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Nullità di protezione: prova del fido senza contratto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2338/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di contratti bancari. La nullità di un contratto di apertura di credito per mancanza di forma scritta è una “nullità di protezione”, che può essere fatta valere solo dal cliente e non dalla banca. Di conseguenza, l’istituto di credito non può usare l’assenza del contratto per negare l’esistenza di un fido e far così scattare la prescrizione del diritto del cliente alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate. Il cliente, al contrario, ha il diritto di provare l’esistenza del fido con altri mezzi, come gli estratti conto che dimostrano una costante tolleranza allo scoperto.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Nullità di protezione: la prova del fido non richiede sempre un contratto scritto

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 2338 del 2024 affronta un tema cruciale nei rapporti tra banche e clienti: la validità e la prova di un’apertura di credito (o fido bancario). La pronuncia chiarisce che la nullità di protezione per mancanza di forma scritta del contratto non può essere usata dalla banca per danneggiare il cliente, ma serve, al contrario, a tutelarlo. Questo significa che il correntista può dimostrare l’esistenza di un fido anche in assenza di un documento formale, basandosi sul comportamento concreto tenuto dalla banca nel tempo.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce dall’opposizione di una società e dei suoi fideiussori a un decreto ingiuntivo ottenuto da un istituto di credito. Il decreto richiedeva il pagamento di un ingente importo derivante dal saldo debitore di un conto corrente, dalla restituzione di una fattura anticipata e dal rimborso di un mutuo. Gli opponenti contestavano le pretese della banca, lamentando l’erroneo calcolo degli interessi, l’addebito di commissioni illegittime e la violazione degli obblighi di buona fede. La questione centrale del contendere è diventata ben presto l’esistenza o meno di un’apertura di credito a favore della società. In assenza di un contratto scritto, la banca ne negava l’esistenza.

La Decisione della Corte d’Appello e la questione della nullità di protezione

La Corte d’Appello aveva dato ragione alla banca. I giudici di secondo grado avevano ritenuto che, in mancanza di un contratto di fido in forma scritta, non si potesse considerare esistente alcuna apertura di credito. Questa conclusione aveva una conseguenza devastante per i clienti: tutti i versamenti effettuati sul conto corrente venivano qualificati come “solutori” (cioè volti a pagare un debito esistente) e non “ripristinatori” della provvista. Di conseguenza, il termine di prescrizione decennale per chiedere la restituzione delle somme indebitamente pagate non decorreva dalla chiusura del conto, ma da ogni singolo versamento. L’azione dei clienti, per gran parte delle somme, risultava quindi prescritta.

L’Analisi della Cassazione: la Nullità di Protezione tutela il Cliente

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente questa prospettiva, accogliendo il ricorso dei fideiussori. Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione della nullità di protezione. La legge (in particolare il Testo Unico Bancario) impone la forma scritta per i contratti bancari a tutela del cliente, per garantirgli trasparenza e certezza delle condizioni. Si tratta, appunto, di una nullità posta a protezione della parte debole del rapporto.

La Suprema Corte ha chiarito che sarebbe una palese contraddizione consentire alla banca – la parte che aveva l’obbligo di redigere il contratto per iscritto – di avvalersi della propria omissione per danneggiare il cliente. La banca non può affermare “il contratto è nullo perché non l’ho scritto, quindi il fido non esiste” per far scattare la prescrizione a suo favore. La nullità può essere invocata solo dal cliente, se nel suo interesse.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Cassazione sono lineari e garantiste. Se la nullità di protezione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice quando ciò va contro l’interesse del cliente, a maggior ragione non può essere eccepita dalla banca per trarne un vantaggio. Impedire al cliente di provare l’esistenza di un affidamento con mezzi diversi dal contratto scritto (come gli estratti conto che mostrano una tolleranza sistematica agli scoperti, le segnalazioni in Centrale Rischi o i libri fidi) significherebbe vanificare lo scopo protettivo della norma.

La Corte ha quindi affermato che, non essendo la nullità rilevabile contro l’interesse del cliente, quest’ultimo ha pieno diritto di dimostrare l’esistenza di un accordo di fatto per l’utilizzo di somme eccedenti la disponibilità sul conto. Se tale prova viene fornita, le rimesse sul conto assumono natura ripristinatoria e il termine di prescrizione per l’azione di ripetizione dell’indebito decorre solo dalla data di chiusura del rapporto, consentendo al cliente di recuperare tutte le somme illegittimamente addebitate nell’ultimo decennio.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza in modo significativo la posizione dei correntisti nei contenziosi bancari. Il principio sancito è chiaro: la forma scritta è una garanzia per il cliente, non una trappola. Un istituto di credito che per anni ha di fatto concesso e tollerato scoperti di conto non può, in un secondo momento, negare l’esistenza di un fido appellandosi alla mancanza di un documento formale. I clienti possono e devono utilizzare ogni elemento probatorio a loro disposizione per dimostrare la realtà sostanziale del rapporto. Questa decisione apre la strada a un più equo bilanciamento degli interessi in gioco, impedendo che un onere formale, posto a carico della parte forte, si ritorca contro la parte debole che la legge intendeva proteggere.

Una banca può usare la mancanza di un contratto scritto per negare l’esistenza di un fido e far prescrivere il diritto del cliente alla restituzione di somme?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la nullità per mancanza di forma scritta è una “nullità di protezione” che solo il cliente può far valere. La banca non può invocarla a proprio vantaggio per negare l’esistenza del fido e accelerare la prescrizione del diritto del cliente.

Come può un cliente dimostrare l’esistenza di un’apertura di credito se non possiede un contratto scritto?
Il cliente può utilizzare mezzi di prova alternativi al documento contrattuale. Tra questi vi sono gli estratti conto che dimostrano il reiterato adempimento da parte della banca a ordini di pagamento in assenza di provvista, le risultanze del libro fidi, o le segnalazioni alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia.

Cosa significa che la nullità del contratto bancario per difetto di forma è una “nullità di protezione”?
Significa che questa forma di invalidità è stata introdotta dalla legge non per un interesse generale, ma per proteggere specificamente la parte più debole del rapporto, ovvero il cliente. Di conseguenza, solo il cliente può decidere se avvalersene o meno, a seconda che la declaratoria di nullità risponda al suo interesse concreto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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