Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1597 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1597 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26732/2022 R.G. proposto da:
AMENDUNI COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, INDIRIZZO, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 709/2022 depositata il 28/03/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME. Premesso che:
NOME COGNOME NOME ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Venezia ha condannato esso ricorrente ad arretrare ‘alla distanza prescritta dall’art. 907 c.c. la struttura costituita da un telo in platica scuro fissato a paletti metallici ancorati al suolo’, rispetto all’edificio degli odierni controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
la causa perviene al RAGIONE_SOCIALE a seguito di richiesta di decisione formulata dal ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione del giudizio per inammissibilità o comunque manifesta infondatezza del ricorso;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso viene lamentata ‘nullità della sentenza per mancanza di motivazione ai sensi dell’art. 132, n.4, c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n.4. c.p.c.’.
La Corte di Appello ha riformato la sentenza del Tribunale di Vicenza, secondo cui la struttura realizzata dall’odierno ricorrente non poteva essere considerata una costruzione, richiamando e dicendo di condividere quanto osservato dal RAGIONE_SOCIALE in occasione dell’accoglimento del reclamo proposto dagli odierni controricorrenti contro l’originaria ordinanza possessoria di rigetto della loro domanda di arretramento, ossia che la struttura era costituita da un telone retto da tubolari in ferro ancorati a terra mediante tiranti e picchetti ed era dunque una struttura stabile, come tale soggetta alla normativa dell’art. 907 c.c.
Deduce il ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata deve essere considerata inesistente in quanto il giudice di appello ‘si è limitato ad una mera adesione alla pronuncia del collegio senza valutarne la fondatezza’ e senza confrontarsi con l’affermazione della sentenza del Tribunale di Vicenza -sentenza con cui l’ordinanza era stata revocata -per cui la struttura non poteva essere considerata una costruzione in quanto facilmente rimuovibile;
2. il motivo è infondato.
2.1.la motivazione della sentenza “per relationem” è ammissibile laddove il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione in rapporto alle argomentazioni delle parti e all’identità di tali argomentazioni rispetto a quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio (Cass. n. 21978 del 11/09/2018). Nel caso di specie, la Corte di Appello, in relazione alla questione attinente al se la struttura realizzata dal ricorrente potesse o no essere considerata una costruzione, soggetta alla normativa di cui all’art. 907 c.c., ha richiamato e ritenuto di condividere l’accertamento fattuale posto a base della motivazione della ordinanza del giudice di primo grado (per cui la struttura era in effetti una costruzione, dati la relativa consistenza e lo stabile ancoraggio al suolo). L’espressa adesione all’ordinanza è, per converso, anche l’implicita non condivisione della sentenza del Tribunale. Non si profila dunque nullità della sentenza impugnata, atteso che le ragioni della decisione sono attribuibili all’organo giudicante e risultano in modo chiaro. Il giudice del gravame può aderire alla motivazione del giudice di primo grado senza necessità, ove la condivida, di ripeterne tutti gli argomenti o di rinvenirne altri (Cass., Sez. 1, 26/05/2016, n. 10937).
La motivazione della pronuncia impugnata è tutt’altro che omessa.
con il secondo motivo di ricorso viene lamentata ‘violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma1, n.3, c.p.c. in relazione all’art. 907 c.c.’. Deduce il ricorrente che la struttura di cui trattasi sarebbe un semplice telo con la conseguenza che la Corte di Appello avrebbe ‘commesso un grave errore allorché ha disposto l’arretramento di un semplice telo alla distanza di tre meri in aperta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 907 c.c.’;
il motivo è inammissibile.
4.1. Il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., ricomprende tanto quello di violazione di legge, ossia l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, implicante un problema interpretativo della stessa, quanto quello di falsa applicazione della legge, consistente nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione (Cass. n. 23851 del 25/09/2019).
4.2. Con il motivo in esame viene veicolata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., una prospettazione della realtà fattuale diversa da quella accertata dal giudice di merito. Non un vizio di erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dall’art. 907 c.c. né un vizio di erronea sussunzione della fattispecie concreta accertata in una qualificazione giuridica che non le si addice;
con il terzo motivo di ricorso viene lamentata ‘nullità della sentenza per motivazione inesistente ai sensi dell’art. 132, n.4, c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n.4. c.p.c.’.
Il motivo è riferito alla affermazione della Corte di Appello per cui gli odierni controricorrenti ‘hanno acquisito per usucapione ultraventennale il diritto di mantenere le veduta aperte sulla facciata del loro immobile risalente alla metà dell’800 come risulta dai documenti dimessi (doc. 14 di parte appellanti). La presenza ultraventennale delle aperture risulta inoltre confermato dai sommari informatori COGNOME, COGNOME e COGNOME. La Corte di Appello ha altresì riportato le dichiarazioni dei suddetti informatori COGNOME e COGNOME.
Il ricorrente riproduce il testo del documento nNUMERO_DOCUMENTO14 e deduce che esso ‘non è idoneo a far conoscere le ragioni del convincimento del giudice’. Afferma poi che ‘i sommari informatori COGNOME, COGNOME e COGNOME non hanno affermato che le aperure sussistono da oltre venti anni’;
6. il motivo è inammissibile.
6.1. Viene veicolata, sotto la rubrica di vizio motivazione denunciabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.4, una lettura alternativa e delle risultanze istruttorie di cui si chiede sostanzialmente alla Corte di prendere atto. Il motivo si risolve in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento della Corte di Appello, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione. Si ricorda in proposito il principio per cui ‘È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’ (Cass. Sez. U – , 34476 del 27/12/2019);
in conclusione, il primo motivo di ricorso va rigettato, il secondo e il terzo motivo devono essere dichiarati inammissibili;
le spese seguono la soccombenza;
poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatto applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma.
9.1. Quanto alla disciplina intertemporale, per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis cit. nel testo riformato, va richiamato l’indirizzo adottato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 27433/2023, secondo la quale detta normativa -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 d.lgs. n. 149 del 2022 -è immediatamente applicabile a seguito dell’adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023; ciò in quanto l’art. 380 -bis cit. (che nella parte finale richiama l’art. 96, terzo e quarto comma, cit.) è destinato a trovare applicazione, come espressamente previsto dall’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 149 del 2022, anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come quello in esame.
9.2. Sulla scorta di quanto esposto, la parte ricorrente va condannata al pagamento di una somma, equitativamente determinata in € 3 .000,00, in favore della controparte e di una ulteriore somma, pari ad € 3 .000,00, in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 3.000,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
condanna il ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 3.000,00 in favore dei controricorrenti nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2024.