Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17044 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 17044 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7815/2024 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso da se stesso;
– ricorrente –
contro
COMUNE ROMA CAPITALE, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
– controricorrente –
nonché contro
AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE;
– intimata – avverso la SENTENZA del TRIBUNALE ROMA n. 1292/2024, depositata il 24/01/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha interposto appello avverso la sentenza con la quale il Giudice di Pace di Roma aveva disatteso l’opposizione promossa contro la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA dell’importo di €. 843,56 notificatagli via PEC in data 19 .19.2011, relativamente al verbale di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO notificatogli a mezzo posta il 06.10.2016, per violazione del codice della strada (‘CdS’) .
1.1. Il Giudice di Pace aveva ritenuto rituale la notifica a mezzo posta del verbale di accertamento presupposto alla cartella, perfezionatasi, per il destinatario dell’atto, con l’inutile spirare del termine «per compiuta giacenza» . L’incolpato sosteneva, invece, che sarebbe stato onere di Roma Capitale notificare il verbale all’indirizzo PEC previa consultazione del REGINDE, essendo egli professionista (avvocato), in quanto tale tenuto per legge all’elezione di un domicilio digitale.
Avverso la sentenza di prime cure NOME COGNOME interponeva appello innanzi al Tribunale di Roma in composizione monocratica, che rigettava il gravame con sentenza n. 1292/2024, condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite.
A sostegno della sua decisione, affermava il Tribunale che solo a séguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 217 del 13.12.2017, che ha inserito l’art. 6 comma 1 -quater al d.lgs. n. 82 del 2005 (disposizione attuata mediante il Decreto 18 dicembre 2017 del Ministero dell’Interno, recante «Disciplina delle procedure per la notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni del codice della strada, tramite posta elettronica certificata»), sono state introdotte nel codice dell’amministrazione digitale modifiche riguardanti le modalità di notifica via PEC dei verbali relativi alle sanzioni amministrative. Poiché
il verbale elevato nei confronti dell’appellante risale al 12.06.2016, ancora non sussisteva alcun obbligo per la pubblica amministrazione di procedere alla notifica con modalità telematiche presso l’indirizzo digitale del professionista.
La suddetta sentenza è impugnata da NOME COGNOME per la
cassazione; il ricorso è affidato a due motivi e illustrato da memoria.
Resiste Roma Capitale.
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, il ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis, comma 2, cod. proc. civ
E’ opportuno precisare che, alla luce della decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato, proponente ex art. 380bis cod. proc. civ., come componente del Collegio che definisce il giudizio, non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 3 -bis d.lgs. n. 82/2005, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. e contraddittoria motivazione. In tesi: l’obbligo di notificazione al domicilio digitale, come afferma il Tribunale, non è sorto con il d.lgs. n. 217/2017, bensì era già previsto dall’art. 3 -bis , comma 4 del d.lgs. n. 82/2005, a mente del quale: «A decorrere dal 1° gennaio 2013, salvo i casi in cui è prevista dalla normativa vigente una diversa modalità di comunicazione o di pubblicazione in via telematica, le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi comunicano con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato…Ogni altra forma di comunicazione non può
produrre effetti pregiudizievoli per il destinatario… ». Poiché lo scrivente, in quanto avvocato, aveva comunicato, a far data dal 23.11.2011, il proprio domicilio digitale e l’inserimento nel Reginde, ne conseguiva l’obbligo, per tutte le pubbliche amministrazioni, di effettuare le comunicazioni, esclusivamente, al domicilio digitale. Poiché, nel caso di specie, la notificazione del verbale di accertamento è avvenuta a mezzo del servizio postale e non al domicilio digitale, essa è tamquam non esset .
1.1. Il motivo è infondato.
L’art. 3 -bis d.lgs. n. 82/2005 menzionato in ricorso, vigente al tempo della notifica del verbale di contestazione (06.10.2019), riferiva l’obbligo delle amministrazioni pubbliche di utilizzo del domicilio digitale unicamente alle comunicazioni con il cittadino.
Diversamente nel caso di notificazione di atti, anche amministrativi, qual è il verbale di contestazione. In tali ipotesi, come nel caso di specie sorte da trasgressione del codice della strada, prevale la normativa speciale di cui all’art. 201 CdS (vigente ratione temporis ), il quale al comma 3 richiamava espressamente «le modalità previste dal codice di procedura civile, ovvero a mezzo della posta».
Come correttamente affermato in sentenza, la modifica del Codice dell’Amministrazione Digitale, nel senso dell’obbligo per la pubblica amministrazione di procedere alla notifica dei verbali di accertamento con modalità telematiche presso l’indirizzo digitale del professionista, risale al d.lgs. n. 217 del 13.12.2017, attuato con DM 18.12.2017.
1.2. In ogni caso, il Collegio non condivide la tesi dell’inesistenza della notificazione del verbale di accertamento, trattandosi di nullità sanata dalla rituale notificazione, sebbene compiuta con mezzo diverso da quello previsto dalla legge (sulla sanabilità della nullità nella
notificazione nazionale, ex multis : Sez. U, Sentenza n. 11550 del 08/04/2022 Rv. 664424 – 01).
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Il ricorrente sostiene che il suo diritto, ex art. 3 d.lgs. n. 82/2005, «… a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni … », ed il correlativo obbligo, ex art. 3bis, comma 4, d.lgs. n. 82/2005, per il Comune di Roma Capitale, di comunicare, con il cittadino, « …esclusivamente tramite il domicilio digitale …» , costituisce questione di diritto di assoluta novità – in assenza di richiami giurisprudenziali, da parte del Tribunale – tale da giustificare la compensazione delle spese, per il caso di soccombenza. Di contro, sul punto il Tribunale ha completamente ome sso di indicare le ragioni per le quali, nonostante l’assoluta novità della questione, non si sia provveduto alla compensazione.
2.1. Anche il secondo motivo è infondato.
Questa Corte ha già affermato che nel giudizio di legittimità il sindacato sulle pronunzie dei giudici del merito riguardo le spese di lite è diretto solamente ad evitare che possa risultare violato il principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, restando del tutto discrezionale – e insindacabile – la valutazione di totale o parziale compensazione per giusti motivi o per novità della questione, la cui insussistenza il giudice del merito non è tenuto a motivare ( ex multis : Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12697 del 2024; Cass. Sez. U, n. 32061 del 31.10.2022; Cass. n. 18128 del 31/08/2020 Rv. 658963 -01).
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 600,00 per compensi, oltre a €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%;
condanna, altresì, parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3 cod. proc. civ., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di € . 500,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, comma 4 cod. proc. civ. – al pagamento della somma di €. 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda