n. 55 del 2005, sono stati ritenuti parzialmente nulli, nel quadro di applicazione dell’articolo 1419 c.c., dalla pronuncia delle Sezioni Unite, n. 41994/2012 (secondo la quale i contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge citata e
dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza) salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti, cioè se non risulti che senza le tre clausole i contraenti non avrebbero concluso il contratto di fideiussione.
E’ altresì sufficiente evidenziare che spetta « a chi ha interesse alla totale caducazione dell’assetto di interessi programmato l’onere di provare l’interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, mentre è precluso al giudice rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità parziale all’intero contratto » (Cass. n. 18794 del 2023).
Pertanto, è destituita di fondamento la pretesa di veder rilevata d’ufficio dal giudice la totale nullità della fideiussione, perché le parti non avrebbero concluso il contratto in mancanza delle tre clausole, senza che le parti stesse abbiano dedotto e provato siffatto assetto della loro volontà.
Passando alla questione della rilevazione officiosa della nullità parziale del contratto « a valle » dell’intesa anticoncorrenziale, nullità che nell’ottica della citata pronuncia delle Sezioni Unite, si produce di default , è agevole osservare che essa rilevazione richiede che risultino dagli atti tutte le circostanze fattuali necessarie alla sua integrazione, e cioè: i) l’esistenza del provvedimento della Banca d’Italia; ii) la natura della fideiussione, giacché il provved imento della Banca d’Italia è riferito solo ed esclusivamente alle fideiussioni omnibus , non a quelle prestate per un affare particolare, fideiussioni omnibus le quali vengono specificamente prese in considerazione per la loro attitudine, evidenziata dall’ Associazione Bancaria Italiana, quale strumento di tutela macroprudenziale del sistema bancario (l’accertamento
effettuato dall’allora Autorità Garante è stato limitato a tale tipologia di fideiussione, e solo rispetto ad essa può possedere l’efficacia probatoria privilegiata che l’ordinamento gli riconosce); iii) l’epoca di stipulazione della fideiussione, che deve essere stata stipulata entro l’ambito temporale al quale può essere riferito l’accertamento della Banca d’Italia, essendo evidente che detto accertamento, operato nel 2005, non può affatto consentire di reputare esistente, e cioè persistente, in epoca successiva il pregresso accordo anticoncorrenziale, di guisa che, in caso di compresenza delle tre clausole successivamente al 2005, l’interessato ben può dedurre e comprovare che l’intesa anticoncorrenziale c’è, ma non certo in base al provvedimento precedente, bensì offrendone altra e specifica prova; iv) il contenuto delle clausole contrattuali di cui si invoca la nullità e la loro esatta corrispondenza con quelle oggetto di esame da parte della Banca d’Italia nel provvedimento in precedenza richiamato, esa tta corrispondenza da riguardare in termini di compresenza, giacché, nella prospettiva seguita dal provvedimento n. 55, è tale compresenza delle clausole ad essere lesiva della concorrenza; v) la concreta ricaduta della nullità delle clausole contrattuali sulla sussistenza, in tutto o in parte, del debito gravante sul fideiussore, sempre che tale ricaduta possa ancora essere invocata, il che impone di rammentare, quanto alla rinuncia ai termini di cui all’articolo 1957 c.c., che, come questa Corte ha ribadito numerosissime volte, l’eccezione di estinzione della garanzia fideiussoria ha natura di eccezione propria e non di mera difesa (Cass. n. 8023/2024), di guisa che il rilievo officioso della nullità non interferisce con la eventualmente ormai consumata preclusione dell’eccezione.
Ora, nella specie è assorbente rilevare che, benché il ricorrente indichi nel ricorso le clausole della fideiussione corrispondenti allo schema ABI
ritenuto contrario alla c.d. legge antitrust dal provvedimento della Banca d’Italia (richiamando il documento contrattuale prodotto), non deduce alcunché a proposito della riferibilità della fideiussione all’intervallo temporale rilevante secondo detto provvedimento, che non ha neppure prodotto, come sarebbe stato doveroso (trattandosi di atto regolamentare per cui, non opera il principio iura novit curia ) unitamente allo schema ABI cui il medesimo fa riferimento.
Ne consegue che va data continuità alla giurisprudenza di questa Corte per cui, in relazione alla contrarietà alla normativa antitrust di un contratto di fideiussione omnibus posto a valle di intese anticoncorrenziali, è precluso il rilievo officioso della nullità in appello se la parte interessata non ha prodotto il provvedimento della Banca d’Italia ed il modello ABI cui lo stesso fa riferimento, onde documentare la conformità a detto modello delle clausole contrattuali del contratto di fideiussione, ritenuto nullo appunto in ragione di detta conformità (v. da ultimo Cass. 24380/2024, conforme a Cass. n. 20713/2023).
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 8.200,00 oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, oltre iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio in data 13 novembre 2024.