Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1170 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1170 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 2907 anno 2022 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME
rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, presso cui sono domiciliati in Catanzaro, INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME in forza di procura speciale in calce asl controricorso, presso cui è domiciliata in Catanzaro, INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro n. 1046/2021 pubblicata in data 19/07/2021, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/10/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con separati atti di citazione i signori COGNOME Rosario, NOME COGNOME e NOME COGNOME quali fideiussori della società RAGIONE_SOCIALE proponevano opposizione al decreto ingiuntivo con il quale era stato loro ingiunto, in solido il pagamento a favore di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE nella sua veste di procuratrice mandataria con rappresentanza di Intesa Sanpaolo s.p.a. della complessiva somma di euro 581.024,09, di cui euro 23.423,29 per scoperto di conto corrente, oltre interessi convenzionali nei limiti del tasso soglia, ed euro 557.600,80 per il contratto di mutuo, oltre interessi convenzionali di mora dal 21 ottobre 2008.
Il Tribunale di Catanzaro, previa ammissione di CTU con la quale veniva accertato che quanto al mutuo la somma dovuta dai fideiussori, decurtato l’importo dell’immobile già introitato dalla banca per vendita all’asta, era pari ad euro 283.240,73, mentre per il contratto di conto corrente riteneva che la somma dovuta era pari ad euro 20.486,97, accoglieva l’opposizione revocando il decreto ingiuntivo e condannando i fideiussori al pagamento in solido in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 283.240,73 nonché della somma di euro 20.486,97 come accertate in sede peritale.
I fideiussori proponevano appello avverso la sentenza di primo grado deducendo tre motivi di impugnazione.
Nel corso del giudizio gli appellanti eccepivano, altresì, la nullità derivata delle fideiussioni in quanto redatte secondo lo schema predisposto dall’Abi per violazione della legge numero 287/1990, richiamando l’orientamento della Cassazione in tema di intese restrittive della concorrenza.
– P er quanto concerne l’eccezione di nullità delle fideiussioni per pretesa violazione della legge numero 287 del 1990 la Corte distrettuale ne rilevava l’infondatezza per difetto di prova.
Ad avviso della Corte l’eccezione di nullità con specifico riguardo alle
clausole di cui agli articoli 2, 6, 7 e 8 dello schema predisposto dall’Abi recepite nella fideiussione sottoscritta dagli appellanti, non era fondata in quanto, per un verso nel corso del giudizio di primo grado e neppure con l’atto di appello era stato mai lamentato alcuno specifico pregiudizio alle libertà contrattuali dei fideiussori conseguente all’intesa restrittiva della concorrenza, dall’altro verso non era stata dimostrata la partecipazione di RAGIONE_SOCIALE a tali intese restrittive ovvero che la fideiussione stipulata rispecchiasse il contenuto di intese anticoncorrenziali.
La sentenza, quindi, veniva impugnata dalla società con ricorso per Cassazione assistito da due motivi cui la Banca ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 1421 c.c..
I ricorrenti lamentano la contraddittorietà della pronuncia, laddove ritiene che l’eccezione di nullità delle clausole è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, e purtuttavia la ritiene infondata perché basata su contestazioni non sollevate prima.
Con il secondo motivo si contesta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c..
Nel motivo si censura la affermazione della corte di appello secondo cui gli odierni ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare che RAGIONE_SOCIALE avesse aderito alle intese restrittive. Ad avviso dei ricorrenti l ‘utilizzazione del modulo contrattuale da parte dell’intermediario comporta ex sé l’adesione all’intesa con conseguente violazione della concorrenza.
Conseguentemente, l ‘ utilizzazione delle clausole vietate avrebbe dovuto comportare la declaratoria di nullità del contratto di fideiussione.
7. I motivi stante la loro connessione in termini logico giuridici vanno
trattati congiuntamente in quanto coinvolgono la tematica della nullità delle clausole con conseguente declaratoria di nullità del contratto fideiussorio.
Va al riguardo premesso che i contratti di fideiussione «a valle» di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata – perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza -, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti (Cass. Sez. un. n. 41994/2021).
Ciò detto, è però cosa nota che la rilevazione della nullità – sia pure d’ufficio – presuppone che la parte abbia tempestivamente allegato, nel corso del giudizio di merito, le circostanze fattuali tali da consentire la rilevazione medesima (v. di recente Cass. n. 16102/2024), poiché anche la rilevazione d’ufficio della nullità per violazione di norme imperative ha come condizione che i relativi presupposti di fatto, sebbene non dedotti sotto forma di eccezione della parte interessata, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie (v. ex aliis Cass. n. 4867/2024, Cass. n. 34053/2023), dal momento che il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte a proposito della rilevabilità d’ufficio delle nullità contrattuali (sentenza 26242/2014, i cui princìpi sono stati peraltro successivamente ribaditi, tra le altre, da Cass. n. 19251/2018, Cass. n. 26495/ 2019, Cass. n. 20170/2022 e Cass. n. 28377/2022) deve essere applicato tenendo presenti le regole generali del processo civile, onde evitare che l’esercizio di un potere officioso consenta alle
parti di aggirare i limiti processuali scanditi dal maturare delle preclusioni assertive ed istruttorie; in breve, la rilevazione officiosa della nullità è circoscritta alla sola valutazione in iure dei fatti già allegati e provati (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 20713/ 2023 e Cass. nn. 2607, 5038, 5478, 10712 e 19401 del 2024).
Dopodiché occorre aggiungere (secondo quanto recentemente chiarito da Cass. n. 30383 del 2024) che la rilevazione officiosa della nullità richiede che risultino dagli atti tutte le circostanze fattuali necessarie alla sua integrazione, e cioè: i) l’esistenza del provvedimento della Banca d’Italia; ii) la natura della fideiussione, giacché il provvedimento della Banca d’Italia è riferito solo ed esclusivamente alle fideiussioni omnibus , non a quelle prestate per un affare particolare, fideiussioni omnibus le quali vengono specificamente prese in considerazione per la loro attitudine, evidenziata dall’Associazione Bancaria Italiana, quale strumento di tutela macroprudenziale del sistema bancario, sicché l’accertamento effettuato dall’allora Autorità Garante è stato limitato a tale tipologia di fideiussione, e solo rispetto ad essa può possedere l’efficacia probatoria privilegiata che l’ordinamento gli riconosce; iii) l’epoca di stipulazione della fideiussione, che deve essere stata stipulata entro l’ambito temp orale al quale può essere riferito l’accertamento della Banca d’Italia, evidente essendo che detto accertamento, operato nel 2005, non può affatto consentire di reputare esistente, e cioè persistente, in epoca successiva il pregresso accordo anticoncorrenziale, di guisa che, in caso di compresenza delle tre clausole successivamente al 2005, l’interessato ben può dedurre e comprovare che l’intesa
anticoncorrenziale c’è, ma non certo in base al provvedimento precedente, bensì offrendone altra e specifica prova; iv) il contenuto delle clausole contrattuali di cui si invoca la nullità e la loro esatta corrispondenza con quelle oggetto di esame da parte della Banca d’Italia nel provvedimento in precedenza richiamato, esatta corrispondenza da riguardare, beninteso, in termini di compresenza, giacché, nella prospettiva seguita dal provvedimento n. 55, è la compresenza delle clausole ad essere lesiva della concorrenza; v) la concreta ricaduta della nullità delle clausole contrattuali sulla sussistenza, in tutto o in parte, del debito gravante sul fideiussore, sempre che tale ricaduta possa ancora essere invocata, il che impone di rammentare, quanto alla rin uncia ai termini di cui all’articolo 1957 c.c., che, come questa Corte ha ribadito numerosissime volte, l’eccezione di estinzione della garanzia fideiussoria ha natura di eccezione propria e non di mera difesa (a mero titolo di esempio Cass. n. 8023/2024), di guisa che il rilievo officioso della nullità della clausola non interferisce con la eventualmente ormai consumata preclusione dell’eccezione fondata sulla stessa.
Ebbene nella specie è assorbente rilevare che dal ricorso in cassazione non risulta né il dato temporale concernente l’epoca della stipulata la fideiussione, e tantomeno i ricorrenti specificano quale delle clausole in questione avrebbe influito sul credito fatto valere dalla banca.
6. Conseguentemente, il ricorso è da ritenersi inammissibile con conseguente condanna alle spese secondo il principio di soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna parte ricorrente al rimborso di € 8 .000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art.13, comma
1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile,