Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33320 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33320 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
Oggetto
Prova civile – Consulenza tecnica – Consulente d’ufficio – Attività – Comunicazioni alle parti Operazioni peritali – Fattispecie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17299/2022 R.G. proposto da Schwienbacher NOME COGNOME, rappresentato e difeso da sé stesso (p.e.c. indicata: EMAIL);
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOMEp.e.c. indicata: EMAIL;
-controricorrente -avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trento , Sezione distaccata di Bolzano, n. 86/2022, depositata in data 14 maggio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 novembre
2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Nel corso di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo a compensi professionali pretesi dall’Avv. NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME nel quale quest’ultimo aveva eccepito l’inesistenza del credito per avervi l’opposto rinunciato ed aveva prodotto a supporto dichiarazioni in tal senso a firma dello stesso , essendo stata verificata, all’esito di c.t.u., l’autenticità delle sottoscrizioni , l’opposto propose querela di falso incidentale che, essendo stata ammessa, con conseguente sospensione del giudizio a quo , diede luogo a separato procedimento davanti al Tribunale di Bolzano, concluso, sulla scorta delle risultanze di nuova consulenza, con sentenza n. 922 del 2019 di rigetto della querela.
Con sentenza n. 86/2022, resa pubblica il 14 maggio 2022, la Corte d’Appello di Trento , Sezione distaccata di Bolzano, ha confermato tale decisione condannando l’appellante alle spese del grado.
Avverso tale sentenza, l’Avv. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste l’intimato depositando controricorso.
È stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente dare atto della ritualità dell’instaurazione del contraddittorio anche nei confronti del P.M..
Al riguardo converrà rammentare che, ai sensi dell’art. 221 cod. proc. civ., nei giudizi introdotti con querela di falso (come quello in esame), è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero (art. 221,
ultimo comma, in relazione all’art. 70, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.).
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, l’integrazione del contraddittorio in sede d’impugnazione, nei confronti del pubblico ministero presso il giudice a quo , non si rende necessaria in tutte le controversie in cui ne sia contemplato l’intervento, bensì soltanto in quelle nelle quali detto pubblico ministero sia titolare del potere di proporre impugnazione (trattandosi di cause che lui stesso avrebbe potuto promuovere o per le quali comunque sia previsto tale potere ai sensi dell’art. 72 cod. proc. civ.), mentre nelle altre ipotesi (come nel caso di specie), le funzioni di pubblico ministero, in quanto non includono l’autonoma facoltà di impugnazione, vengono a identificarsi con quelle che svolge il procuratore generale presso il giudice ad quem , e restano quindi assicurate dalla comunicazione o trasmissione degli atti a quest’ultimo (a norma degli artt. 71 cod. proc. civ., e, per il giudizio di cassazione, 137 disp. att. cod. proc. civ.) (Cass. Sez. U, del 08/05/1986, n. 3078; v., con specifico riguardo all’ipotesi della querela di falso, Cass. Sez. U. 14/01/1987, n. 184; Cass. 05/02/2019, n. 3256; 28/12/2021, n. 41796).
Nel caso di specie, essendo stato il ricorso avviato alla trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., l’adempimento predetto deve ritenersi soddisfatto attraverso la comunicazione del decreto di fissazione del ricorso in camera di consiglio per tale rito prevista (e nella specie eseguita) non solo alle parti ma anche al P.M. per le sue conclusioni, ai sensi del primo periodo di detta disposizione.
Con il primo motivo ─ rubricato « nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 194, comma 2, cod. proc. civ. e dell ‘ art. 90, comma 1, delle disposizioni di attuazione del cod. proc. civ., art. 156, commi primo e secondo, art. 157 cod. proc. civ.,
nonché dell ‘ art. 24, comma secondo, e art. 111, commi primo e secondo, della Costituzione » ─ il ricorrente si duole del rigetto del motivo di appello con il quale egli aveva reiterato l’eccezione di nullità della c.t.u. per essere stata questa ‘elaborata’ dall’a usiliario del c.t.u., prof. NOME COGNOME con il consenso del consulente tecnico d’ufficio, prof.ssa COGNOME « in assoluta solitudine » già prima dell ‘ incontro fissato per l ‘ inizio delle operazioni peritali in data 27 febbraio 2019, con conseguente violazione del contraddittorio e del diritto di difesa.
Il ricorrente contesta la valutazione sul punto espressa in sentenza ─ secondo cui si è trattato di « attività meramente organizzativa e propedeutica finalizzata a sottoporre all’ausiliario i termini dell’indagine peritale ed indirizzata alla ricerca di idonea struttura provvista di attrezzature tecniche adatte all’indagine peritale » ─ osservando che « la realtà è un’altra » come dimostrerebbe il verbale dell ‘ incontro di data 27 febbraio 2019, da esso emergendo che la c.t.u. e il suo ausiliario, proprio in quell ‘ occasione, presentarono l’esito già pronto degli svolti accertamenti secondo il quale: « non ci sono frammenti di toner sovrapposti al tracciato grafico della firma manoscritta ».
Soggiunge che, peraltro, dopo l ‘ incontro « sfortunato » del 27 febbraio 2019, i suoi consulenti di parte non erano più stati contattati nonostante le documentate richieste inviate via e-mail di data 15 17/03/2019, ignorate e nemmeno menzionate nell ‘ impugnata sentenza (censura, questa, poi ripresa nel secondo motivo).
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia « nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 194, secondo comma, cod. proc. civ. e dell ‘ art. 90, comma 1, delle disposizioni di attuazione del cod. proc. civ., art. 156, commi primo e secondo, cod. proc. civ., art. 24, comma secondo, e art. 111, commi primo e secondo, della Costituzione in relazione all ‘ art. 360, primo comma,
nn. 3 e 4, cod. proc. civ., per violazione del diritto di difesa » per avere la Corte d’appello ignorato le richieste inviate con e-mail del 15 e del 17 marzo 2019 dirette ad ottenere, invano, informazioni sulla prosecuzione delle indagini peritali.
Con il terzo motivo, infine, il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti per avere la Corte territoriale ignorato sia la confessata incompetenza professionale della c.t.u., prof.ssa COGNOME COGNOME sia quella descritta nella scheda personale dell ‘a NOME NOME COGNOME professore di chimica industriale, siccome esperto -secondo la sua personale scheda professionale -in tema di stupefacenti, sostanze esplosive ed infiammabili.
La prima delle censure svolte con il primo motivo è inammissibile.
Come riconosce lo stesso ricorrente, la Corte d’appello esclude apertamente che dai verbali delle operazioni di consulenza e, in particolare, da quello relativo al primo incontro con le parti del 27 febbraio 2019 emerga evidenza del fatto che le operazioni peritali (e, segnatamente, l’indagine volta a verificare l’esistenza di frammenti di toner sovrapposti al tracciato grafico della firma manoscritta) fossero state già compiute dall’ausiliario del c.t.u., in presenza o meno di quest’ultimo, ma senza il contraddittorio delle parti e dei loro consulenti, prima della data fissata per l’inizio delle operazioni medesime (vds. in particolare pag. 17 della sentenza, dove si afferma apertis verbis che « risulta dal verbale delle operazioni peritali del 27/02/2019 che in quella sede l’Ausiliario prof. COGNOME ha esaminato l’intero tracciato grafico di entrambe le firme con obiettivi 20x e 50x in luce riflessa episcopica cercando frammenti di toner non pigmentati da inchiostro da manoscrittura, non rilevandone alcuna. Risulta
inoltre che l’Ausiliario ha chiesto ai CCTTPP se intendevano segnalare eventuali dettagli del documento da esaminare ed in particolare se vi siano punti del tracciato grafico delle firme che, a parere dei CCTTPP riportino frammenti di toner non inchiostrati. Senonché i consulenti di parte querelante hanno ritenuto di non dover rispondere all’ausiliario »).
L’assunto contrario, nel che si sostanzia la censura, è affidato alla mera oppositiva affermazione secondo cui quanto dedotto emerg erebbe chiaramente dal verbale dell’incontro del 27 febbraio 2019.
Una critica siffatta è però inammissibile, non essendo supportata dalla specifica indicazione del contenuto del menzionato verbale né dalla sua necessaria localizzazione nel fascicolo processuale, in palese violazione degli oneri al riguardo imposti alla parte dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ..
Giova al riguardo rammentare che, in ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale, il Giudice di legittimità è bensì investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché però la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito e, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. Sez. U. 22/05/2012, n. 8077).
Per la seconda censura valga quanto qui appresso rilevato con riferimento al secondo motivo.
6. Tale motivo è parimenti inammissibile.
Anche in tal caso il ricorrente omette di indicare specificamente il contenuto degli atti richiamati e di precisare, in assolvimento dell’onere di cui all’art. 369 n. 4 cod. proc. civ., se e dove tali documenti siano stati richiamati e prodotti nel giudizio di merito e
dove essi siano reperibili nel fascicolo di causa.
Inoltre, la critica non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che ha escluso l’esistenza di « ulteriori » operazioni peritali non comunicate alle parti o ai loro consulenti (v. sentenza, par. 5, pag. 5: « non è dato comprendere a quali incontri successivi a quello del 27/02/2019 l’appellante si riferisca », ed ancora, pag. 6: « In realtà, come si evince dallo stesso testo della sentenza gravata, le indagini cui si riferisce la sentenza del Tribunale sono quelle svolte in questo procedimento incidentale alla presenza dei ctp e sono “ulteriori’ rispetto alle indagini svolte dalla medesima consulente d’ufficio nel procedimento principale le mosse dalla di merito »).
Il terzo motivo è inammissibile, per la preclusione che deriva -ai sensi dell’art. 348 -ter , ultimo comma, cod. proc. civ. -dall’avere la Corte d’appello deciso in modo conforme alla sentenza di primo grado (c.d. doppia conforme), non avendo il ricorrente assolto l’onere in tal caso su di essi gravante di indicare le ragioni di fatto della decisione di primo grado ed in cosa queste si differenziavano da quelle poste a fondamento della decisione di appello (v. Cass. 28/02/2023, n. 5947; 15/03/2022, n. 8320; 06/08/2019, n. 20994; n. 22/12/2016, n. 26774).
Pur diversamente qualificando la censura -nell’esercizio del potere/dovere di autonoma qualificazione della stessa spettante alla Corte (v. Cass. Sez. U. 24/07/2013, n. 17931) ─ come diretta a denunciare un ipotizzato error in procedendo , in ipotesi consistito nella nomina di un consulente privo delle necessarie competenze, ne andrebbe ugualmente predicata l’inammissibilità.
Le contestazioni al riguardo mosse dall’odierno ricorrente, diversamente da quanto postulato in ricorso, sono state
espressamente valutate dalla Corte d’appello e giudicate del tutto vaghe e prive di consistenza, oltre che «dal punto di vista tecnico nella maniera più assoluta prive di fondamento» (v. sentenza, pag. 19)
La reiterazione delle medesime critiche è in questa sede inammissibile.
La scelta del consulente tecnico è affidata, infatti, al potere discrezionale del giudice, il cui esercizio rimane insindacabile in Cassazione, non essendo in sé regolata da stringenti criteri normativi, tanto meno stabiliti a pena di nullità, che riguardino la valutazione delle competenze del professionista officiato (salvo che per la materia della responsabilità sanitaria , con l’ art. 15 l. n. 24 del 2017).
La scelta inadeguata potrà risolversi in motivo di censura in cassazione solo se e in quanto si rifletta nella ricognizione della fattispecie concreta, nei limiti in cui un tale sindacato è oggi consentito ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ..
In ogni caso, va rammentato che l’eventuale nullità della consulenza tecnica è soggetta al regime di cui all’art. 157 cod. proc. civ., avendo carattere relativo, con la conseguenza che il difetto deve ritenersi sanato se non è fatto valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione del consulente (v. Cass. 21/08/2018, n. 20829; 15/06/2018, n. 15747; 31/01/2013, n. 2251; 15/04/2002, n. 5422; 14/08/1999, n. 8659; 24/06/1984, n. 3743).
Nel caso di specie non è nemmeno allegato che sulla inadeguatezza della c.t.u., e poi dell’ausiliario di cui essa fu autorizzata ad avvalersi, fosse stata sollevata obiezione nella prima difesa successiva ai relativi provvedimenti.
Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese processuali, liquidate come da
dispositivo.
10. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.100 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P .R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza