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Notifica verbale codice della strada: PEC o posta?

Un cittadino contesta un verbale del codice della strada, sostenendo che la notifica dovesse avvenire tramite PEC e non per posta. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che, per le violazioni commesse prima della riforma del 2017, la normativa speciale del Codice della Strada che prevedeva la notifica postale prevaleva sulle norme generali del Codice dell’Amministrazione Digitale. Pertanto, la notifica verbale codice della strada effettuata a mezzo posta era da considerarsi valida.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Notifica Verbale Codice della Strada: la PEC è sempre obbligatoria?

La digitalizzazione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione ha sollevato importanti questioni, specialmente riguardo alla validità delle comunicazioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale: la notifica verbale codice della strada deve avvenire obbligatoriamente tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) o la tradizionale raccomandata è ancora valida? La risposta, come vedremo, dipende dal momento in cui è stata commessa l’infrazione.

I Fatti di Causa

Un professionista, avvocato, impugnava una cartella di pagamento relativa a una sanzione per violazione del Codice della Strada. Il motivo principale della sua opposizione risiedeva nella modalità di notifica del verbale originario: l’atto era stato inviato tramite servizio postale, mentre il professionista sosteneva che, in virtù del suo status e dell’iscrizione in registri pubblici, la Pubblica Amministrazione avrebbe dovuto utilizzare il suo domicilio digitale (indirizzo PEC).

Sia il Giudice di Pace in primo grado che il Tribunale in appello avevano respinto le sue ragioni. Secondo i giudici di merito, all’epoca dei fatti (la violazione risaliva al 2016), non esisteva ancora un obbligo specifico per la P.A. di notificare le sanzioni amministrative via PEC. Insoddisfatto, il cittadino ricorreva in Cassazione.

La normativa sulla notifica verbale codice della strada

Il ricorrente basava la sua tesi sull’articolo 3-bis del Codice dell’Amministrazione Digitale (d.lgs. 82/2005), che già dal 2013 imponeva alle amministrazioni di comunicare con i cittadini esclusivamente tramite il domicilio digitale da loro indicato. A suo avviso, questa norma generale avrebbe dovuto prevalere, rendendo la notifica postale tamquam non esset, cioè come se non fosse mai avvenuta.

Il Tribunale, invece, aveva ritenuto che la svolta normativa fosse avvenuta solo con il d.lgs. 217 del 2017, che ha introdotto specifiche disposizioni per la notifica telematica dei verbali relativi a sanzioni amministrative. Poiché l’infrazione era precedente a tale riforma, la procedura seguita dall’ente locale era da considerarsi corretta.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale e fornendo importanti chiarimenti sull’interpretazione delle norme.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, al momento dei fatti, bisognava distinguere tra ‘comunicazioni’ e ‘notificazioni’ di atti. L’articolo 3-bis del Codice dell’Amministrazione Digitale, nella sua versione allora vigente, si riferiva all’obbligo di utilizzare il domicilio digitale per le ‘comunicazioni’.

La notifica di un verbale di contestazione, tuttavia, è un atto specifico regolato da una normativa speciale, ovvero l’articolo 201 del Codice della Strada. Questa norma, applicabile ratione temporis, prevedeva espressamente come modalità valide per la notificazione quelle del codice di procedura civile o il servizio postale. In base al principio di specialità, la norma specifica (Codice della Strada) prevale su quella generale (Codice dell’Amministrazione Digitale).

L’obbligo generalizzato di notificare i verbali tramite PEC è stato introdotto solo successivamente, con le modifiche del 2017. Pertanto, la notifica effettuata a mezzo posta nel 2016 era pienamente legittima.

Inoltre, la Corte ha precisato che, anche se si fosse trattato di un errore nella modalità di notifica, questo avrebbe comportato una nullità sanabile e non l’inesistenza dell’atto. Poiché il destinatario aveva ricevuto il verbale e aveva potuto esercitare il suo diritto di difesa impugnandolo, l’eventuale vizio si sarebbe comunque sanato.

Infine, è stato respinto anche il motivo relativo alla mancata compensazione delle spese legali. La Cassazione ha ribadito che la valutazione sulla compensazione per ‘novità della questione’ è una scelta puramente discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a motivare perché non vi ha provveduto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio: le riforme sulla digitalizzazione si applicano secondo il principio del tempus regit actum. Per tutte le violazioni del Codice della Strada commesse prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 217/2017, la notifica a mezzo posta deve considerarsi valida, anche se il destinatario è un professionista dotato di domicilio digitale. L’obbligo di utilizzare la PEC per la notifica verbale codice della strada è sorto solo con la normativa specifica introdotta a fine 2017, che ha allineato la disciplina speciale a quella generale del processo di digitalizzazione.

Prima della riforma del 2017, la Pubblica Amministrazione era obbligata a notificare un verbale del codice della strada all’indirizzo PEC di un professionista?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la normativa speciale del Codice della Strada, che prevedeva la notifica a mezzo posta, prevaleva sulla norma generale del Codice dell’Amministrazione Digitale. L’obbligo di usare la PEC per tali notifiche è stato introdotto solo con il d.lgs. 217/2017.

Se una notifica viene effettuata con un mezzo diverso da quello previsto dalla legge (es. posta anziché PEC), è da considerarsi inesistente?
No. La Corte chiarisce che si tratterebbe di una nullità sanabile. Se il destinatario riceve l’atto e compie un’attività che presuppone la sua conoscenza (come un’impugnazione), il vizio della notifica si considera sanato e l’atto produce i suoi effetti.

Il giudice è obbligato a motivare la mancata compensazione delle spese legali quando la questione legale è nuova o complessa?
No. La Corte ha ribadito che la valutazione sull’opportunità di compensare le spese (totalmente o parzialmente) è un potere discrezionale del giudice di merito. Quest’ultimo non è tenuto a fornire una specifica motivazione per la sua decisione di non compensare le spese, specialmente quando una parte è risultata interamente soccombente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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