Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15195 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15195 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
Oggetto: contratti bancari
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17801/2020 R.G. proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, sito in Roma, INDIRIZZO
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, entrambe rappresentate e difese dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con domicilio eletto presso lo studio del l’AVV_NOTAIO, sito in Roma, INDIRIZZO
– controricorrenti – avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 541/2020, depositata il 14 febbraio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2024
dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, depositata il 14 febbraio 2020, che, in riforma della sentenza del locale Tribunale, ha respinto le loro domande di accertamento della nullità delle clausole di un contratto di mutuo concluso con la RAGIONE_SOCIALE relativa alla determinazione degli interessi e di condanna della RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria dei crediti derivanti da tale contratto, alla restituzione delle somme indebitamente versate;
la Corte di appello ha riferito che il giudice di primo grado aveva dichiarato il difetto di legittimazione attiva di NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali avevano agito quali fideiussori delle obbligazioni assunte da NOME COGNOME con la conclusione del contratto di mutuo, aveva accertato la validità della clausola determinativa degli interessi in relazione al profilo della allegata usura «genetica», e ritenuto, invece, nulla la stessa per indeterminatezza e indeterminabilità degli interessi co rrispettivi pattuiti, in ragione dell’omessa indicazione nel contatto del T.A.N. (Tasso Annuo Nominale), con conseguente applicazione del tasso sostitutivo ex art. 117 t.u.b. e rideterminazione del piano di ammortamento;
ha, quindi, accolto il gravame principale della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE, evidenziando che nel contratto in oggetto tutte le condizioni economiche erano analiticamente indicate, in conformità con le prescrizione della Banca d’Italia, che le stesse erano chiaramente evincibili anche alla luce del piano finanziario sottoscritto dalle parti e che, pertanto, priva di rilevanza era la mancata indicazione del T.A.N., avuto riguardo, altresì alla indicazione del T.A.E.G. (Tasso Annuo Effettivo Globale), indicatore più completo ed espressivo anche del T.A.N. e, comunque, alla facile individuazione di tale valore alla luce
dei dati indicati nel contratto e nell’allegato piano di ammortamento; -ha, inoltre, respinto l’appello incidentale, vertente sulla mancata condanna anche della RAGIONE_SOCIALE, avuto riguardo alle ragioni sottese all’accoglimento dell’appello principale, oltre che al la carenza di legittimazione attiva dei fideiussori NOME COGNOME e NOME COGNOME, accertata dal giudice di primo grado con statuizione non aggredita dal gravame;
il ricorso è affidato a otto motivi;
resistono, con unico controricorso, la RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE;
le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
-va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME, in quanto il giudice di appello ha dato atto della mancata impugnazione della statuizione del giudice di primo grado di carenza della loro legittimazione attiva e tale ultima statuizione non risulta essere aggredita in questa sede, per cui difetta il loro interesse ad agire;
-quanto al ricorso proposto da NOME COGNOME, deve preliminarmente darsi atto che il ricorrente, con la memoria depositata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ., ha allegato la carenza di legittimazione della RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE, per estraneità del rapporto in contestazione da quelli oggetto di cessione in blocco in suo favore dalla RAGIONE_SOCIALE , sollecitando la Corte a rilevare d’ufficio la questione;
sul punto, si osserva che dagli atti conoscibili non emergono elementi in grado di legittimare il rilievo della prospettata carenza di legittimazione della parte;
ciò posto, con il primo motivo si denuncia l’omessa pronuncia e l’omessa motivazione in ordine alla domanda avente a oggetto la nullità
della clausola di determinazione degli interessi per indeterminatezza e per violazione degli obblighi di chiarezza e trasparenza;
il motivo è inammissibile, in quanto la domanda asseritamente non esaminata non risulta essere chiaramente riportata nel ricorso;
-con il secondo motivo si deduce l’omesso esame di motivi di inammissibilità dell’appello principale, sollevati con riferimento alla «mancata e puntuale impugnazione di tutti i capi di sentenza»;
il motivo è inammissibile;
infatti, il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche, come nel caso in esame, di questioni processuali (cfr. Cass. 11 ottobre 2018, n. 25154; Cass. 25 gennaio 2018, n. 1876);
-con il terzo motivo si lamenta l’omessa pronuncia sui motivi dell’appello principale e l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio;
il motivo è inammissibile;
quanto alla dedotta omessa pronuncia, parte ricorrente non ha interesse a dolersi del mancato esame di motivi di appello formulati dalla controparte, in quanto inidoneo a dare luogo a effetti a lei sfavorevoli;
quanto alla censura per vizio motivazionale, si rileva che manca l’indicazione del fatto storico asseritamente non esaminato dal giudice di appello;
-con il quarto motivo il ricorrente si duole dell’omessa pronuncia e, in subordine, dell’omesso esame di un fatto decisivo e controverso, in relazione alla impossibilità di individuare i costi contrattuali in presenza della sola indicazione del T.A.E.G. e in assenza della indicazione del T.A.N.;
il motivo è inammissibile;
anche in questo caso, non è riportata la domanda giudiziale su cui la Corte territoriale non si sarebbe pronunciata;
in ordine al dedotto vizio motivazionale, si osserva che manca l’indicazione del fatto da intendersi in senso storico-naturalistico (cfr., sul punto, Cass. 26 aprile 2022, n. 13024; Cass. 26 gennaio 2022, n. 2268) -asseritamente non esaminato;
con il quinto motivo il ricorrente critica la sentenza impugnata l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso, in relazione alla impossibilità di estrapolare il T.A.N. dal piano di ammortamento e/o dai documenti contrattuali sottoscritti;
il motivo è inammissibile per le ragioni precedentemente indicate con riferimento all’esame di analoghe censure per vizio motivazionale articolate con il terzo e il quarto motivo;
può, comunque, osservarsi che il tasso di interesse si reputa determinabile quando contenga un richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purché obiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse (cfr. Cass. 30 marzo 2018, n. 8028) e che allorché, come nel caso in esame, al Corte di appello ritenga che gli elementi indicati in contratto consentano l’individuazione del tasso di interessi pattuito si è in presenza di un accertamento fattuale riservato al giudice di merito;
con il sesto motivo il ricorrente critica la sentenza di appello per violazione o falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 117 t.u.b. e 1346 cod. civ. e delle Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia del 25 luglio 2003, sezioni II e III, artt. 3, tit. X, cap. 1, nella parte ha ritenuto che l’indicazione del T.A.E.G. fosse idonea a ritenere assolto l’obbligo di indicare nel contratto il tasso di interesse, le condizioni e il costo dl finanziamento;
il motivo è inammissibile;
la doglianza non aggredisce puntualmente la ratio decidendi sul punto, che non si risolve nella sola sufficienza dell’indicazione del T.A.E.G. ad assolvere alla previsione di cui all’art. 117, quarto comma, secondo cui i contratti devono indicare il tasso d’interesse e ogni altro
prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora;
– infatti, la Corte di appello ha puntualizzato che «nel contratto oggetto di causa sono analiticamente riportate tutte le condizioni relative al piano di finanziamento concernenti tassi di interesse, il tasso di indicizzazione, gli interessi di mora, i criteri di indicizzazione, il TAEG o l’indicazione sin tetico di costo richiesti dalle Istruzioni fornite dalla Banca d’Italia agli operatori di settore … le condizioni contrattuali vanno integrate con il piano finanziario, anch’esso concordato e sottoscritto dalle parti, dal quale si desume chiaramente il valore dell’operazione nel tempo attraverso il numero delle rate e l’ammontare di ciascuna di esse, con l’incidenza degli interessi, del tasso debitore, delle spese» (pag. 9), aggiungendo, quanto al T.A.N., che tale valore «si desume agevolmente dal piano di ammortamento approvato dalle parti, che riporta tutti gli elementi a ciò utili» (pag. 8); – da ciò si desume che la Corte territoriale ha fondato la sua decisione di validità del contratto, sotto il profilo contestato, non già in ragione della sola indicazione del T.A.E.G., ma anche da fatto che il documento contrattuale e i relativi allegati (tra cui il piano di ammortamento) consentivano un’agevole individuazione delle condizioni economiche del contratto;
sotto altro profilo, si rileva che la doglianza si risolve, nella sostanza, al pari delle altre esaminate in precedenza, in una critica alla valutazione degli elementi probatori effettuata dal giudice di merito, che è a questi riservata e non può, dunque, essere sindacata in questa sede (cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476);
-con il settimo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso, in relazione alla ritenuta non essenzialità dell’indicazione in contratto del T.A.N.;
il motivo è inammissibile;
al pari di quanto evidenziato con riferimento ad analoghe censure
affrontate in precedenza, la doglianza è priva dell’indicazione del fatto asseritamente non esaminato;
-con l’ultimo motivo il ricorrente deduce la « violazione dell’art. 360.c.1 n. 5 in violazione dell’art. 112 c.p.c. » , lamentando l’omesso esame «che i documenti contrattuali presentassero vizi serissimi che rendevano nulli gli stessi con violazione anche dell’art. 1346 c.c. »;
il motivo è inammissibile;
-la censura si risolve in una critica all’accertamento di fatto operato dalla Corte di appello, che, come già rilevato, essendo a riservato al giudice di merito non può essere sindacato in questa sede;
pertanto, per le indicate considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 7.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 24 aprile 2024.