Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28026 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 28026  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3599/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
 avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  ROMA  n.  5232/2021 depositata il 15/07/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del  09/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Nel  2015  il  Tribunale  di  Roma  ha  accolto  la  domanda proposta  dal  RAGIONE_SOCIALE  in  liquidazione (dichiarato il 31.3.2004) per la declaratoria di inefficacia ex art. 44 l.fall.  dei  pagamenti  effettuati  nell’anno  2007  a  RAGIONE_SOCIALE da  parte di RAGIONE_SOCIALE,  con  condanna  di  quest’ultima, rimasta  contumace,  a  versare  la  somma  di  €  126.240,00  oltre interessi alla curatela fallimentare.
1.1. –RAGIONE_SOCIALE  ha  proposto  appello  deducendo  la nullità  della  sentenza  di  primo  grado,  per  il  mancato  rispetto  dei termini  a  comparire,  e  l’infondatezza  della  domanda,  stante  la buona fede e non consapevolezza del proprio legale rappresentante circa l’avvenuta dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE al tempo in cui aveva effettuato i pagamenti contestati.
1.2. -La Corte di appello di Roma ha dichiarato la nullità del giudizio di primo grado stante la nullità della citazione per mancato rispetto  dei  termini  a  comparire,  ma, non  rientrando  l’ipotesi  tra quelle  tassative  di  regressione  del  processo,  ex  artt.  353  e  354 c.p.c., ha deciso la causa nel merito, dichiarando l’inefficacia ex art. 44 l.fall. dei pagamenti ricevuti dalla società già dichiarata fallita.
–RAGIONE_SOCIALE  ha  proposto  ricorso  per  cassazione affidato a due motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo si denunzia ‘ errata interpretazione e falsa applicazione degli artt. 162, 163, 163-bis c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° co.,n. 3) e n. 4) c.p.c .’ poiché la corte d’appello, dopo aver rilevato la nullità del giudizio di primo grado per inosservanza del termine a comparire ex art. 163-bis c.p.c., «ha trattenuto la causa in decisione, pronunciandosi nel merito, senza previa remissione in termini e ammissione dell’Appellante – odierna Ricorrente ad esercitare in grado di appello tutte le attività difensive ed istruttorie che avrebbe potuto svolgere in primo grado se il processo si fosse ritualmente instaurato e svolto».
2.2. -Con il secondo mezzo si lamenta ‘ errata interpretazione e falsa applicazione degli artt. 42, 4 e 46 legge fallimentare in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3), c.p.c .’, per avere il Giudice di secondo grado dichiarato l’inefficacia ex art. 44 l.fall. dei pagamenti effettuati «in favore del fallito per titoli sorti dopo la dichiarazione di fallimento e collegati ad una nuova attività di quest’ultimo, in assenza di eventuale decreto ex art. 46, ultimo comma, l.fall., condannando l’odierna ricorrente a versare le predette somme (già corrisposte al fallito) al RAGIONE_SOCIALE ed escludendo la possibilità di acquisirle presso il fallito».
-Entrambi  i  motivi  sono  inammissibili,  anche  ai  sensi dell’art. 360 -bis c.p.c.
-Difetta  innanzitutto  di  autosufficienza  il  primo  mezzo, con cui si lamenta che la corte d’appello, pur escludendo correttamente la rimessione della causa al tribunale, ex artt. 353 e 354 c.p.c., tuttavia, senza disporre la rinnovazione degli atti nulli e decidendo direttamente la causa nel merito, non avrebbe consentito  all’appellante  «lo  svolgimento  delle  attività  precluse dalla  dichiarata  nullità,  con  conseguente  grave  menomazione  del diritto di difesa della stessa».
Sul punto l’indirizzo nomofilattico è solido.
4.1. -Nel 2022 le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, nel caso di nullità della citazione di primo grado per vizi inerenti alla “vocatio in ius” (esattamente come nella specie, per inosservanza del termine a comparire), ove il vizio non sia stato rilevato dal giudice ai sensi dell’art. 164 c.p.c., né sanato dalla costituzione del convenuto, e il processo sia proseguito, alla deduzione della nullità come motivo di gravame -da proporre unitamente alla contestazione del merito (cfr. Cass. Sez. U, 36596/2021) -consegue che il giudice di appello, non ricorrendo un’ipotesi di rimessione della causa al primo giudice, deve ordinare, in quanto possibile, la rinnovazione degli atti compiuti nel grado precedente (posto che l’appello sana la nullità della citazione ma non degli atti successivi), senza che la rinnovazione degli atti nulli ordinata dal giudice comporti ex sé la rimessione in termini dell’appellante, già dichiarato contumace, nello svolgimento delle
attività difensive impedite dalla mancata instaurazione del contraddittorio,  essendo  suo  onere  chiedere  di  essere  rimesso  in termini per il compimento delle attività precluse, se dimostra che la nullità  della  citazione  gli  ha  impedito  di  avere  conoscenza  del processo, ai sensi dell’art. 294 c.p.c. (Cass. Sez. U, 2258/2022).
4.2. -In  particolare,  il  massimo  organo  nomofilattico  ha scisso ogni ipotizzata corrispondenza biunivoca tra rinnovazione e rimessione in termini per nullità dell’atto introduttivo.
Infatti, la rinnovazione degli atti nulli espletati in primo grado, «dipendenti dalla nullità della citazione, mediante ripetizione degli stessi nel contraddittorio delle parti», ha lo scopo di «riattribuire al contumace i poteri difensivi inesercitati ma non soggetti a preclusione». E quindi, ad esempio, la rinnovazione di una prova «si esaurisce nella nuova assunzione della stessa conformemente all’originaria allegazione del deducente, ostando la declaratoria di nullità al verificarsi di preclusioni o decadenze in dipendenza della iniziale assunzione, ma senza che in occasione della rinnovazione possa essere introdotta dalla controparte una prova contraria».
La rimessione in termini, invece, è «rimedio che riammette la parte all’esercizio di attività soggette a preclusione (quali, indicativamente,  quelle  di  cui  agli  artt.  38,  167  e  183  c.p.c.),  e però  impone  che  la  nullità della citazione abbia impedito  al convenuto di avere conoscenza del processo».
Di conseguenza, quando la nullità della citazione dedotta dall’appellante rimasto contumace in primo grado, dipende dall’inosservanza dei termini a comparire (o dell’avvertimento previsto dal n. 7) dell’art. 163 c.p.c.), «la rimessione in termini per le attività che gli sarebbero precluse, ai sensi dell’art. 294 c.p.c., resta, di regola, impedita dall’avvenuta conoscenza materiale dell’esistenza del processo, a differenza di quanto accade in ipotesi di omissione o assoluta incertezza del giudice adito», fatte salve «le ipotesi limite in cui tale conoscenza materiale del processo in capo al convenuto sia avvenuta in tempo comunque non utile a consentirgli una fruttuosa costituzione» (nel caso in esame risulta invece che la notifica dell’atto di citazione si è perfezionata il 5.1.2015 e la prima udienza si è celebrata l’8.4.2015).
La ratio di questa conclusione riposa su «un’interpretazione orientata all’effettività del diritto di difesa e alla ragionevole durata del processo», volendosi escludere che dalla nullità della citazione -cui non segue la rimessione al primo giudice -«discenda la necessaria rimessione in termini del contumace appellante, perché ciò, come si avverte anche in dottrina, comporterebbe un ‘premio’ per lo stesso, sebbene egli abbia avuto cognizione del processo ed avrebbe perciò potuto comunque costituirsi sin dalla prima udienza, mentre ha preferito attendere l’intero decorso del giudizio di primo grado per poi spiegare gravame».
4.3. -Anche successivamente si è detto che, in ipotesi di nullità della citazione di primo grado per inosservanza dei termini a comparire o per mancanza dell’avvertimento ex art. 163, n. 7, c.p.c., la rimessione in termini, per le attività che al convenuto contumace in primo grado sarebbero precluse, è impedita dall’avvenuta conoscenza materiale dell’esistenza del processo, salvo che il convenuto ne sia venuto a conoscenza in tempo non utile a consentirgli una fruttuosa costituzione, ciò al fine di scoraggiare strategie difensive dilatorie finalizzate alla ripetizione dell’intero processo in sede di appello, spiegando difese oramai precluse (Cass. 19265/2023).
Inoltre, affinché in sede di appello si debba consentire lo svolgimento di tutte le attività processuali, comprese quelle afferenti  all’istruzione  probatoria,  che  siano  state  precluse  alla parte per non essersi potuta costituire nel processo di primo grado, a causa del suddetto vizio di nullità, occorre che la parte stessa ne abbia fatto richiesta (Cass. 30969/2023).
4.4. -Ebbene, nel caso in esame il ricorrente non indica quali fossero  gli  atti  nulli  da  rinnovare  (a  fronte  di  una  decisione  di merito  apparentemente  fondata  su  prove  documentali),  né  se  e quando abbia chiesto la rimessione in termini.
-Il secondo mezzo  è invece inammissibile perché introduce  in  sede  di  legittimità  una  questione  nuova,  che  non risulta  trattata  dinanzi  al  giudice a  quo ,  e  cioè  che,  trattandosi asseritamente di pagamenti ricevuti dal fallito per titoli sorti dopo la  dichiarazione  di  fallimento  e  collegati  ad  una  sua  successiva
attività, la disciplina applicata dell’art. 44, comma 2, l.fall. avrebbe dovuto  essere  coordinata  con  le  disposizioni  dettate  dall’art.  42, comma 4, e dall’art. 46, comma 1, n. 2, l.fall., con la conseguenza che «il corrispettivo pagato al fallito per una attività da lui svolta dopo  la  dichiarazione  di  fallimento  non  può  essere  acquisito  per intero, ma soltanto dopo la deduzione delle passività incontrate dal fallito per generare il corrispettivo in questione».
La novità della questione esime da ogni approfondimento, rendendo palese l’inammissibilità della censura.
-Alla  inammissibilità  del  ricorso  segue  la  condanna  alle spese, liquidate in dispositivo.
-Sussistono i presupposti per il cd.  raddoppio del contributo unificato (Cass. Sez. U, 20867/2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per  compensi,  oltre  alle  spese  forfettarie  nella  misura  del  15  per cento,  agli  esborsi  liquidati  in  Euro  200,00  ed  agli  accessori  di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 09/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME