Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7025 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 7025  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18723/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME, elettivamente domiciliata  agli  indicati  indirizzi  PEC  degli  AVV_NOTAIO.  NOME  AVV_NOTAIO  e NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
intimati –
avverso  la  sentenza  n.  780/2022  del la  Corte  d’Appello  di Brescia, depositata il 28.6.2022;
udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del 12.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il  Tribunale  di  Brescia  dichiarò  il  fallimento  di  RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, su richiesta del Pubblico Ministero.
RAGIONE_SOCIALE propose reclamo, lamentando l’omessa  notifica zione dell’istanza  di  fallimento  e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza e contestando, nel  merito,  la  sussistenza  dei  presupposti  per l’apertura  del fallimento.
La Corte  d’Appello  accolse  il  primo  motivo  di  ricorso  e rimise  gli  atti  al  Tribunale  per  provvedere  nuovamente  sulla richiesta del  Pubblico Ministero, previa rinnovazione degli atti nulli, nel regolare contraddittorio tra le parti.
Contro la sentenza della Corte territoriale RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
La  curatela  fallimentare  è  rimasta  intimata.  Il  Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Il ricorso è trattato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si censura «violazione e falsa applicazione degli artt. 353, 354 e 291 c.p.c., 12 preleggi e 18 e ss. legge fall.».
La ricorrente sostiene che, a fronte di quella che considera un ‘ipotesi  di  inesistenza della  notificazione  della  richiesta  di fallimento, la Corte territoriale non avrebbe dovuto rimettere gli atti al Tribunale, ma limitarsi a dichiarare la nullità insanabile del procedimento prefallimentare e della relativa sentenza.
1.1. Il motivo è inammissibile, perché «il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme
alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l ‘ orientamento della stessa» (art. 360 -bis , n. 1, c.p.c.).
È infatti sufficiente ribadire che:
« Secondo la giurisprudenza di questa Corte in ogni ipotesi di revoca del fallimento che non precluda la rinnovazione della dichiarazione medesima, come nel caso di meri vizi procedurali, il giudice del reclamo deve rimettere la causa al primo giudice, il  quale,  rinnovati  gli  atti  nulli,  provvede  sulla  corrispondente istanza (Cass. n. 18339/2015, Cass. n. 25218/2013).
Non osta a una simile statuizione il fatto che nel caso di specie, secondo l’accertamento della corte territoriale, la notifica dell’atto introduttivo del giudizio prefallimentare fosse non nulla ma addirittura inesistente (ipotesi in cui nei procedimenti introdotti con rito ordinario il giudice d’appello deve dichiarare, anche d’ufficio, l’insanabile nullità della relativa sentenza, senza poter rimettere la causa al primo giudice, non ricorrendo alcuna delle ipotesi tassativamente previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c.; cfr. Cass. n. 21219/2016), in considerazione delle peculiari modalità con cui il giudizio prefallimentare ha avvio.
In  questo  caso  infatti  non  assume  rilievo  il  fatto  che l ‘ inesistenza della notificazione dell ‘ atto introduttivo non sia (a differenza della nullità della notificazione) contemplata dall ‘ art. 354 cod. proc. civ., norma che fa riferimento ai procedimenti introdotti  con  citazione  e  non  tiene  conto  della  scissione  tra edictio  actionis e vocatio  in  jus tipica  dei  giudizi  iniziati  con ricorso (si vedano in questo senso Cass. n. 20757/2014, Cass. n. 12353/2014).
Occorre  perciò  valorizzare  la  pendenza  del  giudizio  di primo grado, che nei giudizi introdotti con ricorso si verifica con il deposito dello stesso in cancelleria, mentre nei procedimenti iniziati con citazione si verifica con la notifica della stessa.
Il  collegio  del  reclamo,  ove  ravvisi  l ‘ inesistenza  della notificazione del ricorso e il perfezionamento della fase dell ‘ edictio actionis con il deposito dello stesso, ben può quindi dichiarare la nullità della sentenza impugnata e, in applicazione analogica  dell’art.  354  cod.  proc.  civ.,  rimettere  la  causa  al primo giudice » (Cass. n. 3861/2019).
Lungi dal confrontarsi con questo orientamento, più volte ripetuto,  la  ricorrente  si  è  limitata  a  richiamare  il  diverso orientamento,  altrettanto  consolidato,  che  riguarda,  però,  il diverso caso del rito ordinario e gli appelli proposti con atto di citazione e non con ricorso.
Il secondo motivo denuncia «violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c. ».
Oggetto  di  censura  è  l’omissione,  da  parte  della  Corte territoriale,  di  una  decisione  sulle  spese  di  lite,  ritenendo  di avere diritto alla rifusione delle stesse, in quanto parte vittoriosa nel processo.
2.1.  Anche  questo  motivo  è  inammissibile,  perché,  pur essendoci stata effettivamente l’omessa pronuncia sulle spese (v.  la  stessa  Cass.  n.  3861/2019,  ora  citata,  e  Cass.  n. 32933/2024), essa risulta, nel caso di specie, irrilevante.
Infatti, l’unico richiedente il fallimento era stato il Pubblico Ministero, come risulta chiaramente dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso per cassazione.
Deve pertanto essere ribadito che « La funzione di garantire la corretta applicazione della legge, spettante al Pubblico Ministero in qualità di organo propulsore dell’attività giurisdizionale, comportando l’attribuzione di poteri meramente processuali, diversi da quelli svolti dalle parti ed esercitati per dovere di ufficio e nell’interesse pubblico, ne esclude la condanna al pagamento delle spese processuali. nonostante la soccombenza » (Cass. n. 19711/2015, che cita a sua volta, quali ulteriori precedenti in termini, Cass. S.U. n. 5079/2005 e Cass. n. 3834/2010; adde Cass. S.U. n. 5165/2004; sulla stessa linea, più recentemente, Cass. n. 35513/2021).
È vero che nel giudizio di reclamo contro la dichiarazione di fallimento è controparte necessaria e naturale del reclamante anche la stessa procedura fallimentare, rappresentata dal curatore. Ma, anche se si volesse ipotizzare, in astratto, una responsabilità personale del curatore che resista, senza la normale prudenza, a un reclamo palesemente fondato (art. 94 c.p.c.), in concreto, nel caso di specie, il curatore non ha svolto difese, essendo rimasto contumace. E certamente non può essergli attribuita alcuna responsabilità per la nullità del procedimento prefallimentare, svoltosi interamente prima che egli fosse nominato e assumesse le sue funzioni.
Dichiarato inammissibile il ricorso, non occorre provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non essendosi costituita la parte intimata.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per  il  raddoppio  del  contributo  unificato  ai  sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il  versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  del