Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12693 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12693 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18439/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e COGNOME RAGIONE_SOCIALE, domiciliate in ROMA, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Suprema Corte di cassazione, rappresentate e dife se dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME
-intimato – avverso la sentenza n. 4045/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/06/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/05/2025 dal Presidente dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel confermare l’ordinanza interdittale che aveva disposto la reintegrazione di NOME RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME nel compossesso di un immobile in Pontinia, il Tribunale di Latina
condannò NOME COGNOME al risarcimento del danno da lucro cessante subito dalle ricorrenti.
NOME COGNOME propose appello. Nella resistenza delle controparti, le quali eccepivano l’inammissibilità dell’impugnazione per tardività della notifica della citazione in forma integrale, con sentenza n. 4045/2023 la Corte d’appello di Roma accolse par zialmente il gravame, riducendo il quantum liquidato in favore delle appellate. Il Giudice di seconde cure ritenne sufficiente, ai fini dell’esercizio del potere di impugnare, la notifica della citazione -malgrado l’incompletezza dell’atto, che poteva ver osimilmente ricondursi a una problematica di natura informatica -effettuata il 26.3.2018, ultimo giorno utile per impugnare la pronuncia di prime cure, rilevando altresì che, il giorno successivo, il COGNOME aveva provveduto a notificare alle contropar ti l’atto integrale, in tal modo sanando la prima citazione. Inoltre, la Corte territoriale rilevò che le appellate avevano provato il loro compossesso per una quota inferiore a quella individuata dal Giudice di prime cure.
Avverso la predetta sentenza RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME propongono ricorso per Cassazione, affidandosi a tre motivi. NOME COGNOME è rimasto intimato.
In prossimità dell’udienza camerale, la società ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 326 c.p.c. e 164, comma 5° c.p.c. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto sanato con efficacia retroattiva l’atto di appello notificato tempestivamente -nonostante si componesse di una sola pagina e contenesse soltanto l’indicazione dell’autorità adita, delle parti e la parte iniziale della premessa in fatto -in virtù della notifica della citazione integrale avvenuta il giorno successivo allo spirare del termine per impugnare. Secondo le ricorrenti, la Corte d’appello avrebbe omesso di rilevare
che, se per i vizi afferenti alla vocatio in ius la sanatoria opera retroattivamente, lo stesso non può dirsi per le nullità relative all’ editio actionis , la cui sanatoria dispiega effetti ex nunc . Di talché, atteso che la notifica della seconda citazione in appello, che avrebbe dovuto sanare il primo atto incompleto, era avvenuta quando i termini per impugnare la pronuncia di prime cure erano già spirati, il gravame proposto da NOME COGNOME doveva ritenersi inammissibile in quanto tardivo.
Con il secondo motivo le ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 164 e 168 c.p.c. La Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che il COGNOME aveva provveduto a iscrivere a ruolo soltanto il secondo gravame, privo di qualsivoglia richiamo o allegazione della prima e incompleta citazione. Pertanto, avendo l’appellante incardinando unicamente il giudizio introdotto con l’atto notificato tardivamente, non avrebbe astrattamente potuto operare alcun tipo di sanatoria, nemmeno con efficacia ex nunc .
Con il terzo motivo le ricorrenti denunziano, ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 4 c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione di legge e/o nullità della sentenza in relazione agli artt. 132, 115 e 116 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. Secondo le ricorrenti, la pronuncia di seconde cure sarebbe affetta dal vizio della mera apparenza della motivazione in ordine alla riduzione del quantum liquidato a titolo di risarcimento del danno, per avere la Corte d’appello affermato che le predette ricorrenti si erano dichia rate ‘ composseditrici dell’immobile nella sola misura di un terzo ‘, pur in assenza di alcun tipo di riconoscimento delle predette in tal senso. Inoltre, il Giudice di seconde cure avrebbe travisato le risultanze probatorie in atti, dalle quali emergeva la maggiore entità della quota di compossesso facente capo alle odierne ricorrenti.
Il primo motivo è fondato.
E’ pacifico che NOME COGNOME, dopo aver notificato l’ultimo giorno utile prima dello spirare del termine per l’impugnazione – un atto di citazione in appello privo del contenuto del gravame, provvide il giorno successivo a notificare l’atto completo, procedendo ad iscrivere a ruolo quest’ultimo.
Giova allora rilevare che l’art. 164 c.p.c., recante la disciplina della nullità della citazione, distingue due tipologie di vizi dell’atto introduttivo del giudizio. La prima afferisce alla chiamata in causa del convenuto e ricorre nelle ipotesi di omissione o assoluta incertezza di taluno dei requisiti di cui all’art. 163, nn. 1 e 2 c.p.c., di carenza di indicazione della data dell’udienza di comparizione, di assegnazione di un termine per comparire inferiore a quello previsto dalla legge o di carenza del l’avvertimento ex art. 163, n. 7 c.p.c.
Questa tipologia di nullità si considera sanata, per raggiungimento dello scopo, con la costituzione in giudizio del convenuto. Se, tuttavia, questi non si costituisce, il Giudice rileva la nullità dell’atto introduttivo e ne dispone d’ufficio la rinnovazi one entro un termine perentorio. In forza di tale sanatoria, gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione.
Diverso è il regime degli effetti della sanatoria delle nullità afferenti alla editio actionis , che si configurano nei casi di omissione o assoluta incertezza circa la determinazione della cosa oggetto della domanda e di carenza dell’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda. In tali casi, stante l’evide nte impossibilità di sanare l’atto introduttivo del giudizio mediante la costituzione del convenuto, è necessaria la rinnovazione della citazione o l’integrazione della domanda, per le quali il Giudice fissa all’attore un termine perentorio. Gli effetti di tale sanatoria non retroagiscono al tempo della prima notificazione in quanto, per espressa previsione dell’art. 164, comma 5° c.p.c., restano ferme le decadenze maturate.
Al riguardo, questa Corte ha rilevato che la disciplina codicistica della nullità della citazione opera ‘ una distinzione quanto alle conseguenze della costituzione del convenuto -poiché mentre i vizi afferenti alla ‘vocatio in jus’ sono sanati con effetto ‘ex tunc’, quelli relativi alla ‘editio actionis’ sono sanati con effetto ‘ex nunc ‘ . Inoltre, la stessa giurisprudenza di legittimità rileva che, prevedendo l’art. 350 c.p.c. che il Giudice d’appello, in sede di prima udienza, verifichi la regolare costituzione del giudizio e, laddove occorra, disponga la rinnovazione della notifica dell ‘atto introduttivo del giudizio di seconde cure, risulta confermata, in assenza di una disciplina derogatoria, ‘ l’applicabilità anche al giudizio di appello del disposto dell’art. 164 c.p.c. e la distinzione, quanto agli effetti della rinnovazione, fra vizi relativi alla vocatio in jus, sanabili con effetto retroattivo, e vizi relativi all’editio actionis, sanabili solo con effetto ex nunc .’ ( Sez. 1, n. 17951 del 1° luglio 2008).
Conseguentemente, secondo un indirizzo ormai consolidato, i vizi riguardanti la editio actionis sono rilevabili d’ufficio dal giudice e non sono sanati dalla costituzione in giudizio del convenuto, essendo questa inidonea a colmare le lacune della citazione stessa, che compromettono lo scopo di consentire non solo al convenuto di difendersi, ma anche al giudice di emettere una pronuncia di merito, sulla quale dovrà formarsi il giudicato sostanziale; ne consegue che non può farsi applicazione degli artt.156, comma 3, e 157 c.p.c., essendo la nullità in questione prevista in funzione di interessi che trascendono quelli del convenuto (Sez. 3, n. 6673 del 19 marzo 2018; Sez. 3, n. 17495 del 23 agosto 2011; Sez. 1, n. 26662 del 18 dicembre 2007).
Traendo dunque le fila del discorso ed applicando i suddetti principi alla fase dell’impugnazione, ne deriva che, n el caso di specie, il primo atto di citazione in appello notificato dal COGNOME non poteva considerarsi emendato dalle denunciate nullità per effetto della successiva notifica in forma integrale, atteso che un’eventuale
sanatoria dell’atto avrebbe potuto operare, per quel che concerne i vizi della vocatio in ius , dal momento della prima notificazione e, cioè, a far data dal 26.3.2018, mentre per quel che riguarda i vizi afferenti all’ editio actionis dal momento della seconda notificazione, avvenuta il 27.3.2018, quando il soccombente era ormai decaduto dal termine per impugnare la pronuncia di primo grado.
La Corte d’appello si sarebbe dunque dovuta attenere al seguente principio: ‘ In tema di appello , i vizi riguardanti l’editio actionis non sono più sanabili, una volta scaduto il termine perentorio per la notifica dell’atto di gravame, sicché il giudice adito deve dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione, con il conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado .’
In altri termini , la sanatoria dell’atto non può ritenersi operante nel caso in esame, stante la sua tardività, con conseguente inammissibilità dell’appello e passaggio in giudicato della sentenza n. 505/2018 del Tribunale di Latina.
Il secondo e il terzo motivo rimangono logicamente assorbiti dall’accoglimento della prima doglianza.
La sentenza della Corte territoriale va dunque cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 comma 3° c.p.c ., determinando così il passaggio in giudicato della decisione del Tribunale (Sez. 2, n. 35325 del 31 dicembre 2024).
Le spese di lite del grado di appello e del presente grado di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, con distrazione in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara l’inammissibilità dell’appello .
Condanna il COGNOME alla rifusione delle spese di lite del grado di appello, che liquida in euro 4.500 per compensi ed in euro 250 per accessori. Per il giudizio di legittimità, liquida l’importo in euro 3.000
(tremila) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Così deciso nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2025.