Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27708 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27708 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29661/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato AVV_NOTAIO;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE
– intimati –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 1986/2020 depositata il 20/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/10/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Velletri, ritenuta tardiva l’eccezione, proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, di prescrizione dell’azione di annullamento proposta da NOME COGNOME dichiarava l’annullamento del contratto preliminare nei confronti di NOME COGNOME e risolto per inadempimento il medesimo contratto nei confronti degli altri due convenuti NOME COGNOME, NOME COGNOME che condannava alla restituzione del prezzo in favore della società attrice di cui rigettava la domanda di risarcimento del danno ulteriore.
La sentenza veniva appellata in via principale o incidentale da tutte le parti, tranne NOME COGNOME.
La Corte di Appello di Roma, accoglieva l’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE, dichiarava estinta per prescrizione l’azione di annullamento del preliminare proposta da NOME COGNOME, assorbito l’appello principale di NOME COGNOME e inammissibile l’appello incidentale di NOME COGNOME, sul presupposto che la domanda da questi proposta in sede di appello, ovvero che il solo NOME COGNOME venisse condannato alla restituzione del prezzo, fosse nuova.
La sentenza d’appello veniva impugnata per cassazione in via principale da NOME COGNOME e in via incidentale da NOME COGNOME.
La Corte di Cassazione accoglieva il quarto motivo del ricorso principale con il quale la COGNOME denunciava che l’azione di
annullamento era stata dichiarata prescritta nonostante la relativa eccezione fosse stata sollevata da RAGIONE_SOCIALE soltanto con la comparsa conclusionale e, quindi, tardivamente, ritenendo assorbiti gli altri motivi, “in quanto il giudice di rinvio dovrà tornare a valutare ex novo le conseguenze dell’ annullamento del contratto preliminare”; accoglieva il ricorso incidentale del COGNOME, rilevando che il medesimo aveva fin dal primo grado contestato la domanda restitutoria proposta nei suoi confronti negando ogni addebito, senza che l’aggiunta del nominativo del reale obbligato mutasse la natura o il contenuto dell’eccezione di inesistenza del debito, tempestivamente sollevata.
A seguito della cassazione della sentenza di appello il processo veniva tempestivamente riassunto dal COGNOME e dalla COGNOME, con distinti atti di citazione, notificati alle controparti, tra cui gli eredi di COGNOME NOME (nel frattempo deceduto), COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Il COGNOME chiedeva che, in accoglimento della domanda svolta nella comparsa di costituzione con appello incidentale e in prime cure, che il COGNOME fosse condannato in via esclusiva alla restituzione del prezzo versato da RAGIONE_SOCIALE di ammontare pari a € 192.052,24, oltre interessi come stabiliti nella sentenza di primo grado, con esclusione di qualsiasi condanna restitutoria a suo carico.
La COGNOME chiedeva l’ accoglimento della propria domanda riconvenzionale diretta ad ottenere l’annullamento ex art. 184 c.c. del contratto preliminare in oggetto, condannando il COGNOME e il COGNOME al risarcimento dei danni subiti per tutti i titoli dedotti.
Entrambi gli attori in riassunzione chiedevano la revoca del sequestro conservativo concesso nel corso del giudizio di primo grado con provvedimento del 12.12.1992 (trascritto l’11.3.1992 a Roma 2, al n. NUMERO_DOCUMENTO R.NUMERO_DOCUMENTO. e al n. NUMERO_DOCUMENTO RNUMERO_DOCUMENTOP.), la condanna alla rifusione delle spese di lite, anche del giudizio di legittimità, e l’ordine al competente Conservatore di trascrivere l’ emananda sentenza, ivi compresa la revoca del disposto sequestro.
La Corte d’Appello di Roma , nel giudizio di rinvio, accoglieva l’appello principale proposto da COGNOME NOME e, in riforma della sentenza del Tribunale di Velletri, dichiarava inefficace il sequestro conservativo autorizzato dal giudice in corso di causa con provvedimento del 12.12.1992 in favore di RAGIONE_SOCIALE e in danno della RAGIONE_SOCIALE, limitatamente alla quota dei beni di proprietà di quest’ultima, e ordinava al Conservatore dei RR.II. di Roma di procedere alla cancellazione della relativa trascrizione, rigettava la domanda di risarcimento del danno avanzata da COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, rigettava l’appello incidentale proposto da COGNOME NOME, condannava COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE e gli eredi di COGNOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (in proporzione delle rispettive quote ereditarie), in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite in favore di COGNOME NOME.
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un motivo di ricorso.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso e in prossimità dell’udienza ha insist ito nelle sue richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza e del procedimento in relazione agli articoli 148, 141, 139 e 160 c.p.c.: inesistenza e nullità della notificazione dell’atto di citazione di appello in relazione al giudizio di appello numero R.G. 6791/2005 proposto da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME.
I ricorrenti eccepiscono l’inesistenza della notifica della citazione in appello del giudizio concluso con la sentenza numero 39030 del 2012 poi oggetto di cassazione con rinvio da parte di questa Corte. Nella relata di notifica, in violazione delle norme citate in rubrica, non era indicato il soggetto che avrebbe ricevuto l’atto e mancherebbe anche l’indicazione del luogo ove la stessa era stata effettivamente eseguita . L’atto di appello , dunque, non sarebbe stato mai notificato a NOME COGNOME, che infatti non si è mai costituito nel giudizio di appello né in quello successivo.
La notifica, dunque, sarebbe inesistente per mancanza materiale dell’atto e in mancanza di un’attività avente gli elementi costitutivi essenziali a rendere riconoscibile un atto come notificazione. Sarebbe errata, dunque, la dichiarazione di contumacia di COGNOME NOME fatta dalla C orte d’appello i n data 10 luglio 2006 nel verbale di udienza e a causa di tale errore tutte le successive fasi e gradi di giudizio sarebbero viziati dall’inesistenza o nullità della suddetta notifica.
1.1 L’unico motivo di ricorso è inammissibile.
La asserita nullità della notifica a NOME COGNOME dell’atto di citazione del primo giudizio di appello avrebbe dovuto essere
eccepita nel giudizio di cassazione allorché egli ebbe regolare notifica del ricorso di NOME COGNOME e rimase contumace.
Inoltre, neanche nel successivo giudizio di rinvio dinanzi la Corte d’Appello di Roma si sono costituiti in giudizio gli eredi di NOME COGNOME pur se regolarmente citati in riassunzione sicché la questione circa la regolarità della notifica della citazione nel primo giudizio di appello è inammissibile.
Deve ribadirsi che: I vizi sia della sentenza in sé considerata sia degli atti processuali antecedenti si convertono in motivi di gravame e debbono essere fatti valere nei limiti e secondo le regole proprie dei vari mezzi di impugnazione. Quando si tratti di sentenza appellabile detti vizi devono essere censurati con l’atto di appello, non essendo deducibili motivi nuovi nel corso del giudizio, così che la mancata denuncia di detta nullità in sede di gravame comporta l’impossibilità di rilevarla e, in definitiva, la sua sanatoria (Sez. 2, Ordinanza n. 14434 del 27/05/2019, Rv. 654049 – 01).
Inoltre, deve darsi continuità anche al seguente principio di diritto: La nullità della citazione introduttiva del processo di primo grado che non sia stata fatta valere, nel giudizio di secondo grado, dall’appellato rimasto contumace, non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, essendo ormai preclusa ogni indagine sulla sussistenza del dedotto vizio di nullità della sentenza di primo grado, atteso che la regola del rilievo d’ufficio delle nullità in caso di contumacia, prevista dall’art. 164, comma 1, c.p.c., si riferisce unicamente alla citazione introduttiva del grado di giudizio in atto e non anche a quella introduttiva del grado precedente, in virtù dello sbarramento conseguente alla regola della conversione dei
motivi di nullità in motivi di impugnazione di cui all’art. 161 c.p.c. (Sez. 3 – , Ordinanza n. 30485 del 18/10/2022, Rv. 666051 – 01)
Infine, come ulteriore ragione di inammissibilità deve farsi riferimento alle peculiari regole del giudizio di rinvio, nel quale, trattandosi di un procedimento chiuso, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, onde neppure le questioni rilevabili d’ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema possono essere dedotte o comunque esaminate, giacché, diversamente, si finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità (Sez. 2 – , Ordinanza n. 24357 del 10/08/2023, Rv. 668914 – 01).
1.2 Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte
contro
ricorrente, che liquida in euro 7000, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione