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Nullità di protezione: solo il consumatore può invocarla

Una società edile ha impugnato una decisione che rimetteva una controversia ad un arbitrato, come richiesto dal cliente consumatore, sostenendo la nullità della clausola arbitrale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la nullità di protezione è uno strumento a esclusiva tutela del consumatore e non può essere invocata dal professionista a proprio vantaggio.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Nullità di protezione: uno scudo solo per il consumatore

L’ordinanza in commento offre un importante chiarimento sul funzionamento della nullità di protezione nei contratti con i consumatori. La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale: questa forma di nullità è un’arma a esclusiva disposizione del consumatore e non può essere impugnata dal professionista per i propri fini, neanche quando la clausola in questione potrebbe essere considerata svantaggiosa per il consumatore stesso. Vediamo nel dettaglio la vicenda processuale e le ragioni di questa decisione.

I Fatti di Causa

Una società edile otteneva un decreto ingiuntivo per il pagamento del saldo di lavori eseguiti in favore di un cliente privato. Quest’ultimo, tuttavia, si opponeva al decreto sostenendo la competenza di un collegio arbitrale, in virtù di una clausola compromissoria presente nel contratto d’appalto. Il Tribunale di primo grado accoglieva l’eccezione del cliente, revocava il decreto ingiuntivo e dichiarava la propria incompetenza, rimettendo la causa agli arbitri. Secondo il Tribunale, la clausola era valida perché specificamente contrattata tra le parti e, soprattutto, perché era stato lo stesso consumatore a volerla applicare.

Il Ricorso e la questione della nullità di protezione

Contro questa decisione, la società edile proponeva ricorso in Cassazione per regolamento di competenza. La tesi della società era che la clausola compromissoria fosse vessatoria ai sensi del Codice del Consumo e, pertanto, affetta da una nullità che il giudice avrebbe dovuto rilevare. In sostanza, il professionista cercava di utilizzare una norma posta a tutela del consumatore per invalidare la scelta del consumatore stesso di ricorrere all’arbitrato e mantenere così la causa davanti al giudice ordinario.

La strategia del professionista

La società ricorrente ha tentato di capovolgere la logica della tutela consumeristica. Sostenendo la vessatorietà della clausola, mirava a far dichiarare la nullità di protezione per eludere la competenza arbitrale invocata proprio dalla parte che la legge intende proteggere. Questo poneva alla Corte una questione cruciale: può il professionista avvalersi di uno strumento di protezione pensato per la controparte contrattuale?

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, offrendo una motivazione chiara e lineare. I giudici hanno ribadito che la cosiddetta nullità di protezione, prevista dal Codice del Consumo per le clausole vessatorie, opera esclusivamente a favore del consumatore. Questo significa che solo il consumatore può eccepire la nullità di una clausola che ritiene pregiudizievole.

Il professionista, al contrario, non è legittimato a far valere questa nullità. Il principio è stato applicato al caso di specie in modo netto: sebbene il consumatore fosse la parte convenuta in giudizio (in senso sostanziale), egli ha scelto consapevolmente di avvalersi della clausola compromissoria, ritenendola evidentemente confacente ai propri interessi. Il Tribunale ha correttamente verificato la validità della clausola, concludendo che essa fosse il risultato di una specifica contrattazione.

La Corte ha specificato che il potere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità non può spingersi fino a contraddire la volontà della parte protetta. Poiché il consumatore ha deciso di far valere la clausola arbitrale, il professionista non ha alcun titolo per contestare tale scelta invocando una nullità che non è posta nel suo interesse.

Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un pilastro del diritto dei consumatori: le tutele sono unidirezionali. La nullità di protezione è uno scudo, non una spada a doppio taglio. Non può essere strumentalizzata dal professionista per perseguire i propri interessi, andando contro la volontà espressa del consumatore. Questa ordinanza conferma che la scelta del consumatore di avvalersi o meno di una clausola potenzialmente vessatoria è sovrana. Se il consumatore la ritiene vantaggiosa e decide di applicarla, il professionista non può opporsi invocando le norme nate per proteggere la controparte.

Un professionista può chiedere l’annullamento di una clausola contrattuale sostenendo che essa sia vessatoria per il consumatore?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la nullità di protezione è uno strumento posto a esclusiva tutela del consumatore. Pertanto, il professionista non è legittimato a invocarla, specialmente se è lo stesso consumatore a voler applicare quella clausola.

Cosa succede se un consumatore decide di far valere una clausola che potrebbe essere considerata nulla a sua protezione?
La scelta del consumatore prevale. Se la parte protetta dalla norma decide di avvalersi della clausola (in questo caso, quella arbitrale), la clausola diventa pienamente efficace per quella specifica controversia e il professionista non può opporsi.

La clausola arbitrale in un contratto con un consumatore è sempre valida?
Non necessariamente. Può essere considerata vessatoria e quindi nulla. Tuttavia, si tratta di una nullità ‘relativa’ o ‘di protezione’, il che significa che solo il consumatore ha il diritto di farla valere. Se non lo fa, o se addirittura ne chiede l’applicazione, la clausola è considerata valida ed efficace tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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