Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26765 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26765 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29814/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende anche disgiuntamente all’avvocato COGNOME,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME,
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n.945/2020 depositata il 17.3.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23.9.2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata nel 2014, la società RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio innanzi al Tribunale di Venezia il AVV_NOTAIO NOME COGNOME, per sentir dichiarare la nullità della convenzione sottoscritta con il professionista il 30.4.2013 per la gestione di un campeggio (della durata di sei anni con compenso annuo di € 120.000,00) per averla il COGNOME ingannata in ordine alla pendenza della causa civile promossa nei suoi confronti con l’AVV_NOTAIO davanti al Tribunale di Venezia n. 717/2013 RG; in subordine per l’annullamento, o la risoluzione per inadempimento di tale convenzione, e per far accertare la non debenza del compenso previsto dal titolo, con conseguente condanna del convenuto alla restituzione di quanto indebitamente incassato per i primi due trimestri.
Costituendosi in giudizio, il COGNOME chiedeva il rigetto delle avverse pretese e domandava, in via riconvenzionale, l’accertamento della validità ed efficacia tra le parti dell’impugnato titolo e del diritto al compenso ivi pattuito di € . 720.000,00 o, in subordine, al compenso indicato in un precedente accordo (€ . 80.000,00 annui), stipulato con la società l’11.9.2012 per la durata di cinque anni e relativo alla gestione del medesimo campeggio, in relazione al quale, dopo circa un mese, gli era stata revocata la procura ed era iniziata una causa nella quale il AVV_NOTAIOe aveva chiesto il pagamento del compenso, rinunciando poi alle domande proposte nell’ambito della conclusione del contratto del 30.4.2013 e del nuovo conferimento di procura in pari data.
Il Tribunale adito, con la sentenza n. 1812/2016, rigettava le domande dell’attrice e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, la condannava al pagamento in favore del professionista del compenso dovuto fino alla scadenza dei sei anni (€ 705.408,00 oltre rivalutazione ed interessi) sulla base della convenzione del 30.4.2013, che prevedeva il pagamento dell’intero compenso anche in caso di revoca della procura conferita al rag. COGNOME per la gestione del campeggio, nonché alle spese processuali.
RAGIONE_SOCIALE interponeva appello avverso la predetta sentenza, riproponendo le domande di primo grado e sollecitando il rilievo officioso della nullità della convenzione del 30.4.2013 per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto.
NOME COGNOME resisteva al gravame, proponendo a sua volta impugnazione incidentale subordinata, per sentir dichiarare il suo diritto a ricevere il compenso di cui all’accordo del 2012 in caso di ritenuta nullità della convenzione del 30.4.2013, ed eccependo l’inammissibilità della nuova eccezione di nullità sollevata in appello dalla controparte.
Con la sentenza n. 945/2020 del 17.2/17.3.2020 la Corte d’Appello di Venezia, in riforma della pronuncia del primo Giudice, dichiarava la nullità della convenzione del 30.4.2013 ritenendo che l’oggetto ì difettasse dei requisiti di determinatezza e determinabilità, essendosi i contraenti limitati a una generica descrizione della prestazione dovuta dal AVV_NOTAIOe (gestione del campeggio a mezzo della procura), e che, in ogni caso, la convenzione fosse rimasta priva del suo oggetto per effetto del provvedimento, non impugnato, con cui il Tribunale di Padova aveva inibito al COGNOME l’utilizzo della procura rilasciata dalla società il 30.4.2013 . Disponeva altresì la restituzione alla RAGIONE_SOCIALE di quanto versato in base alla sentenza di primo grado. Infine, la Corte territoriale rigettava il gravame incidentale subordinato, stante la
natura novativa della convenzione del 30.4.2013, rispetto a quella siglata l’11.9.2012, desunta dalla rinuncia alle domande giudiziali di compenso su quest’ultima convenzione fondate dal COGNOME nella causa davanti al Tribunale di Venezia promossa, ed accettata dalla RAGIONE_SOCIALE con compensazione delle spese, e confermata dal contegno manifestato dal COGNOME, che non aveva reagito all’inibizione giudiziale cautelare dell’uso della procura, e condannava quest’ultimo alle spese del doppio grado.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di quattro censure, mentre la società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, già RAGIONE_SOCIALE, ha resistito con controricorso.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame di un’eccezione preliminare di diritto, la violazione di legge e il vizio di omessa pronuncia. La Corte lagunare avrebbe omesso di esaminare e dedurre in ordine all’eccezione formulata dall’odierno ricorrente all’atto della costituzione nel giudizio di seconde cure di inammissibilità della nuova eccezione di nullità della convenzione del 30.4.2013 per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto, sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE per la prima volta in sede di gravame, e fondata su presupposti fattuali diversi da quelli posti a base della domanda di nullità della stessa convenzione impropriamente avanzata in primo grado.
Il motivo é infondato, perché il vizio di omessa pronuncia non é ravvisabile quando la sentenza abbia assunto una decisione che comporti l’implicito rigetto della domanda od eccezione formulata dalla parte, anche se manchi sul punto una specifica motivazione (vedi in tal senso Cass. 18.8.2018 n. 20718; Cass. 11.9.2015 n. 17956; Cass. 4.9.2011 n. 20311).
Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, infatti, non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia.
Nella specie, la sentenza impugnata ha dichiarato la nullità della convenzione conclusa dalle parti il 30.4.2013 per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto, indicato solo nella ‘ gestione del campeggio a mezzo della procura ‘, senza specificare le singole attività ed atti che il procuratore avrebbe dovuto compiere nell’ambito del rapporto contrattuale con la RAGIONE_SOCIALE, anche in ragione della revoca della procura costituente il presupposto del contratto e dell’entità del compenso pattuito per il AVV_NOTAIO COGNOME (€ 120.000,00 annui per sei anni), rigettando conseguentemente la domanda di pagamento del compenso di quest’ultimo, che era stata invece accolta in primo grado con la condanna della società in suo favore per € . 705.408,00 oltre rivalutazione ed interessi.
Così argomentando, la Corte di merito implicitamente ha ritenuto priva di pregio l’eccezione di inammissibilità sollevata nella comparsa di costituzione in secondo grado dal COGNOME avverso l’eccezione di nullità della convenzione del 30.4.2013 per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto, che non era stata fatta valere dalla RAGIONE_SOCIALE in primo grado, poiché l’accoglimento dell’eccezione in rito era incompatibile con la dichiarata nullità della convenzione.
Ed invero, secondo la sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 26242 del 12.12.2014, il rilievo ” ex officio ” di una nullità
negoziale – sotto qualsiasi profilo ed anche ove sia configurabile una nullità speciale o “di protezione” – deve ritenersi consentito, sempreché la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione più liquida”, in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione), senza, per ciò solo, negarsi la diversità strutturale di queste ultime sul piano sostanziale, poichè tali azioni sono disciplinate da un complesso normativo autonomo ed omogeneo, affatto incompatibile, strutturalmente e funzionalmente, con la diversa dimensione della nullità contrattuale. Ne deriva che avendo chiesto la RAGIONE_SOCIALE in primo grado anche l’annullamento, o la risoluzione per inadempimento della convenzione del 30.4.2013, e non solo la nullità della stessa per averla il COGNOME ingannata in ordine alla pendenza della causa civile promossa nei suoi confronti con l’AVV_NOTAIO davanti al Tribunale di Venezia n. 717/2013 RG, non ha senso interrogarsi sulla riconducibilità di tale ipotesi a quella della nullità contrattuale, perché comunque ben poteva la Corte d’Appello di Venezia verificare d’ufficio la nullità della convenzione impugnata, anche se per una causa diversa da quella fatta valere in primo grado dalla RAGIONE_SOCIALE, tanto più che il COGNOME aveva ottenuto dal Tribunale di Venezia la condanna al pagamento del compenso previsto dalla convenzione del 30.4.2013, sull’implicito presupposto che la stessa fosse valida, e che anche la giurisprudenza più risalente di questa Corte ha affermato la rilevabilità d’ufficio della nullità contrattuale risultante ex actis quando del contratto sia stato chiesto in causa l’adempimento.
Attraverso la seconda censura ci si duole della violazione o falsa applicazione di una norma di diritto ex art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c. e della violazione dell’art. 1346 cod. civ.. Il Giudice di secondo grado avrebbe dichiarato la nullità della convenzione del 30.4.2013 sulla scorta di una motivazione generica e
contraddittoria, imperniata attorno all’asserita carenza di determinatezza e determinabilità dell’oggetto del contratto, erroneamente individuato nella procura conferita il 30.4.2013 e non, invece, nelle obbligazioni di gestione del campeggio e di pagamento del compenso.
Questo motivo di ricorso é inammissibile per difetto di autosufficienza.
Si lamenta la violazione dell’art. 1346 cod. civ., che stabilisce solo che l’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato, o determinabile, ma non si deduce una erronea ricognizione di fattispecie astratta (cfr. al riguardo Cass. n. 7871/2025; cass. n. 3340/2019), e si punta piuttosto ad ottenere una diversa interpretazione della convenzione del 30.4.2013, che arrivi a riconoscerne la validità attraverso il rinvio al contenuto della procura rilasciata in pari data, indicante gli atti che il procuratore poteva compiere con efficacia vincolante per la rappresentata, e non quelli che doveva compiere per convenzione, senza fare riferimento alla violazione di specifici criteri ermeneutici che sarebbero stati commessi dalla Corte d’Appello nella motivazione addotta a sostegno della nullità della convenzione per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto.
L’accertamento della volontà negoziale si sostanzia però in un accertamento di fatto (tra le molte Cass. n. 12360/2014; Cass. 9070/2013), riservato all’esclusiva competenza del giudice del merito; tali valutazioni del giudice di merito in proposito soggiacciono, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente ( ex plurimis , Cass. sez. lav. ord. 3.7.2024 n.18214; Cass. n. 21576/2019; Cass. n. 20634/2018; Cass. n.4851/2009) e, nel vigore del novellato art. 360 c.p.c., di una motivazione che valichi la soglia del c.d. ” minimum costituzionale”;
inoltre, per risalente insegnamento, sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia di vizi motivazionali esigono una specifica indicazione – ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata l’anzidetta violazione – non potendo le censure risolversi, in contrasto con l’interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. sez. lav. ord. 3.7.2024 n. 18214; Cass. n. 18375/2006; Cass. n. 22979/2004; Cass. n.12468/2004; Cass. n. 7740/2003; Cass. n. 12366/2002; Cass. n.11053/2000).
3) Col terzo motivo si denuncia la violazione di legge e la contraddittorietà della motivazione. Nel concludere che la convenzione era rimasta priva del suo oggetto per sopravvenuta revoca, la Corte territoriale avrebbe confuso il concetto di ‘inibizione all’uso’ con quello di ‘revoca’, atteso che lo scopo dell’inibitoria giudiziale intervenuta era quello di ridimensionare, senza tuttavia escludere, i poteri conferiti dalla società al professionista, tanto é vero che solo successivamente all’inibizione la procura era stata poi revocata dalla RAGIONE_SOCIALE
Il motivo é inammissibile.
Dopo la riforma dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. da parte dell’art. 54 lettera b) del D.L. 22.6.2012 n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7.8.2012 n. 134, applicabile ratione temporis al presente giudizio, la contraddittorietà della motivazione non é più sindacabile, e la motivazione addotta dall’impugnata sentenza ai punti 5) e 6), sul fatto che l’indicazione nella convenzione del 30.4.2013 della prestazione dovuta dal COGNOME (‘ gestione del campeggio a mezzo della procura ‘) era eccessivamente generica, mancando le indicazioni di dettaglio necessarie ad individuare le prestazioni contrattualmente dovute dal AVV_NOTAIO COGNOME, e difettando quindi il requisito di validità dell’oggetto contrattuale costituito dalla determinatezza, o determinabilità (art. 1346 cod.
civ.), era sufficiente a soddisfare il cosiddetto minimum costituzionale della motivazione. Il riferimento dell’impugnata sentenza all’inibizione giudiziale all’uso della procura del 30.4.2013 ed alle revoca della stessa da parte della RAGIONE_SOCIALE sopravvenute alla convenzione, come all’entità del compenso pattuito, é stato fatto nell’ambito di un’interpretazione complessiva, solo per rafforzare nel convincimento sul vizio genetico della convenzione sopra descritto il giudice di secondo grado, e non costituisce, come invece assume il ricorrente, la ratio della decisione adottata, per cui essendo definitiva la decisione sulla nullità della convenzione del 30.4.2013 per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto, difetta anche l’interesse a censurare le motivazioni meramente aggiuntive addotte dalla Corte d’Appello di Venezia.
Con la quarta ed ultima doglianza il COGNOME lamenta la falsa applicazione e violazione di legge in merito alla domanda subordinata di pagamento del compenso secondo la prima convenzione conclusa dalle parti dell’11.9.2012, che egli aveva riproposto in secondo grado con l’appello incidentale per l’ipotesi in cui fosse ravvisata la nullità della seconda convenzione, quella del 30.4.2013, ritenuta valida in primo grado. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente attribuito natura novativa all’accordo del 2013, con cui le parti si erano limitate a modificare l’importo del compenso e la durata dell’incarico previsti nella precedente convenzione dell’11.9.2012, sulla base della rinuncia concordata dalle parti ai compensi dovuti secondo quella prima convenzione e della revoca della prima procura conferita al COGNOME costituente l’oggetto della prima convenzione, senza accertare, a suo avviso, l’aliquid novi e l’ animus novandi, che sono richiesti dall’art. 1230 cod. civ. per la novazione oggettiva .
Tale motivo é inammissibile per difetto di autosufficienza.
Il ricorrente, anziché censurare specificamente la violazione di criteri d’interpretazione della convenzione del 30.4.2013 da parte della Corte d’Appello, o lamentare ex art. 132 cpc, la mancanza totale, o la mera apparenza, o l’insuperabile contraddittorietà della motivazione addotta, inidonea a far comprendere le ragioni della decisione, ha invece invocato la violazione dell’art. 1230 cod. civ., ma non perché abbia attribuito alla Corte d’Appello un’erronea nozione della novazione oggettiva, richiedente in base a quella norma gli elementi essenziali dell’ aliquid novi e dell’ animus novandi, ma contrapponendo una propria autonoma interpretazione a quella seguita dal giudice di secondo grado, che conduca a negare alla convenzione del 30.4.2013 carattere novativo e che presuppone inammissibilmente una valutazione di merito in sede di legittimità.
Va in proposito richiamata la giurisprudenza di questa Corte già indicata a conclusione della trattazione del secondo motivo di ricorso, inerente all’inammissibilità della prospettazione in sede di legittimità di un’interpretazione alternativa.
In base al principio della soccombenza, il ricorrente va condannato al pagamento in favore di parte controricorrente delle spese processuali del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed € 8.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, in favore di parte controricorrente. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
Il Presidente
NOME COGNOME