Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10162 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10162 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 22969/2023 R.G. proposto da: C.E.D. RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE DE COSMO
SERGIO
-ricorrenti-
contro
NOI COMPRIAMO RAGIONE_SOCIALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1383/2023 depositata il 25/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La vicenda riguarda la compravendita di un’autovettura tra la CED di De RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE per un prezzo di € 42.499. Successivamente, l’auto veniva rivenduta da quest’ultima alla RAGIONE_SOCIALE, che, a seguito di verifiche, accertava che il veicolo era stato oggetto di furto, poiché
il numero di telaio non corrispondeva al numero del motore. La NCA conveniva in giudizio la CED e il socio NOME COGNOME in proprio dinanzi al Tribunale di Foggia, chiedendo in via principale l’accertamento della nullità del contratto per illiceità e/o impossibilità dell’oggetto e la condanna dei convenuti al pagamento di € 51.550. In via subordinata, chiedeva la risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio e il risarcimento dei danni. La convenuta si difendeva sostenendo di aver acquistato il veicolo qualche mese prima da NOME COGNOME con tutta la documentazione in regola, agendo in perfetta buona fede. Evidenziava inoltre che il procedimento penale nei confronti di NOME COGNOME si era concluso con un’archiviazione, mentre era proseguito nei confronti della COGNOME.
Il Tribunale di Foggia rigettava la domanda attorea, ritenendo insussistente una responsabilità della venditrice per i vizi lamentati. In particolare, riteneva che la NCA avesse avuto modo di visionare il veicolo e la relativa documentazione prima dell’acquisto e che non vi fossero elementi per attribuire al venditore un illecito, tenuto conto dell’archiviazione del procedimento penale. Le spese di giudizio venivano compensate tra le parti. La CED proponeva appello principale avverso la sentenza di primo grado, lamentando esclusivamente la compensazione delle spese. La NCA proponeva appello incidentale, eccependo la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda principale di nullità del contratto, chiedendone l’accoglimento. In via subordinata, insisteva per la risoluzione del contratto e la condanna al risarcimento dei danni. La Corte di appello di Bari accoglieva l’appello incidentale e riformava la sentenza di primo grado. Riteneva fondata la domanda di nullità del contratto per illiceità dell’ oggetto, ai sensi degli artt. 1418 e 1346 c.c., in quanto il bene compravenduto risultava provento di furto, circostanza oggettivamente accertata. Affermava che la buona o mala fede del venditore fosse irrilevante ai fini della nullità del contratto, sebbene potesse incidere sulla decorrenza degli interessi
sulle somme da restituire. In applicazione di tale principio, condannava la CED e NOME COGNOME in proprio, in solido tra loro, alla restituzione alla NCA di € 42.499. Rigettava invece la domanda di risarcimento del danno, ritenendo che la nullità del contratto non presupponesse alcuna responsabilità dei contraenti.
Ricorre in cassazione la convenuta con un unico motivo. Resiste l’attrice con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 1346 e 1418 c.c. in relazione alla qualificazione della nullità del contratto per illiceità dell’oggetto. Si contesta la sentenza impugnata per avere erroneamente affermato che il contratto fosse nullo in ragione dell’oggettiva illiceità del bene compravenduto, essendo stato il veicolo oggetto di furto. Si sostiene che l’oggetto del contratto non coincide con il bene materiale venduto, bensì con il rapporto giuridico instaurato tra le parti, e che la liceità deve essere riferita alla prestazione dedotta nel contratto, non al bene in sé. Si richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la vendita di un bene con difetti gravi, se non configura un’ipotesi di nullità, può piuttosto integrare un caso di aliud pro alio o di inesatto adempimento, con conseguente applicazione delle regole sul risarcimento del danno ai sensi dell’art . 1494 c.c., non della nullità del contratto. Si aggiunge, inoltre, che la sentenza impugnata ha ignorato il giudicato derivante dal provvedimento di archiviazione del procedimento penale a carico del venditore, che avrebbe dovuto escludere ogni rilevanza della sua condotta in termini di dolo o colpa.
Nella parte censurata dal motivo, la sentenza afferma: «L’errore del primo giudice è consistito nel non avere considerato che, ai fini della declaratoria di nullità del contratto di compravendita per illiceità dell’oggetto, espressamente richiesta dall’attrice, era del tutto irrilevante la condotta del compratore o del venditore ovvero la buona fede di quest’ultimo, se non come si vedrà più oltre -per la
decorrenza degli interessi sulle somme da restituire. La nullità, infatti, sanziona, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 1418 e 1346 cod. civ., la oggettiva illiceità del bene compravenduto per essere stato oggetto di furto».
La parte controricorrente replica che il ricorso è infondato e che la sentenza impugnata ha correttamente applicato gli artt. 1346 e 1418 c.c. nel dichiarare la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto. Si osserva che la provenienza furtiva del veicolo è un accertamento in fatto compiuto sia dal tribunale che dalla Corte di appello e che, in quanto tale, non è sindacabile in sede di legittimità. Si sottolinea che la disposizione di archiviazione del procedimento penale nei confronti del venditore no n incide sull’accertata illiceità dell’oggetto del contratto, che rimane un dato oggettivo. Si precisa inoltre che la distinzione tra oggetto del contratto e oggetto dell’obbligazione, posta a fondamento del ricorso, è superata dalla dottrina e dalla giuri sprudenza, che identificano l’oggetto del contratto con la prestazione dedotta in contratto. Di conseguenza, la compravendita di un bene proveniente da reato integra una violazione di norme imperative e comporta la nullità dell’accordo negoziale. In merito al motivo di ricorso, si contesta l’argomentazione secondo cui la vendita di un bene con telaio alterato configurerebbe un’ipotesi di aliud pro alio o di inesatto adempimento. Si afferma che il trasferimento della proprietà di un bene derivante da reato costituisce un negozio contrario a norme imperative e che, pertanto, è nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c. Si richiamano diverse pronunce per ribadire che, in tali ipotesi, l’elemento soggettivo dei contraenti è irrilevante, poiché la nullità è determinata dalla sola illiceità dell’oggetto. Si aggiunge che l’interpretazione proposta dai ricorrenti implicherebbe un’inammissibile deroga al principio secondo cui i contratti aventi a oggetto beni illeciti non possono produrre effetti giuridici validi.
– In considerazione della valenza nomofilattica della questione sollevata nel motivo di ricorso, il collegio reputa opportuno disporre il rinvio della trattazione del ricorso alla udienza pubblica.
P.Q.M.
La Corte rimette la trattazione del ricorso alla pubblica udienza. Così deciso in Roma, il 05/03/2025.