Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 35084 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 35084 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3362/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentat a e difesa dall’avvocato COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentat a e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, NOME COGNOME;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2525/2022 depositata il 29/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La causa trae origine da più contratti di locazione finanziaria stipulati tra la società RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE
Nel 2018 la RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE denunciando l’assenza del piano di ammortamento, l’indeterminatezza del tasso di leasing, la nullità della clausola ‘floor’ nonché l’usurarietà del tasso corrispettivo e moratorio.
La causa veniva istruita e il Tribunale di Treviso disponeva una C.T.U. per verificare l’eventuale pattuizione di interessi, corrispettivi o moratori, usurari e se il contenuto dei contratti ‘risultasse da un punto di vista tecnico contabile indeterminato anche con riferimento alla clausola di indicizzazione’.
Il Tribunale di Treviso, con la sentenza n. 551/2020, rigettava la domanda attrice.
Proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE chiedendo la declaratoria di nullit à di tutti i contratti stipulati con
RAGIONE_SOCIALE per la mancanza iniziale di un piano di ammortamento (predisposto solamente nel mese di marzo del 2015) e per l’indeterminatezza di tutte le clausole sugli interessi per violazione della legge n. 154 del 1992 o quanto meno delle clausole sul calcolo dell’indicizzazione contenute nelle modifiche contrattuali del 22.12.2009 e del 22.6.2012 conformemente a quanto gi à rilevato dal C.T.U. Insisteva per la rideterminazione degli interessi dovuti, quanto meno a partire dal 22.12.2009, ai sensi dell’art. 117, comma 7, TUB o comunque in base al saggio legale con la restituzione delle somme (come quantificate nella consulenza tecnica per il caso di ritenuta invalidit à delle due ultime modifiche contrattuali).
2.1. La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 2525/2022 pubblicata il 25 novembre 2022, accoglieva l’appello della COGNOME e,
accertata la nullit à dei contratti stipulati nelle date del 22.12.2019 ed il 22.6.2012 per violazione degli articoli 1346 e 1418 cod. civ., in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava RAGIONE_SOCIALE a restituire a RAGIONE_SOCIALE la somma di Euro 649.424,97 oltre ad interessi legali dalla domanda al saldo.
Il giudice dell’appello , ritenendo che i contratti fossero stati stipulati da una società per scopi legati alla sua attività imprenditoriale e che l’utilizzatore del bene non fosse un consumatore, escludeva che la mancata consegna del piano di ammortamento potesse aver prodotto gli effetti invalidanti indicati dall’art. 125 bis TUB.
Rigettava anche il motivo di appello concernente i primi tre contratti stipulati con RAGIONE_SOCIALE in quanto l’obbligo di indicazione del tasso annuo effettivo globale sancito dall’art. 19 della legge n. 154 del 1992 riguardava i contratti conclusi dai consumatori mentre l’appellante rivestiva la qualità di professionista. Nessuna estensione di tale obbligo rilevante ai fini di causa era stata, inoltre, decisa dalla Banca d’Italia (in attuazione di quanto consentito dall’art. 117, comma 8, TUB), avendo, invece, l’organo di vigilanza chiarito nel 2015 che le disposizioni sulla trasparenza contenute dapprima nella legge n. 154 del 1992 e poi negli originari artt. 123 e 124 del TUB non prevedevano l’applicazione del TAEG ai contratti di leasing.
Accoglieva, invece, la domanda di nullità dei contratti, stipulati nel 2009 e nel 2012, per violazione degli articoli 1346 e 1418 cod. civ.
Riteneva che a partire dalla stipula del contratto del 22.12.2019 e fino al 30.6.2018 (data cui arrivava la documentazione sul pagamento dei canoni prodotta in primo grado) gli interessi andassero rideterminati ai sensi dell’art. 117, comma 7, lett. a) TUB e non gi à in base al saggio legale di cui andava, invece, fatta applicazione nella diversa ipotesi di assenza di previsione contrattuale. Pertanto, il debito residuo, calcolato dal C.T.U.,
risultava pari ad Euro 1.871.685,45. Avendo la RAGIONE_SOCIALE corrisposto Euro 2.521.110,49, alla RAGIONE_SOCIALE la differenza di Euro 649.424,97, (pari agli interessi corrisposti da Bonis s.p.a. in eccesso), doveva da quest’ultima essere restituita.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi.
3.1. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
3.2. Le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la Violazione e falsa applicazione dell’art. 101, comma 2, c.p.c., dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 345 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c.);
Sostiene che la domanda attinente alla indeterminatezza della clausola di indicizzazione per mancata indicazione della tabella esemplificativa non è stata sollevata da COGNOME nel corso del primo grado di giudizio ma sarebbe stata introdotta solo con atto di citazione in appello, come opportunamente sollevato da NOME in sede di comparsa di costituzione e risposta tanto che NOME avrebbe affermato in tale sede, attesa la novit à della censura, di non accettare il contraddittorio sulle predette nuove e specifiche eccezioni e chiedendone l’inammissibilità.
4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1346 c.c., della L.154/1992, della Circolare di Banca d’Italia n. 229 del 21.04.1999 e ss.mm., del Provvedimento del Governatore di Banca d’Italia del 25 luglio 2003 (ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.).
Si duole che la corte di merito abbia errato nel dichiarare la nullit à dei contratti stipulati nel 2009 e nel 2012 per violazione degli articoli 1346 e 1418 cod. civ perché ha pronunciato in violazione dell’art. 1346 c.c., della L.154/1992, della Circolare n. 229 di Banca d’Italia del 29 aprile 1999 e ss.mm e del Provvedimento del Governatore di Banca d’Italia del 25 luglio 2003.
Lamenta la Claris che nel caso di specie l’assoluta determinatezza della clausola di indicizzazione si evince dalle pattuizioni inter partes da cui risulta che la clausola che regola l’indicizzazione dei canoni – riportata nel contratto del 2003 e del 2008 e negli atti integrativi del 22.12.2009 e del 22.06.2012 – esplicita che le somme oggetto dell’indicizzazione sono i canoni periodici pattuiti inter partes. E sul valore dei canoni periodici, con cadenza trimestrale e posticipata, sono stati determinati gli accrediti ed addebiti a favore delle parti, sulla base dell’andamento dell’indice Euribor 3 Mesi 365/365 rilevato sul Sole 24 Ore.
4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 e 1419 c.c. e art. 117 TUB (ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.), documenti I, XIII,XIV, XV e XVI del fascicoletto.
L amenta che l’interpretazione fornita dalla Corte territoriale, secondo cui l’indeterminatezza o l’indeterminabilità della clausola di indicizzazione comporterebbe la nullità della clausola determinativa dei canoni, risulti in evidente contrasto con gli artt. 1418 e 1419 c.c., nonché con l’effettiva volontà contrattuale delle parti e con l’art. 117 del T.U.B. La sentenza impugnata è errata poiché basata su un’applicazione non corretta degli artt. 1418 e 1419 c.c. e dell’art. 117 TUB .
Lamenta che , pertanto, anche nell’eventualità in cui la clauso la di indicizzazione fosse considerata indeterminata la sanzione di nullità non potrebbe estendersi alla distinta clausola determinativa del corrispettivo di locazione finanziaria. Aggiunge anche che l’indeterminatezza della clausola di indicizzazione dovrebbe comportare la caducazione degli accrediti e degli addebiti ad essa collegati.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Occorre premettere che la nullità delle clausole contrattuali è rilevabile d’ufficio e può essere denunciata dalle parti, nel corso del giudizio, anche in relazione a profili di nullità non originariamente denunciati, ma ciò non esclude che tale principio si debba coordinare con gli oneri di allegazione, e che quindi le nuove censure possano e debbano essere prese in considerazione solo se si fondano su tempestive allegazioni alle quali devono necessariamente coordinarsi (Cass. 28983/2023; Cass. 13536/2023).
Le nullità negoziali che non siano state rilevate d’ufficio in primo grado sono suscettibili di tale rilievo in grado di appello o in cassazione a condizione che i relativi fatti costitutivi siano stati ritualmente allegati dalle parti (Cass. 20713/2023; Cass. 4867/2024).
Nella specie, la Corte d’Appello ha ritenuto che la domanda di nullit à per indeterminatezza sia stata formulata sin dall’atto di citazione del primo grado e che la tabella per il calcolo dell’indicizzazione dei canoni costituisce solamente un elemento per verificare la presenza dei requisiti minimi di determinabilit à del corrispettivo contrattuale, non essendosi pertanto determinata alcuna preclusione, sussistendo tutti gli altri elementi per effettuare la verifica necessaria.
Pertanto, il giudice del merito sulla base di un accertamento di fatto non censurabile in questa sede ha ritenuto, sulla base delle valutazioni effettuate dal CTU, la sussistenza nella specie della mancanza di un meccanismo di adeguamento del canone auto applicativo.
Ha, pertanto, stabilito che senza la predetta tabella mancano tutte le informazioni necessarie per pervenire alla quantificazione ‘definitiva’ dei canoni.
Orbene, le censure formulate dall’odierna ricorrente risultano invero sostanzialmente volte a una diversa ricostruzione della
vicenda rispetto a quella indicata dalla corte di merito nell’impugnata sentenza e a d inammissibilmente sollecitare da parte di questa Corte una differente valutazione del compendio probatorio rispetto a quella compiuta dal giudice dell’appello.
Risponde invero a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che nel giudizio di cassazione non sono proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti.
Non essendo questa Corte giudice sul fatto, il ricorrente non può pertanto limitarsi a prospettare una lettura delle prove ed una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito, svalutando taluni elementi o valorizzando altri ovvero dando ad essi un diverso significato, senza dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione tali da rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal giudice rispetto al corrispondente modello normativo.
Va d’altro canto sottolineato che l’indeterminatezza del contenuto di una clausola può rendere indeterminabile anche quello di altra clausola alla prima legata da vincolo funzionale, allorquando le parti intendano con tale collegamento realizzare un risultato economico unitario (Cass. N. 16907/2019).
A tale stregua è invero corretta la sentenza impugnata nella parte in cui la corte di merito dove ha ravvisato la nullità dei contratti stipulati nel 2009 e nel 2012 per violazione degli artt. 1346 e 1418 c.c., affermando che a partire dalla stipula del contratto del
22.12.2019 e fino al 30.06.2018 gli interessi vanno rideterminati ai sensi dell’art. 117, co. 7, lett. A) , TUB e non già al saggio legale di cui va invece fatta applicazione nella diversa ipotesi di assenza di previsione contrattuale (pag. 18 sentenza impugnata).
Non può per altro verso d’altro canto sottacersi che non risulta dalla ricorrente nemmeno mossa idonea censura relativamente all’interpretazione dei contratti de quibus , con argomentata deduzione dei criteri legali d’interpretazione ex artt. 1362 ss. c.c. asseritamente violati.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 14.200,00 di cui euro 14.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza