Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26987 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26987 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9247/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicilio digitale come per legge
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE GIUDIZIALE, in persona del curatore della Liquidazione giudiziale, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicilio digitale come per legge
-controricorrente – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Napoli n. 4290/2022,
pubblicata in data 17 ottobre 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4
luglio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
1. RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, deducendo di avere stipulato, nel settembre 2010, un contratto con la prima società per l’allacciamento e la fornitura di gas metano, previa esecuzione dei lavori necessari per consentire la somministrazione, e che tale intervento, per cause imputabili alle convenute, erano terminati con 114 giorni di ritardo rispetto al termine pattuito; chiedeva, pertanto, la condanna delle convenute al risarcimento dei danni da essa sofferti.
Nella contumacia di RAGIONE_SOCIALE e nel contrddittorio con RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, all’esito dell’espletamento di c.t.u. volta a verificare l’ammontare dei maggiori costi sostenuti dall’attrice per aver dovuto alimentare i propri impianti mediante g.p.l. anziché a metano, nel periodo compreso tra il 22 gennaio 2011 ed il 13 maggio 2011, il Tribunale adito rigettava la domanda avanzata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.p.RAGIONE_SOCIALE, ritenendo fondata l’eccepita carenza di titolarità passiva dalla stessa sollevata, e l’accoglieva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, stante l’ingiustificato ritardo nell’esecuzione dei lavori, condannandola al risarcimento dei danni, quantificati in euro 91.465,42.
2. La Corte d’appello di Napoli, investita del gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, ritenendo che il ritardo ascrivibile ad RAGIONE_SOCIALE nell’esecuzione dei lavori dovesse conteggiarsi in 56 giorni e non in 114 giorni, ed ha ridotto il risarcimento del danno riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE, nel minor
importo di euro 53.467,27, confermando nel resto la sentenza del Tribunale.
RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della suddetta sentenza.
La Liquidazione giudiziale di RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ., in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la ricorrente, denunciando, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ‹‹ violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ. in riferimento alla prova dei consumi di GPL, dei relativi esborsi e, in definitiva, del pregiudizio economico asseritamente subito ›› , lamenta che la Corte di merito ha ritenuto provato il danno di cui la RAGIONE_SOCIALE ha chiesto il risarcimento, fondando la decisione su presunzioni prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza; sostiene, in particolare, che il percorso argomentativo seguito poggia su mere supposizioni, essendo stata la prova del consumo di GPL desunta dal fatto che la RAGIONE_SOCIALE fosse ‘una impresa dedita da anni alla fonderia dell’alluminio’ e che la visura camerale indicasse ‘come oggetto sociale la produzione ed il commercio di materiali ferrosi, l’attività di raffinamento e trattamento di metalli’ , elementi di per sé non idonei a far presumere il fabbisogno ed i costi sostenuti in quel determinato periodo. Aggiunge che i giudici di secondo grado sarebbero incorsi anche in una sorta di inversione dell’onere della prova, là dove hanno affermato che l’omessa produzione delle fatture non consentiva di ritenere non assolto l’onere probatorio relativo all’esistenza ed all’ammontare del danno, sebbene tale prova avrebbe dovuto essere
fornita mediante l’esibizione delle letture del contatore e la produzione delle fatture emesse dalla società di vendita, corredate delle rispettive ricevute di pagamento, invece, mai depositate.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 113, 115, 116, 157 e 161 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. in riferimento alla nullità dell’espletata CTU.
Contesta alla Corte d’appello di avere ritenuto assolto l’onere della prova dell’avvenuto esborso per gli acquisti di GPL, sebbene la RAGIONE_SOCIALE non avesse prodotto in primo grado le relative fatture e ritenendo sufficiente che le fatture fossero state visionate dal c.t.u. nel corso delle indagini allo stesso affidate; si duole che l’ausiliare del giudice abbia travalicato i limiti dei poteri allo stesso spettanti, in violazione del principio dispositivo delle prove e sostituendosi alla parte gravata del relativo onere probatorio. Ribadisce che la consulenza sarebbe affetta da nullità assoluta, e non relativa, e che l’omesso rilievo di tale nullità avrebbe cagionato la nullità della sentenza emessa ex art. 161 cod. proc. civ.. Soggiunge la ricorrente che, pur a voler configurare la nullità di cui si discute come relativa, il giudice d’appello non avrebbe potuto considerarla decaduta dal diritto di eccepirla, dal momento che, essendo rimasta contumace in primo grado, la prima difesa utile successiva rispetto al deposito della c.t.u. era stata la citazione in appello.
2.1. Le censure, strettamente connesse, possono essere congiuntamente esaminate e sono in parte inammissibili e in parte infondate.
La doglianza con cui la ricorrente critica il ragionamento presuntivo svolto dal giudice d’appello risulta inammissibile, in quanto, sotto l’apparente deduzione di violazione di norme sostanziali, è in realtà volta esclusivamente ad ottenere da questa
Corte una valutazione delle risultanze processuali difforme da quella operata dal giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
Invero, la valutazione delle prove raccolte, compresa la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. (Cass., sez. 6 -1, 17/01/2019, n. 1234; Cass., sez.3, 23/01/2006, n. 1216) e l’idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell’ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare (Cass., sez. 3, 16/05/2017, n. 12002), costituisce attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito (Cass., sez. 1, 25/09/2023, n. 27266).
Peraltro, come chiarito da questa Corte (Cass., sez. U, n. 1785 del 2018), in tema di prova presuntiva, la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 cod. civ. può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass., sez. 2, 21/03/2022, n. 9054).
Nel caso de quo , il giudice di merito ha ritenuto raggiunta la prova del consumo di gas GPL e, quindi, del danno risentito da RAGIONE_SOCIALE, non solo sul rilievo che la società fosse dedita allo svolgimento di attività di produzione e commercio di materiali ferrosi già dal 2004,
ma anche e soprattutto sulla considerazione che, essendo già all’epoca in cui è stato stipulato il contratto avente ad oggetto l’esecuzione dei lavori di realizzazione dell’impianto per la fornitura del gas metano, società attiva sul mercato, dovesse logicamente presumersi che la stessa, per il regolare funzionamento dello stabilimento e per lo svolgimento dell’attività, non disponendo, sino al maggio 2011, di una fornitura di gas metano, abbia dovuto far necessariamente ricorso all’acquisto di combustibile alternativo, quale appunto il GPL. Sulla scorta di tale premessa ha conseguentemente ritenuto sussistente la prova del danno lamentato, essendo emersa dalla c.t.u. disposta in primo grado che necessariamente la RAGIONE_SOCIALE aveva dovuto sostenere un maggior costo, nel periodo preso in esame (anno 2011), considerato che il costo medio giornaliero per consumo di GPL era pari ad 0,50 euro/L, mentre quello per consumo del metano era di 0.42 euro/litro.
Le censure mosse dalla ricorrente non si confrontano con tali argomentazioni, che neppure integrano violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., in quanto la Corte d’appello non ha attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata, ma ha piuttosto reputato, sulla base delle risultanze istruttorie, assolto, da parte di RAGIONE_SOCIALE, l’onere probatorio circa l’esistenza e l’ammontare del danno, ‹‹posto che l’acquisto del GPL rappresenta(va) un costo che RAGIONE_SOCIALE doveva necessariamente sostenere ›› , in difetto di elementi di segno contrario che potessero far escludere che, nel periodo oggetto di causa, ossia durante i giorni di ritardo imputabili all’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE, lo stabilimento industriale non avesse funzionato.
2.2. La censura con la quale si rimarca la (presunta) nullità della c.t.u. è infondata.
Le questioni prospettate non possono trovare accoglimento alla
luce del recente arresto delle Sezioni Unite civili che, con la sentenza n. 3086 del 1° febbraio 2022, hanno risolto il contrasto di giurisprudenza sulla natura giuridica della nullità della consulenza tecnica di ufficio e sul conseguente rilievo officioso o su istanza di parte della stessa. Per quanto qui rileva ai fini della decisione, i principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite in materia di consulenza tecnica d’ufficio (senza distinzione tra consulenza ‘deducente’ e ‘percipiente’, dettando, però, principi specifici per l”esame contabile’ ex art. 198 cod. proc. civ.) possono riassumersi come segue.
Il consulente d’ufficio, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può accertare tutti i fatti inerenti all’oggetto della lite, il cui accertamento si renda necessario al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non si tratti dei fatti principali che è onere delle parti allegare a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio. L’accertamento, ad opera del consulente, di fatti principali dei quali le parti soltanto sono onerate della relativa allegazione è sanzionato dalla nullità assoluta, rilevabile d’ufficio o, in difetto, da farsi valere come motivo di impugnazione ai sensi dell’art. 161, primo comma, c.p.c.
Il consulente, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti – non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico – tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio.
L’acquisizione, ad opera del consulente, di documenti diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti soltanto provare è sanzionato da nullità relativa ex art. 157 c.p.c., rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso.
Inoltre, ai sensi dell’art. 157, secondo comma, c.p.c., la nullità relativa, in mancanza della tempestiva deduzione (nella prima istanza o difesa utile successive al verificarsi), resta sanata e non può più essere eccepita dalla parte che, non opponendosi nella prima difesa successiva all’atto, ha implicitamente rinunciato a farla valere, senza che in difetto di tale iniziativa della parte essa possa esser rilevata d’ufficio dal giudice (tra le molte, Cass. , sez. L, 12/11/2008, n. 27026; Cass., sez. 6 – 3, 08/08/2017, n. 19714; Cass., sez. 2, 02/09/2019, n. 21957).
Come emerge dalla sentenza impugnata, il c.t.u. ha acquisito nel corso delle operazioni la documentazione reputata necessaria per dare risposta al quesito formulato dal giudice -‘copia delle fatture per la fornitura di GPL nel periodo, copia della fattura ENI, un dettagliato resoconto dei consumi effettuati nonché i costi giornalieri con la differenza tra i costi medi giornalieri sostenuti e quelli che si sarebbero sostenuto in caso di utilizzo di metano’ ─ nel contraddittorio con le parti costituite e con i rispettivi consulenti (si veda pag. 21 della motivazione); l’acquisizione delle fatture di acquisto del GPL, che RAGIONE_SOCIALE non aveva depositato prima dello scadere delle preclusioni istruttorie, riguardando la prova dei fatti principali, come evidenziato dalla Corte territoriale, configura una ipotesi di nullità relativa della consulenza, che avrebbe dovuto essere fatta valere nel grado di giudizio in cui essa si è verificata, come tale soggetta a sanatoria ove non tempestivamente eccepita (Cass., sez. 3, 01/06/2022, n. 17916).
Ne segue che, non avendo RAGIONE_SOCIALE rimasta contumace in primo grado, dedotto la nullità nel corso del giudizio di primo grado, RAGIONE_SOCIALE non poteva farla valere come motivo di impugnazione in grado di appello (Cass., sez. 3, 18/07/2008, n. 19942; Cass., sez. 3, 09/01/2002, n. 194; Cass., sez. U, 13/01/1997, n. 264, che ha enunciato il principio secondo cui le nullità concernenti l’ammissione e l’espletamento della prova testimoniale, avendo carattere relativo, non possono essere fatte valere in sede di impugnazione, per cui neppure alla parte contumace è consentito dedurre in tale sede l’inammissibilità della prova testimoniale, una volta che in primo grado la prova sia stata ammessa ed espletata senza opposizione).
Peraltro, l’utilizzabilità delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio non può essere messa in discussione alla luce del fatto che, sebbene il c.t.u. abbia acquisito le fatture, l’ausiliario di esse non si sia poi avvalso nell’espletare l’incarico, come evidenziato dalla Corte d’appello a pag. 23 della motivazione della sentenza qui impugnata, posto che la stima è stata effettuata ‘in base al prezzo corrente di mercato del carburante’ ed appurando che esso risultava compatibile con le fatturazioni ricevute sulla base di una indagine compiuta interpellando ditte fornitrici di GPL.
Ne segue che tutte le censure rivolte alla decisione impugnata con il secondo motivo di ricorso sono prive di pregio.
Con il terzo motivo, censurando la sentenza impugnata per ‹‹violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. per avere posto a fondamento della decisione atti, fatti e documenti non acquisiti agli atti del giudizio -inattendibilità della c.t.u. ›› , la ricorrente, oltre a ribadire il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte di RAGIONE_SOCIALE, evidenzia che l’ausiliare, pur dichiarando di avere
ricevuto fatture e letture dei consumi e di averle scambiate con le parti presenti alle indagini, non le avrebbe poi allegate alla relazione conclusiva; addebita, pertanto, alla Corte territoriale di avere recepito le conclusioni del c.t.u. in assenza dei documenti su cui le stesse si fondavano, senza avere previamente visionato la documentazione.
Il motivo è inammissibile.
Manca non soltanto la allegazione dell’avvenuta deduzione della relativa questione -implicante un accertamento di fatto ─ dinanzi al giudice di merito, ma anche l’indicazione degli atti specifici del grado precedente in cui quella è stata sottoposta al giudice di merito, onde dare modo a questa Corte, alla quale sono prospettate questioni giuridiche che implicano accertamenti di fatto, di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa: in mancanza di ottemperanza ad un tale onere, la censura non si sottrae all’inammissibilità per novità (Cass., sez. 6 -3, 10/08/2017, n. 19988; Cass., sez. 6 -1, 13/06/2018, n. 15430; Cass., sez. 2, 24/01/2019, n. 2038; Cass., sez. 5, 11/02/2025, n. 3473).
4. Con il quarto motivo -rubricato: ‹‹ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. in riferimento alle contestazioni effettuate dalla difesa di RAGIONE_SOCIALE alla CTU ›› -la ricorrente evidenzia che, pur a fronte della contestazione in appello dei calcoli effettuati dal c.t.u., la Corte di merito non avrebbe tenuto conto delle argomentazioni esposte, limitandosi a recepire le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio .
Il motivo è inammissibile.
Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 5634 del 2022, hanno chiarito che «Le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d’ufficio, ove non integrino eccezioni di nullità
relative al suo procedimento, come tali disciplinate dagli artt. 156 e 157 c.p.c., costituiscono argomentazioni difensive, sebbene di carattere non tecnico-giuridico, che possono essere formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale e anche in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove ma si riferiscano alla attendibilità e alla valutazione delle risultanze della c.t.u. e siano volte a sollecitare il potere valutativo del Giudice in relazione a tale mezzo istruttorio».
Posto ciò, nel caso in esame, la Corte d’appello ha risposto ai rilievi mossi alla c.t.u. dall’odierna ricorrente, avendo evidenziato, con specifico riguardo al calcolo del consumo medio giornaliero di GPL, che le considerazioni svolte da RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, che poggiavano su una quantità di GPL inferiore rispetto a quella indicata dal c.t.u., non potevano reputarsi attendibili, perché contrastate dalle evidenze documentali, e che il c.t.u, per pervenire alla sua stima, aveva considerato la media dei consumi indicata nel prospetto allegato alla produzione di RAGIONE_SOCIALE nonché quanto emergente dalla documentazione a sua disposizione.
La ricorrente, insistendo anche in questa sede nella deduzione di erroneità dei conteggi riportati dal c.t.u., ripropone le medesime questioni già sottoposte al vaglio del giudice d’appello e da questi disattese, in tal modo prospettando un vizio non riconducibile nel paradigma di cui all’ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., al quale rimane estranea qualsiasi contestazione volta a criticare il convincimento che il giudice si è formato ex art. 116 cod. proc. civ. in esito all’esame del materiale probatorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova (Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940).
5. All’inammissibilità e infondatezza dei motivi di ricorso consegue
il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del Fallimento controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 5.200,00, ( di cui euro 5.000,00 per onorari ), oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del Fallimento controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 4 luglio 2025
IL PRESIDENTE NOME COGNOME