Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6823 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6823 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
Oggetto: Consumatore -Opposizione a d.i. – Intimazione di pagamento Canone Rai.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21700/2023 R.G. proposto da
COGNOME, titolare della impresa individuale RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘ , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso, con domicilio eletto in ROMA, INDIRIZZO presso lo Studio dell’Avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL, EMAIL);
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso, ex lege domiciliato in ROMA presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (pec: EMAIL;
-controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Padova n. 523/2023, pubblicata il 20 marzo 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 novembre 2024 dalla Consigliera dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
Il Giudice di pace di Padova con sentenza n. 413/2021 aveva accolto l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dallo stesso Giudice di pace, proposta da NOME COGNOME, revocando il decreto ingiuntivo n. 126/2020 con cui l’impresa individuale ‘RAGIONE_SOCIALE gli aveva ingiunto il pagamento di complessivi euro 1.275,91 (di cui euro 1.047,00, a titolo di canoni scaduti e non pagati relativi all’abbonamento pay tv sottoscritto dal COGNOME in data 15/3/2005, oltre all’aumento IVA per euro 114,21, euro 100,00 a titolo di penale contrattuale applicata al COGNOME per la mancata restituzione della smartcard relativa al citato abbonamento ed euro 14,70 per rimborso di spese postali).
Il G iudice di prime cure, accertata l’assenza del requisito essenziale dell’oggetto del contratto in quanto privo della indicazione del prezzo dell’abbonamento, ne aveva dichiarato la nullità ai sensi dell’art. 1418 c.c., revocando il decreto ingiuntivo opposto; aveva inoltre rilevato la vessatorietà delle clausole contrattuali in quanto tutte espressione di un significativo squilibrio del sinallagma contrattuale in pregiudizio del consumatore ed infine, aveva rigettato la domanda riconvenzionale della Digital shop di pagamento degli interessi moratori convenzionali, la cui previsione contrattuale era stata ritenuta parimenti vessatoria.
Avverso la sentenza di prime cure, la RAGIONE_SOCIALE propose appello che fu rigettato dal Tribunale di Padova, nella contumacia dell’appellato , con la sentenza qui impugnata, con conferma della sentenza di primo grado.
C.C. 29.11.2024
r.g.n. 21700/2023
Pres. L. A. COGNOME
Est. I. COGNOME
3. Avverso la sentenza del Tribunale di Padova, NOME COGNOME quale titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Ha resistito con controricorso NOME COGNOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
Il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME ha depositato note conclusionali con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
La parte controricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, il ricorrente contesta l ” Error in iudicando ex art.360, comma 1, n.5 c.p.c.: per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti ;’ in particolare, il Tribunale in funzione di g iudice d’appello giungendo alla conferma della sentenza appellata (in base a ragioni difformi da quelle addotte dal giudice di prime cure), avrebbe omesso di prendere in esame un fatto decisivo e cioè che mentre il Giudice di pace aveva motivato sostenendo che il rinvio contenuto al Punto 3 C.g.a. fosse ‘generico’ e, per tale sola ragione, il contratto fosse nullo, il Tribunale ha ritenuto che quel tipo di rinvio fosse del tutto legittimo, ma che occorresse un ulteriore approfondimento per accertare se il riferimento (esterno al contratto) costituisse un criterio «univoco», aprofondimento che sortiva «esito negativo». Ad avviso del ricorrente, tale conclusione sarebbe viziata dall’omesso esame di fatti costitutivi del diritto di credito, perché il tribunale (come il Giudice di pace) non aveva tenuto in alcun conto delle modalità concrete (di fatto) con cui si perfezionavano nel 2005 i contratti di abbonamento di RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE) che reclamizzava la propria attività esclusivamente sulla rivista (cartacea) RAGIONE_SOCIALE; da un lato, i giudici di merito avrebbero trascurato che il consumatore aveva, dapprima, appreso il contenuto dell’offerta al pubblico (art.1336 c.c.) , pubblicata nella rivista specializzata per l’informazione di (tutta) la programmazione dei canali satellitari e che, solo dopo, aveva contattato l’offerente (al numero di telefono indicato nell’annuncio) per chiedere
C.C. 29.11.2024
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Pres. L. A. COGNOME
Est. I. COGNOME l’abbonamento di suo interesse (che gli era stato inviato e sottoscritto); dall’altro lato, stabilendo apoditticamente che la rivista ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (a tiratura nazionale Nda) avesse una diffusione «piuttosto modesta».
Con il secondo motivo, denuncia l ‘ ‘ Error in procedendo ex art.360, comma 1, n.4 c.p.c.: per omesso esame di un motivo d’appello’ ; in particolare evidenzia che ‘ nella sentenza di primo grado – pur ritenuti assorbiti gli ulteriori motivi di opposizione (al decreto ingiuntivo) in ragione della dichiarata nullità del contratto ‘, i l Giudice di pace aveva però pronunciato anche in ordine alla contestata «vessatorietà» della clausola di ‘tacito rinnovo’ del contratto di abbonamento (3. C.g.a.: Canone d’Abbonament o e Durata del contratto) e che il Tribunale confermando «in ogni sua parte la sentenza impugnata» e quindi, implicitamente, anche il capo di sentenza nel quale era stata pronunciata espressamente la vessatorietà della clausola di tacito rinnovo dal giudice di prime cure, ha omesso al riguardo, per dichiarazione espressa, qualunque esame « in ordine alla specifica censura sollevata dall’appellante ».
Con il terzo motivo, lamenta l ” Error in procedendo ex art.360, comma 1, n.4 c.p.c.: per omesso esame di un motivo d’appello’; nello specifico, contesta come ‘nella sentenza di primo grado – pur avendo ritenuti assorbiti gli altri motivi di opposizione in ragione della dichiarata nullità del contratto -il Giudice di pace aveva pronunciato anche in ordine alla contestata «vessatorietà» della clausola ‘penale’ (1. C .g.a.: Abbonamento), in caso di mancata restituzione della Smart-Card , mentre il Tribunale, anche in questo caso, avrebbe ‘omesso qualunque pronuncia in ordine a tale motivo d’appello, ritenendo assorbiti gli ulteriori motivi di appello nel primo motivo rigettato; ma senza curarsi che confermando ‘in ogni sua parte’ la sentenza impugnata confermava implicitamente anche la dichiarata vessatorietà della clausola in oggetto, affermata dal giudice di prime cure ‘ .
Con il quarto motivo, lamenta l ‘ ‘ Error in procedendo ex art.360, comma 1, n.4 c.p.c.: per omesso esame di un motivo d’appello ‘; in particolare, assume che ‘n ella sentenza di primo grado – pur ritenuti assorbiti gli altri motivi di opposizione in ragione della dichiarata nullità del contratto –
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il Giudice di pace aveva pronunciato anche in ordine alla «vessatorietà» della clausola (9. Cg.a.: Interessi su ritardati pagamenti) che prevede ‘interessi moratori convenzionali’ , il Tribunale avrebbe invece tralasciato ‘ qualunque pronuncia in ordine a tale motivo d’appello’ ritenendo assorbiti gli altri dal rigetto del primo ‘ senza avvedersi che implicitamente e contraddittoriamente confermava la sentenza di primo grado anche in ordine alla dichiarata vessatorietà della clausola in oggetto, affermata dal giudice di prime cure) ‘ .
I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente stante l’evidente vincolo che li avvince, sono inammissibili sotto diversi profili.
5.1. Giova osservare, in via generale, che nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art. 348 ter cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014, Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023).
Invero, il ricorrente ha fornito detta indicazione solo formalmente, denunciando il mancato esame e la carenza di motivazione riguardo a tre circostanze ed in particolare: che il consumatore aveva appreso il contenuto dell’offerta al pubblico (art.1336 c.c.) pubblicata nella rivista specializzata per l’informazione di (tutta) la programmazione dei canali satellitari; che, solo dopo, aveva contattato l’offerente (al numero di telefono indicato nell’annuncio) per chiedere l’abbonamento di suo interesse (che g li è stato inviato e che lui ha sottoscritto); che la rivista ‘RAGIONE_SOCIALE‘ era stata ritenuta di diffusione ‘piuttosto modesta’.
L’i ndicazione fornita dal ricorrente, pur fornita analiticamente, nella sostanza, però, surrettiziamente introduce profili di fatto, e tende a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte d ‘ appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle
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Est. I. COGNOME risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi omette altresì parte ricorrente di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499);
5.2. Inoltre, ne l denunciare ‘l’omesso esame di circostanza determinante’ l’odierno ricorrente non tiene conto che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., qualora il fatto storico, rilevante in causa, come avvenuto nella fattispecie in esame, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 28887 del 08/11/2019).
Sotto altro profilo, il rilievo secondo cui dall’omesso esame di tali circostanze deriverebbe la paventata violazione di legge (v. pag. 15 del ricorso) anch’ess o attiene, nella sostanza, a profili di fatto, tanto è che le denunciate violazioni del principio di disponibilità delle prove -peraltro, deducibile solo quando il giudice di merito disattenda tale principio ponendo a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (da ultimo, Cass. Sez. 3, 29/05/2024, n. 15058, in precedenza Cass. Sez. 3, 3/05/2022 n. 13918)- e del principio del giusto processo si risolvono, nella presente fattispecie, in una critica alla valutazione del Giudice di merito, che, nel quadro di quella più generale delle risultanze istruttorie, costituisce oggetto, per un verso, di un apprezzamento di fatto (tra tante, Cass. 04/07/2017 n. 16467; Cass.02/08/2016, n. 16056) e, per l’altro, di un giudizio discrezionale
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Pres. L. A. COGNOME
Est. I. COGNOME espresso alla stregua di elementi di natura oggettiva e di carattere soggettivo (Cass. Sez. 1, 18/06/2008 n. 16575), restando, così, riservato al giudice del merito.
5.3. Le censure, infine, con cui l’odierno ricorrente denuncia la nullità della sentenza sono anch’esse inammissibili poichè risulta evidente dalla loro stessa confezione che con esse si tende a formulare una tipica censura diretta a denunciare un vizio di motivazione, per un verso, non più denunciabile secondo il vigente dettato dell’art. 360 comma 1 n. 5 (insufficienza) e per l’altro, insussistente (nullità della sentenza) atteso che la motivazione resa dal giudice d’appello, lungi dall’essere nulla (contraddittoria o irrazionale o apparente) ripercorre e condivide l’ iter decisorio del giudice di prime cure, senza incorrere ne l lamentato vizio di cui all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) e articolo 360, comma 1, n. 4) c.p.c..
Condivisibilmente in proposito parte controricorrente chiosa come l ‘ accertata inesistenza del prezzo del contratto comportando l’inesistenza dell’intero vincolo negoziale, avrebbe reso inutile per il Giudice d’appello soffermarsi su ulteriori vicende del rapporto dedotto in quanto irrilevanti alla luce di tale accertamento (pag. 5 della memoria del controricorrente).
6. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese vengono liquidate secondo il principio della soccombenza come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che si liquidano in complessivi euro 1.400,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
C.C. 29.11.2024 r.g.n. 21700/2023 Pres. L. A. COGNOME Est. I. Ambrosi ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 29