Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16224 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16224 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31021/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso l’avvocato NOME AVV_NOTAIO (EMAIL), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso. -ricorrente – contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (EMAIL) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al controricorso.
–
contro
ricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n. 227/2019 depositata il 03/08/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
Rilevato che
COGNOME NOME intimava sfratto per morosità -con contestuale citazione per la convalida e richiesta di emissione di decreto ingiuntivo- alla RAGIONE_SOCIALE NOME, conduttrice di una unità immobiliare ad uso commerciale di sua proprietà in Crema, la quale si costituiva resistendo ed adducendo che la locazione trovava la sua causa non nel precedente contratto di locazione del 12 aprile 2012, bensì in una successiva scrittura privata del 7 maggio 2015, che modificava l’ammontare del canone di locazione, che era stata stipulata tra la locatrice COGNOME NOME ed un terzo, tale COGNOME NOME, che prevedeva una serie di obbligazioni cui essa COGNOME era estranea, il cui inadempimento era sanzionato con la risoluzione del contratto di locazione e con il diritto della locatrice di procedere giudizialmente per il rilascio dell’immobile ed il recupero dei propri crediti.
1.1. Il Tribunale di Cremona ordinava ex art. 665 cod. proc. civ. il rilascio dell’immobile e disponeva il mutamento del rito; quindi, con sentenza n. 453/2017 confermava l’ordinanza di rilascio, dichiarava la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento della conduttrice RAGIONE_SOCIALE e la condannava alla rifusione delle spese di lite. In particolare, sul rilievo dell’assenza dell’ aliquid novi e dell’animus novandi , il tribunale rigettava la domanda con cui la conduttrice RAGIONE_SOCIALE chiedeva che venisse accertata la novazione estintiva del contratto di locazione mediante la successiva scrittura privata del 7 maggio 2015.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME interponeva appello; COGNOME NOME si costituiva resistendo al gravame.
2.1. Con sentenza n. 227/2019 del 3 agosto 2020 la Corte d’Appello di Brescia rigettava l’appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi, COGNOME NOME.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1230, 1231 cod. civ.’
Deduce che la corte d’appello avrebbe esclusivamente fatto ricorso alla interpretazione letterale delle clausole contrattuali, senza addivenire a una loro considerazione complessiva, che avrebbe invece consentito di desumere ed accertare l’animus novandi delle parti.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘nullità della sentenza ex art. 161 cod. proc. civ. per violazione del contraddittorio e del litisconsorzio necessario ex art. 101 e 102 cod. proc. civ. nonché per violazione dell’art. 111 Cost.; degli artt. 163 e ss. cod. proc. civ.’
Deduce che la corte d’appello si è pronunciata senza che COGNOME NOME, parte della scrittura privata successiva al contratto di locazione, fosse parte del giudizio, mentre questi sarebbe da considerare litisconsorte necessario proprio in forza della successiva scrittura privata, che avrebbe efficacia innovativa tale da dare vita ad un nuovo contratto di natura plurilaterale, complesso, non a scopo comune, contenente una serie di rapporti obbligatori, ontologicamente diversi tra loro, come la locazione
ed il mutuo, contenente altresì una modifica delle parti sostanziali del contratto, con ingresso, come parte principale, di COGNOME NOME, nella doppia veste di debitore di COGNOME NOME per un titolo avulso dal contratto di locazione, consistente in un suo debito pregresso, e di fideiussore personale della conduttrice COGNOME.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ‘violazione dell’art. 360 comma 1, n. 5, cod. proc. civ., in relazione all’art. 111 Cost., ovvero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’.
Deduce che la corte d’appello si è pronunciata senza considerare la funzione assunta dal COGNOME nel contesto della scrittura privata prospettata come novativa, soprattutto in relazione alla previsione di cui all’art. 5 della scrittura privata, invece trascurata, secondo cui un inadempimento del COGNOME al suo debito personale avrebbe condotto alla risoluzione del contratto ed anche del rapporto locatizio, ‘contenuto nel nuovo, più complesso, accordo’.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1355 e 1418 cod. civ., della legge 392/78, e dell’art. 116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma uno, numero 3 cod. proc. civ.’.
Deduce che la corte di merito aveva trascurato l’incidenza sul contratto di locazione della nuova successiva scrittura privata, la quale, peraltro, doveva essere ritenuta affetta da nullità, in quanto collegava la sopravvivenza del rapporto locatizio alle intenzioni di un soggetto che, pur essendo terzo rispetto a tale rapporto, risultava comunque essere una parte essenziale del contratto plurilaterale stipulato con la suddetta scrittura; il contenuto della scrittura si poneva dunque in contrasto con le norme imperative della legge 392 del 1978, nonché con gli artt. 1355 e 1418 cod. civ., dato che oltretutto perveniva a
configurare una vera e propria condizione risolutiva casuale meramente potestativa, finendo per sottrarre ‘alla conduttrice COGNOME diritti irrinunciabili ed inderogabili che le sarebbero spettati quale conduttrice’.
Il primo motivo è inammissibile, oltre che infondato.
E’, anzitutto, inammissibile, per violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., in quanto non riproduce né direttamente né indirettamente (in questo secondo caso indicando la parte dell’atto cui l’indiretta riproduzione corrisponde) i contenuti della invocata scrittura privata né la localizza in questo giudizio di legittimità.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito, qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli per la parte che interessa nel ricorso ovvero, laddove li riproduca, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, e comunque ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (tra le tante, v. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., 07/07/2018, n. 5478; Cass., 10/12/2020, n. 28184)
5.1. E’ poi ulteriormente inammissibile, perché non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, che espressamente afferma: ‘Nessuna critica è stata mossa dall’appellante, in particolare, al rilievo che la sentenza ha attribuito alla espressa volontà delle parti di escludere la efficacia novativa della scrittura rispetto al contratto di locazione …
dovendosi ritenere perciò che il titolo che costituiva la causa petendi portata in giudizio dalla appellata era il contratto di locazione concluso nel 2014′ (pp. 11 e 12 della sentenza impugnata).
Costante orientamento di questa Corte ha precisato per un verso che quando la sentenza di merito impugnata si fonda su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente censuri tutte le rationes ; l’omessa impugnazione di una di essere rende, dunque, inammissibile, per difetto di interesse, le censure relative alle altre, le quali, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., 18/06/2023, n. 18403; Cass., 27/07/2017, n. 18641; Cass., 14/02/2012, n. 2108; Cass., 03/11/2011, n. 22753)’, e, per altro verso, che è inammissibile il motivo che non si correla alla motivazione della sentenza impugnata, dato che il motivo di impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto di impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, poiché per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto di impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere (Cass., 22/04/2020, n. 8036).
5.2. Il motivo è, infine, anche infondato, perché, secondo il
costante orientamento della Cassazione, in tema di locazione, non è sufficiente ad integrare novazione del contratto la variazione della misura del canone o del termine di scadenza, trattandosi di modificazioni accessorie, essendo invece necessario, oltre al mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione, che ricorrano gli elementi dell’ animus e della causa novandi , il cui accertamento costituisce compito proprio del giudice di merito insindacabile in sede di legittimità se logicamente e correttamente motivato (v. ex multis Cass., 22126/2020; Cass., 13/06/2017, n. 14620; Cass., 09/03/2010, n. 5673; Cass., 21/05/2007 n. 11672).
6. Il secondo motivo è inammissibile, per plurime ragioni.
Riproduce il contenuto delle clausole n. 4 e n. 5 della scrittura privata successiva al contratto di locazione, ma omette di riportare il contenuto complessivo della stessa, nonostante invochi la necessità della sua valutazione integrale, con particolare riferimento al coinvolgimento di COGNOME NOME nell’assetto negoziale; neppure, poi, riproduce e localizza il contenuto del contratto di locazione a suo tempo stipulato tra la conduttrice, odierna ricorrente, COGNOME e la locatrice, odierna resistente, COGNOME.
Trascura del tutto, al pari del primo motivo, la motivazione resa alle pp. 11 e 12 della sentenza impugnata, che riconduce la causa petendi dell’azione giudiziaria intrapresa dalla locatrice COGNOME all’originario contratto di locazione, di cui COGNOME NOME non era parte, e che, per effetto di tale rilievo, perviene ad affermare, con espressa statuizione che invece il motivo completamente trascura, che ‘non può ipotizzarsi che sia litisconsorte necessario nel giudizio di risoluzione dello stesso’.
7. Il terzo motivo è inammissibile.
Sconta, come i precedenti motivi, la patente violazione
dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. per mancata riproduzione del contenuto degli atti e dei documenti invocati, nonché per la mancata localizzazione degli stessi nel processo di merito e nel presente giudizio di legittimità.
Si risolve, inoltre, nel contrapporre una nuova interpretazione delle vicende oggetto di causa alla valutazione in fatto, svolta dalla corte d’appello con motivazione congrua e scevra da vizi logico-giuridici, e dunque insindacabile in sede di legittimità, secondo cui la successiva scrittura privata, anche intercorsa con il COGNOME, non aveva efficacia novativa dell’originario contratto di locazione tra le parti.
8. Il quarto motivo è inammissibile.
Con ennesima violazione dei principi posti dall’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. formula un richiamo, non meglio specificato, a quanto la odierna ricorrente avrebbe, asseritamente, già argomentato in precedenza nei ‘libelli difensivi (di entrambi i gradi di giudizio)’ e, del tutto genericamente, deduce che la controparte COGNOME ‘reputasse esistente soltanto il secondo contratto’ (v. pp. 29 e 30 del ricorso per cassazione),
Come i precedenti motivi esaminati, anche questo motivo di impugnazione inammissibilmente sollecita una rivalutazione della quaestio facti e non si confronta con la motivazione dell’impugnata sentenza , che ha argomentato, conformemente all’orientamento consolidato di questa Corte, escludendo la natura novativa della scrittura privata.
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della
contro
ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza