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Nullità contratto d’appalto: la decisione della Corte

Un’impresa appaltante si opponeva al pagamento di lavori edili, invocando la nullità del contratto d’appalto per violazione delle norme sulla sicurezza. La Corte d’Appello ha respinto il ricorso, stabilendo che l’appaltante non può avvalersi della propria inadempienza agli obblighi di sicurezza, come la mancata predisposizione del Piano di Sicurezza, per evitare di saldare il corrispettivo per lavori regolarmente eseguiti e mai contestati.

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Pubblicato il 13 giugno 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Nullità Contratto d’Appalto: Quando il Committente non Può Sfruttare le Proprie Omissioni

La nullità del contratto d’appalto per violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro è un tema delicato con importanti conseguenze economiche. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma ha chiarito un punto fondamentale: il committente che non adempie ai propri obblighi in materia di sicurezza non può successivamente invocare tale inadempienza per rifiutarsi di pagare i lavori regolarmente eseguiti. Questo articolo analizza la decisione, evidenziando i principi di diritto e le implicazioni pratiche per le imprese.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da due contratti d’appalto stipulati nel 2013 e nel 2017 tra un’impresa committente e un’impresa appaltatrice per l’esecuzione di una serie di lavori edili. L’appaltatrice ha eseguito le opere richieste, emettendo regolari fatture per un totale di circa 23.000 euro.

Tuttavia, l’impresa committente non ha mai saldato il dovuto. Di fronte all’inadempimento, l’appaltatrice ha ottenuto dal Tribunale di Roma un decreto ingiuntivo per il pagamento della somma. La committente ha proposto opposizione al decreto, sostenendo una tesi difensiva drastica: la nullità del contratto d’appalto. Secondo l’opponente, i contratti erano nulli per la violazione dell’art. 26 del D.Lgs. 81/2008, che impone di indicare specificamente i costi per la sicurezza derivanti dalle interferenze lavorative.

Il Tribunale di primo grado ha respinto l’opposizione, condannando la committente al pagamento. Non soddisfatta, l’impresa ha presentato appello, ribadendo le sue argomentazioni.

La Decisione della Corte d’Appello sulla Nullità Contratto d’Appalto

La Corte d’Appello di Roma ha confermato integralmente la sentenza di primo grado, rigettando l’appello e condannando la committente a pagare le spese legali. La Corte ha ritenuto l’appello manifestamente infondato, basando la sua decisione su un’analisi approfondita degli obblighi delle parti in materia di sicurezza nei cantieri temporanei e mobili.

I giudici hanno sottolineato come le argomentazioni della società appellante fossero deboli e pretestuose, mirate unicamente a sottrarsi a un’obbligazione di pagamento per lavori che erano stati eseguiti, accettati e mai contestati nella loro corretta esecuzione.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato la tesi dell’appellante attraverso diversi passaggi logici. In primo luogo, ha confermato che i lavori in questione rientravano nella categoria dei ‘cantieri temporanei o mobili’, soggetti alla disciplina del Titolo IV del D.Lgs. 81/2008.

Il punto centrale della motivazione risiede però nell’attribuzione delle responsabilità. La Corte ha evidenziato che, in questo tipo di cantieri, è l’impresa committente ad avere l’obbligo primario di predisporre, tramite un coordinatore per la progettazione, il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC). L’impresa appaltatrice, a sua volta, è tenuta a redigere il proprio Piano Operativo di Sicurezza (POS) e ad attenersi alle disposizioni del PSC.

Nel caso di specie, la committente lamentava la violazione di norme sulla sicurezza, ma ometteva di menzionare il proprio ruolo cruciale e la propria inadempienza. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: una parte contrattuale non può invocare la nullità del contratto a causa di un’omissione per la quale essa stessa è primariamente responsabile. In altre parole, la committente non poteva sfruttare la propria mancanza (la mancata predisposizione del PSC) per ottenere un vantaggio ingiusto, ovvero non pagare il corrispettivo pattuito.

Inoltre, la Corte ha specificato che il mancato adempimento di tali obblighi di sicurezza comporta specifiche sanzioni previste dal D.Lgs. 81/2008, ma non determina automaticamente la nullità del contratto, soprattutto quando la questione viene sollevata dalla parte che aveva il dovere di garantire tali adempimenti e che ha pacificamente beneficiato dell’opera eseguita.

Le Conclusioni

La sentenza offre un’importante lezione pratica: la normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro è posta a tutela dei lavoratori e non può essere strumentalizzata per fini elusivi delle obbligazioni contrattuali. Un committente non può ignorare i propri doveri in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori per poi, a lavori ultimati, eccepire la nullità del contratto d’appalto e trattenere il pagamento. Questo comportamento, oltre a essere contrario alla buona fede contrattuale, non trova tutela nell’ordinamento giuridico, che mira a sanzionare le violazioni della sicurezza ma anche a garantire l’equilibrio e la correttezza nei rapporti commerciali.

Un contratto d’appalto è nullo se non indica i costi della sicurezza?
La sentenza chiarisce che la nullità non è automatica. La Corte ha respinto la richiesta di nullità avanzata dalla parte committente, poiché era essa stessa la principale responsabile degli adempimenti in materia di sicurezza (come la redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento) e non poteva usare la propria omissione per evitare di pagare lavori regolarmente eseguiti.

Chi ha la responsabilità principale di redigere il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) in un cantiere?
Secondo la sentenza, in un cantiere temporaneo o mobile, l’obbligo principale di predisporre il PSC ricade sull’impresa committente, la quale deve incaricare un coordinatore per la progettazione per la sua redazione.

È possibile rifiutarsi di pagare un lavoro eseguito sostenendo la nullità del contratto per motivi di sicurezza?
No, non se la parte che si rifiuta di pagare è la stessa che aveva l’obbligo primario di garantire il rispetto delle norme di sicurezza e ha beneficiato dei lavori senza mai contestarne l’esecuzione. La Corte ha stabilito che tale comportamento è contrario alla buona fede e non merita tutela.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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