Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18973 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18973 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
LOCAZIONE AD USO ABITATIVO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14048/2021 R.G. proposto da COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO , con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO , con domicilio telematico all’indirizzo EMAIL de i propri difensori
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 192/2021 della CORTE DI APPELLO DI REGGIO CALABRIA, depositata il 31 marzo 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
NOME COGNOME, nella qualità di procuratore generale di NOME COGNOME, intimò sfratto per morosità agli eredi di NOME COGNOME (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME) per un immobile sito in INDIRIZZO (già INDIRIZZO;
il giudizio di prime cure, interrotto per il decesso di NOME COGNOME (con riassunzione curata da NOME COGNOME, stavolta nella qualità di erede universale della deceduta) e di NOME COGNOME, venne definito dall’adito Tribunale di Reggio Calabria con sen tenza (n. 677/2018) di convalida dello sfratto, con ordine di immediato rilascio dell’immobile contrassegnato dal INDIRIZZO della strada indicata e condanna dei convenuti al pagamento di euro 722,96, quali canoni scaduti, nonché dei successivi canoni a scadere sino all’effettivo rilascio;
la decisione in epigrafe indicata ha disatteso l’appello interposto da NOME COGNOME;
ricorre per cassazione NOME COGNOME, affidandosi a tre motivi, cui resiste, con controricorso, NOME COGNOME;
Considerato che
preliminarmente, si dà atto che, a seguito dello smarrimento del fascicolo di ufficio cartaceo, è stata disposta la ricostituzione di esso con invito alle parti a depositare copie di ogni atto in loro possesso, invito assolto unicamente da parte controricorrente;
il primo motivo, per violazione o falsa applicazione degli artt. 1325, 1346 e 1418 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., censura la sentenza gravata per non aver pronunciato la nullità del contratto di locazione « in carenza, in quanto inesistente, sia al momento della stipulazione del contratto stesso sia nel momento della instaurazione del giudizio, il bene oggetto della locazione »;
assume, in sintesi, che « il INDIRIZZO » (in relazione al quale è stata dichiarata la convalida di sfratto e di cui è stato ordinato il rilascio) « inerisce un bene che nulla ha a che vedere con l’oggetto del contratto
di locazione », come evincibile dalle disposizioni testamentarie di NOME COGNOME e dalle certificazioni catastali;
la doglianza è inammissibile;
la Corte d’appello, premesso che nel contratto di locazione de quo l’immobile concesso in godimento era individuato come appartamento sito al INDIRIZZO, ha rilevato che in primo grado le parti resistenti non avevano mai eccepito « che il INDIRIZZO non esistesse e che quindi il contratto fosse nullo per inesistenza del bene oggetto di locazione »: descritto poi il contenuto delle memorie difensive degli intimati, ha concluso nel senso che « la doglianza espressa nelle difese di primo grado è limitata alla mancata indicazione catastale dell’immobile, rilievo che non si traduce in un’inesistenza materiale »;
a fronte di tale puntuale argomentazione, corredata di dettagliate illustrazioni degli atti difensivi, parte ricorrente contrappone una generica asserzione di aver sollevato l’eccezione;
espone, infatti, di aver proposto la questione « nella memoria integrativa di costituzione a firma dell’AVV_NOTAIO, depositata telematicamente in data 6 novembre 2017 »; ma di questo atto, in spregio al principio di specificità (anche detto « di autonomia ») sancito, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 366, primo comma, numm. 4 e 6, cod. proc. civ., non riproduce -nei tratti essenziali o nei passaggi d’interesse il contenuto, sì da non consentire a questa Corte di acquisire adeguata o idonea cognizione in ordine allo stesso;
trascrive, invece, un breve stralcio della « memoria di costituzione in giudizio a firma AVV_NOTAIO datata 6.11.2006 » nell’interesse della originaria intimata NOME COGNOME: quanto riportato, tuttavia, non giova alla tesi sostenuta ma finisce per corroborare la valutazione della Corte territoriale, non potendosi certo di per sé inferire dalla anodina locuzione « contratto sostanzialmente nullo e/o inesistente » una contestazione sulla materiale inesistenza del bene al INDIRIZZO;
r.g. n. 14048/2021 Cons. est. NOME COGNOME
d’altro canto, e a tutto concedere, la prospettazione complessiva del primo motivo concreta la deduzione di un vizio revocatorio, da far valere con il rimedio ex art. 395, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., assumendo, in buona sostanza, l’esistenza di un fatto processuale (la deduzione della nullità della locazione per inesistenza del INDIRIZZO 15) affermato come inesistente dalla Corte territoriale;
altresì inammissibile, infine, il motivo nella parte in cui lamenta una « superficiale lettura » o una « errata interpretazione » delle risultanze catastali, in tal guisa sollecitando questa Corte ad una rivalutazione delle emergenze istruttorie documentali, attività del tutto estranea alla natura ed alla funzione del giudizio di legittimità;
il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto storico oggetto di discussione tra le parti e a carattere decisivo, rappresentato dagli « accadimenti risultanti dalle certificazioni catastali allegate »;
anche questo motivo -che pure resterebbe assorbito per la sorte del primo – è comunque inammissibile;
il fatto decisivo per il giudizio considerato da ll’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. va inteso in senso storico-naturalistico, cioè a dire come evento fenomenico, considerato nella sua oggettiva esistenza di concreto accadimento di vita, con esclusione (tra l’altro) di questioni o argomentazioni difensive, elementi istruttori o risultanze probatorie (Cass. 26/04/2022, n. 13024; Cass. 31/03/2022, n. 10525; Cass. 08/11/2019, n. 28887; Cass. 29/10/2018, n. 27415);
nella specie, per contro, il « fatto » asseritamente non esaminato è costituito, per l’appunto, dalle risultanze delle certificazioni catastali: e tanto giustifica l’inammissibilità del motivo;
il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 110, 291 e 307 cod. proc. civ.;
assume, breviter , il difetto di integrità del contraddittorio, dacché, a seguito del decesso della originaria intimata NOME COGNOME, in sede di riassunzione del processo « risultano le notificazioni essere avvenute nei confronti di due soli figli della de cuius (COGNOME NOME e COGNOME NOME), manca invece la prova (e mai è stata fornita) della perfezionata notifica dell’atto di riassunzione nei confronti del terzo figlio NOME » : da ciò fa discendere la violazione dell’art. 110 cod. proc. civ. laddove richiede la necessaria partecipazione al processo di tutti gli eredi della parte deceduta;
il motivo è inammissibile;
là dove evoca la decisione di primo grado, che questa volta non localizza e riguardo alla quale non fornisce alcuna riproduzione della notifica asseritamente non andata a buon fine nei confronti del NOME, il motivo viola l’art. 366 , primo comma, num. 6, cod. proc. civ.;
inoltre – e tanto evidenzia ulteriore inammissibilità -, il motivo prospetta la mancanza di prova della notifica al NOME, ma ciò non avrebbe escluso che il contraddittorio contro gli eredi fosse integro, bensì avrebbe determinato soltanto un problema di mancanza notificazione contro una parte chiamata in causa e, dunque, una decisione resa in una situazione di erronea contumacia: di ciò avrebbe dovuto dolersi NOME COGNOME con il mezzo dell’appello e non poteva lamentarsi l’odierno ricorrente, a fortiori in questa sede, sicché il motivo risulta inammissibile;
l’esame degli atti di causa , se fosse possibile, evidenzierebbe come, nel corso del giudizio di prime cure, alla udienza del 19 settembre 2017 il giudice istruttore, a seguito del deposito di atto di riassunzione notificato, abbia dichiarato la contumacia di NOME COGNOME: sicché l’argomentazione sottesa al motivo muove da un presupposto di fatto contrario a quanto accertato dal giudice territoriale;
a ciò aggiungasi, a conforto dell’inammissibilità, la radicale carenza espositiva in ordine allo svolgimento successivo del processo: in specie manca del tutto l’illustrazione dell’atto di appello e, quindi, de l modo con cui la questione è stata devoluta al giudice del gravame, fermo restando, comunque, che il giudice di prime cure aveva riscontrato la corretta evocazione in lite di tutti gli eredi di NOME COGNOME e che della (eventuale) erroneità della dichiarazione di contumacia di NOME COGNOME so ltanto quest’ultimo era legittimato a dolersi;
il ricorso è dichiarato inammissibile;
il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue il principio della soccombenza;
attes o l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione