Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18085 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18085 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1295-2020 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 719/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 25/06/2019 R.G.N. 448/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/04/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME premesso di avere lavorato alle dipendenze di poste Italiane S.p.aRAGIONE_SOCIALE dall’1.6.1998 al 31.7.1998 presso la Filiale di Catania con un contratto a
Oggetto
Contratto a tempo determinato
R.G.N. 1295/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 02/04/2025
CC
termine stipulato a norma dell’art. 8 CCNL 1994 (per fare fronte alle esigenze di espletamento del servizio in concomitanza delle assenze per ferie del personale nel periodo giugno-settembre), adiva il Tribunale di Catania deducendo la nullità della clausola appositiva del termine, con richiesta di ripristino del rapporto e con il riconoscimento del risarcimento del danno.
L’adito Tribunale rigettava la domanda e la Corte di appello di Catania confermava la pronuncia di primo grado ritenendo fondata l’eccezione di risoluzione del contratto, sollevata dalla società, in virtù della inerzia mantenuta dal lavoratore per oltre cinque anni e inammissibile, siccome nuova, l’eccezione di mancata osservanza della clausola di contingentamento.
La Corte Suprema di Cassazione, con l’ordinanza n. 6813/2018, cassava la impugnata sentenza considerando insufficiente il mero decorso del tempo, in assenza di altre circostanze, a dimostrare la presunta volontà tacita di dismissione del rapporto.
La Corte di appello di Catania, quale giudice del rinvio, con la pronuncia oggi gravata, riteneva che non si ravvisassero elementi idonei per considerare risolto per il contratto per mutuo consenso; la eccezione di nullità della clausola per violazione della clausola di contingentamento era tardiva e non risultava ritualmente proposta né rilevabile ex actis ; la causale di cui all’art. 8 del CCNL 26.11.1994, per effetto della delega dell’art. 23 della legge n. 56/87 costituiva una ipotesi autonoma di contratto a termine ed era legittima, senza che fosse ipotizzabile alcun sindacato qualora fosse stato osservato il periodo di riferimento per la sostituzione per ferie ivi previsto.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME proponeva nuovo ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui la società resisteva con controricorso.
Il ricorrente depositava memoria.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denuncia la violazione ed erronea interpretazione, al caso di specie, del principio di diritto secondo cui la nullità, anche parziale, di un contratto può essere sollevata ex officio in qualsiasi grado e stato del giudizio, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, nonché, sempre ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione dell’art. 8 co. 3 del CCNL del 26.11.1994, per omessa verifica, da parte del giudice di merito, del rispetto della clausola d contingentamento in combinato disposto all’art. 1421 cod. civ. Si sostiene che la motivazione del giudice di merito, sulla ritenuta inammissibilità della richiesta di nullità del termine per il mancato rispetto della clausola di contingentamento era errata perché la relativa questione era stata prospettata nei gradi di merito e comunque rientrava nelle dedotte ipotesi di impugnativa negoziale.
Con il secondo motivo si censura la falsa, erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, riguardante la interpretazione dell’eccezione di implicita proposizione di nullità del termine di durata apposto al contratto per omessa prova del rispetto della clausola di contingentamento ex art. 8 co. 3 del CCNL 26.11.1994 in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc.
Con il terzo motivo si obietta la violazione e falsa interpretazione dell’art. 2697 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 2722 cod. civ., in ordine agli strumenti probatori idonei circa la prova del rispetto della clausola di contingentamento, sotto il profilo dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc.
Con il quarto motivo si lamenta la violazione dell’art. 8 co. 2 del CCNL 26.11.1994 nonché della legge n. 230/1962 e dell’art. 23 della legge n. 56/87, la violazione dell’art. 12 delle preleggi, la violazione dei canoni di ermeneutica di cui all’art. 1362 cc, la violazione del principio di buona fede, di trasparenza contrattuale, del diritto di abuso di posizione dominante: tutte in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc.
Il primo motivo è fondato.
La Corte territoriale ha dichiarato la inammissibilità della richiesta di nullità della clausola a termine, per violazione della clausola di contingentamento ai sensi del terzo comma dell’art. 8 CCNL 26.11.1994 (secondo cui il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine non deve essere superiore alla quota percentuale massima del 10% rispetto al numero dei lavoratori assunti a livello nazionale a tempo indeterminato) perché si trattava di una eccezione nuova, sollevata solo in appello e non sussisteva in primo grado alcuna documentazione che attestasse che la percentuale fosse stata superata.
Orbene, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la domanda di accertamento della nullità di un negozio proposta, per la prima volta, in appello è inammissibile ex art. 345, primo comma, cod. proc. civ., salva la possibilità per il giudice del gravame – obbligato comunque a rilevare di ufficio ogni possibile causa di nullità, ferma la sua necessaria indicazione alle parti ai sensi dell’art. 101, secondo comma,
cod. proc. civ. – di convertirla ed esaminarla come eccezione di nullità legittimamente formulata dall’appellante, giusta il secondo comma del citato art. 345 cpc (per tutte, Cass. Sez. Un. n. 26243/20114).
In applicazione di tale principio è stato poi precisato che il giudice d’appello ha il potere-dovere di rilevare, in via ufficiosa, la nullità del contratto, anche in difetto di un’espressa deduzione di parte o per vizi di nullità diversi da quelli denunciati nella domanda introduttiva del giudizio, sempre che detti vizi siano desumibili dagli atti ritualmente acquisiti al processo (Cass. n. 34590/2023).
Nella fattispecie in esame, avendo riguardo a tali principi di diritto, va rilevato che parte ricorrente aveva, in primo grado, dedotto la nullità del contratto precisando, tra l’altro, che la società, di fronte alla cronica esigenza di nuovi lavoratori da inserire nell’organico dell’attività di impresa a soddisfacimento del fabbisogno da tempo accertato, aveva omesso di provvedere alle necessarie assunzioni a tempo indeterminato.
Inoltre, deve evidenziarsi che, a fronte di una prospettazione di un uso contrario alle norme di legge del contratto a tempo determinato da parte di Poste Italiane S.p.a. la società, nella memoria di costituzione del giudizio di primo grado, in via istrutt oria aveva chiesto l’ammissione della prova per testi sul seguente articolo: ‘vero è che il numero dei dipendenti assunti a termine da Poste Italiane spa è inferiore al 10% del personale assunto a tempo indeterminato su base nazionale’.
Ed anche il ricorrente, nelle note autorizzate del 17.10.2008, aveva articolato prove orali tendenti a dimostrare il rispetto della suddetta percentuale.
La questione della violazione della clausola di contingentamento doveva ritenersi, pertanto, entrata nel thema probandum e decidendum della controversia e il giudice di appello, quindi, avrebbe dovuto tenere conto di tale profilo di nullità della clausola che comunque rientrava nella valutazione del rispetto delle condizioni dettate dall’art. 8 CCNL 26.11.1994 nel suo complesso, oggetto della domanda del presente giudizio.
L’eccezione di violazione della clausola di contingentamento non poteva, pertanto, ritenersi tardivamente proposta perché comunque la problematica risultava dagli atti del giudizio di primo grado e la Corte di appello, una volta superata la tesi della risoluzione tacita del rapporto di lavoro, avrebbe dovuto valutare, sulla base delle richieste istruttorie articolate o acquisibili di ufficio, la eventuale violazione dell’art. 8 del CNL 26.11.1994 anche sotto tale profilo perché incidente sul rapporto controverso.
Alla stregua di quanto esposto, il primo motivo deve essere accolto, con assorbimento della trattazione dei restanti.
La gravata sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame tenendo conto dei citati principi di diritto, ai fini di accertare, anche attraverso eventuale attività istruttoria, il rispetto della clausola di contingentamento nel contratto di lavoro a tempo determinato intercorso tra le parti e provvederà, altresì, alle determinazioni sulle spese anche del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti i restanti; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 aprile 2025