Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21316 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21316 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
Comune di Aprilia, in persona del sindaco, rappresentato e difeso da ll’ Avvocato NOME COGNOME.
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Sassari, in persona del legale rappresentante avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Controricorrente
e
Società cooperativa Flavia ’82 in liquidazione. Fallimento RAGIONE_SOCIALE
Intimate avverso la sentenza n. 7687/2022 della Corte di appello di Roma, depositata il 29.11.2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10.7.2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa e ragioni della decisione
Nel 2007 il comune di Aprilia agì in giudizio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e di NOME RAGIONE_SOCIALE chiedendo che fosse accertata la nullità dell’atto di vendita del 22.4.2005 con cui Flavia ’82 aveva alienato a RAGIONE_SOCIALE immobili dalla stessa realizzati in Aprilia, in forza di una convenzione urbanistica con il comune stipulata il 15.1.1990, finalizzata alla realizzazione di un programma edilizio destinato a residenza privata, edifici commerciali e servizi pubblici, immobili poi concessi dalla acquirente in leasing alla RAGIONE_SOCIALE Il comune motivò la propria domanda ai sensi dell’art. 15 della convenzione urbanistica, regolarmente trascritta, che prevedeva la ‘ nullità degli atti compiuti in violazione delle disposizione di cui ai precedenti articoli 8, 9, 10 e 11, ai sensi e per gli effetti di cui al diciannovesimo comma dell’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 ‘, assumendo che la società RAGIONE_SOCIALE aveva venduto gli immobili senza portare a complimento il programma edilizio.
Instaurato il contraddittorio, il tribunale di Latina respinse la domanda, escludendo la violazione degli artt. 9 e 10 della convenzione per la ragione che l’art. 35, comma 19, della legge n. 865 del 1971 in essi richiamato, che prevedeva la nullità degli atti di alienazione, era stato abrogato dall’art. 23 della legge n. 179 del 1992.
Proposto gravame da parte del comune di Aprilia, con sentenza n. 2687 del 29.11.2022 la Corte di appello di Roma confermò la decisione di primo grado. La Corte romana, richiamando anche la propria precedente sentenza n. 4967 del 2018, motivò il rigetto dell’appello con la considerazione che l’intervenuta abrogazione, ad opera dell’art. 23 della legge n. 179 del 1992, del comma 19 dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971 aveva res o prive di effetto le clausole pattizie delle convenzioni stipulate antecedentemente che prevedevano la nullità degli atti di alienazione posti in essere in violazione delle clausole previste dalla stessa convenzione. Aggiunse che nemmeno era applicabile nel caso di specie il divieto di vendita, per un quinquennio, di cui all’art. 20 della legge n. 179 del 1992, atteso che esso riguardava esclusivamente ‘gli alloggi di edilizia agevolata’, mentre l’atto di vendita impugnato aveva ad oggetto immobili destinati ad uso ufficio e/o ad uso diverso.
Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 23.3.2023, con atto notificato il 23.5. 2023, ha proposto ricorso il comune di Aprilia, affidato ad un unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso, mentre le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva.
Le parti hanno depositato memoria.
2. L’unico motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971, richiamato dagli artt. 8 e 15 n. 2 della convenzione urbanistica stipulata con società RAGIONE_SOCIALE82, della legge n. 179 del 1992 e dell’art. 1418 c.c.. Premesso che già in primo grado l’odierno ricorrente aveva depositato la sentenza del TAR Latina n. 662 del 2005, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 6358 del 2005, che aveva dichiarato la risoluzione della convenzione urbanistica per grave i nadempimento della società NOME ’82, si assume l’erroneità della decisione impugnata per non avere considerato che l’art. 8 della convenzione faceva ‘ divieto alla società concessionaria di cedere l’area edificabile e con le opere ancora da ultimare ‘. La convenzione richiamava altresì il comma 8 dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971, che prevede la decadenza del concessionario e la conseguente estinzione del diritto di superficie per inosservanza degli obblighi stabiliti dalla convenzione, nonché il similare comma 13, che prevede la risoluzione dell’atto di cessione, c ommi entrambi mai incisi dalla successiva legge n. 179 del 1992. La clausola della convenzione, che prevedeva la sanzione della nullità in caso di violazione dell’art. 8 , pertanto, era pie namente applicabile all’atto con cui la concessionaria aveva venduto cespiti prima dei lavori di ultimazione delle opere di urbanizzazione. La sanzione della nullità, inoltre, colpiva il trasferimento tanto degli immobili abitativi quanto di quelli destinati a fini residenziali.
Preliminarmente va esaminata e quindi disattesa l’eccezione sollevata dalla società controricorrente di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad agire, per avere il comune già ottenuto, dal giudice amministrativo, la risoluzione della convenzione urbanistica intervenuta con la società NOME RAGIONE_SOCIALE. L’eccezione è respinta in quanto l’interesse dell’odierno ricorrente alla proposizione della azione di nullità dell’atto di trasferimento posto in essere dal
concessionario in favore di RAGIONE_SOCIALE è stato implicitamente riconosciuto sia in primo che in secondo grado, avendo entrambi i giudici deciso sul merito della domanda e non essendo stata la relativa contestazione proposta in sede di impugnazione. In ogni caso l’eventuale opponibilità della trascrizione della sentenza del giudice amministrativo nei confronti dell’acquirente e dei successiv i titolari di diritti sul bene non fa venire meno l’interesse del comune alla declaratoria di nullità dell’atto di t rasferimento, in ragione dei diversi effetti della sentenza di nullità rispetto a quella di risoluzione.
4. Nel merito il motivo è infondato.
La Corte di appello ha rigettato la domanda avanzata dal comune sulla base del rilievo che il comma 19 dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971, che comminava la nullità agli atti compiuti in violazione dei divieti di alienare, espressamente richiamato dal l’art. 15, comma 2, della convenzione, era stato abrogato dall’art. 23 della legge n. 179 del 1992 e che tale abrogazione aveva reso prive di effetto le clausole pattizie delle convenzioni stipulate antecedentemente che prevedevano la nullità degli atti di alienazione posti in essere in violazione del predetto divieto. Questa motivazione non è investita dal motivo e costituisce pertanto un punto fermo ai fini dell’esame delle censure, che lamentano invece la omessa considerazione dei commi 8 e 13 della legge n. 865 del 1971, richiamati dalla stessa convenzione, e non oggetto di modifiche ad opera della legge successiva.
Tanto precisato, il motivo non merita accoglimento. Da un lato perché la rilevanza della violazione del suddetto divieto di alienare in termini di nullità dell’atto di cessione risulta questione già affrontata e risolta dalla sentenza impugnata, che l’ha esclusa con motivazione che, come detto, non è stata censur ata. Dall’altro, in quanto i commi 8 e 13 dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971, prevedendo come sanzioni, l’uno, la decadenza del concessionario e la estinzione del diritto di superficie e, l’altro, la risoluzione dell’atto di cessione dell’area tra il comune e il cessionario, spiegano interamente i loro effetti sul piano dell’inadempimento e della responsabilità del concessionario , senza intervenire nella sfera giuridica di terzi, cioè sugli atti dispositivi posto in essere dal concessionario.
Anche l’argomento secondo cui la nullità dell’atto di trasferimento dell’immobile discenderebbe dalla nullità comminata espressamente dall’ art. 20 della legge n. 179 del 1992, che ha sostituito in parte qua i commi originari dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971, va disatteso, per la ragione assorbente che tale disposizione ha per oggetto la vendita, prima del termine previsto, di ‘ alloggi di edilizia agevolata ‘, laddove nel caso di specie l’alienazione ha riguardato, pacificamente, immobili non abitativi.
5. Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del comune ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 15.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 luglio 2025.