Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7078 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7078 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 10092/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (EMAIL);
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE di NOME, NOME e RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dal l’ AVV_NOTAIO(EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza n. 555/2020 della Corte d’appello di Trieste depositata il 21/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
La Corte d’appello di Trieste, con sentenza del 21 dicembre 2020, accoglieva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso sentenza n. 907/2018 del Tribunale di Pordenone, dichiarando RAGIONE_SOCIALE inadempiente al mandato collegato al contratto di compravendita del 5 luglio 2013, e pertanto condannando in solido NOME COGNOME e NOME COGNOME, già soci di tale società cancellata dal Registro delle imprese il 25 giugno 2015, a restituire all’appellante quanto da essa corrisposto in esecuzione della sentenza del primo giudice e a rifondere le spese dei due gradi di giudizio.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso, articolato in sei motivi, illustrati pure con memoria. Controparte si è difesa con controricorso, anch’essa depositando memoria.
Considerato che:
Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 6 l. 7 agosto 1990 n. 241, del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 5 luglio 2012, allegato 3-B, regolamento applicativo di tale decreto ministeriale, paragrafo 3.1.2, articolo 1176 c.c.
Argomentando sui rapporti tra le parti, i ricorrenti censurano, in sintesi, la sentenza impugnata perché non vi sarebbe ‘esatta l’affermazione … , secondo la quale RAGIONE_SOCIALE avrebbe impedito’ al soggetto di diritto pubblico responsabile del procedimento –RAGIONE_SOCIALE -di ricevere informazioni necessarie.
Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2495 c.c.
L’articolo 2495 c.c. stabilisce il principio per cui i creditori sociali possono fare valere i loro crediti nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione; e nel bilancio finale della società RAGIONE_SOCIALE agli attuali ricorrenti erano stati assegnati utili per un totale di euro 9157, ovvero euro 4578,50 ciascuno.
Questa norma sarebbe stata violata dal giudice d’appello condannando gli attuali ricorrenti non solo a risarcire il danno dell’appellante nella misura di euro 9685,41 – e quindi già al di sopra della somma ricevuta nella liquidazione -, ma anche inserendo gli interessi, oltre alle spese legali di entrambi i gradi del giudizio.
Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 346 c.p.c.
Lamentano i ricorrenti che il primo giudice aveva rigettato tutte le istanze istruttorie, ritenuta la causa matura per la decisione, e nella sentenza non aveva inserito ‘alcuna statuizione sul punto’. Nella comparsa d’appello gli attuali ricorrenti le avev ano riproposte, ma anche il giudice d’appello ‘nulla statuiva sul punto’.
Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e e/o falsa applicazione degli articoli 1176 e 1218 c.c.
Nell’ampio motivo (pagine 25 -34), in sintesi, si argomenta in opposizione all’inadempimento che il giudice d’appello ha attribuito ad RAGIONE_SOCIALE, sostenendo che questa aveva tenuto una diligenza media e ricostruendo la sequenza che avrebbe dovuto essere percorsa, rimarcandone soprattutto alcuni tratti e attribuendo errori anche a RAGIONE_SOCIALE, per concludere che ‘nella vicenda in esame si è … dinnanzi più che altro ad un’ipotesi di impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore in considerazione del fatto che RAGIONE_SOCIALE ha dimostrato in giudizio di aver espletato tutte le formalità richieste, con diligenza professionale e l’inesatto adempimento è riconducibile a fatto di terzi (GSE)’.
Il quinto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo, che consisterebbe ‘nell’individuazione dei documenti da inviare al RAGIONE_SOCIALE al fine di una corretta istruzione della pratica’, e argomentando per la decisività, anche in relazione a una e-mail del 7 febbraio 2015 menzionato nella sentenza impugnata, negando che in realtà non esisterebbe alcuna comunicazione del 7 febbraio 2015.
Il sesto motivo, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., denuncia ancora omesso esame di fatto discusso e decisivo, sempre riconducibile alla ‘individuazione dei documenti da inviare al RAGIONE_SOCIALE‘ , con particolare riguardo ad una comunicazione fornita dal tecnico NOME COGNOME.
Il ricorso è inammissibile per tardiva notifica, come fondatamente eccepito dalla controricorrente.
Invero, la sentenza era stata notificata il 14 gennaio 2021, per cui era scattato il termine breve dei sessanta giorni di cui all’articolo 325 c.p.c.; invece il ricorso era stato spedito per via postale il 27 marzo 2021, per essere poi ricevuto il 31 marzo 2021. In realtà, originariamente era stato spedito per posta il 15 marzo 2021 – e quindi entro il termine -, ma a un errato indirizzo dei due avvocati di controparte, cioè INDIRIZZO in Treviso; il 26 marzo 2021 l’avvocato dei ricorrenti aveva ritirato il plico non notificato per il trasferimento dei due avvocati a un nuovo indirizzo, INDIRIZZO, sempre in Treviso. A quest’ultimo domicilio fu inviato quindi tardivamente il ricorso.
A fronte della eccezione sollevata dalla controricorrente, nella memoria i ricorrenti replicano che l’avvio del giudizio di legittimità è stato rituale, non rilevando quel che è stato rimarcato da controparte, ovvero l’indicazione del nuovo indirizzo come già presente nella comparsa conclusionale d’appello: la mancata notificazione nel corretto indirizzo sarebbe avvenuta per causa non imputabile al ricorrente, il precedente indirizzo essendo d’altronde ancora utilizzato nella intestazione della sentenza d’a ppello.
In realtà, l’indicazione del corretto indirizzo nella comparsa conclusionale d’appello – che è pacifica – è sufficiente, per un legale di media diligenza, per
ricevere l’informazione del mutamento di domicilio; e il principio di diligenza professionale deve governare la condotta del difensore, per salvaguardare la complessiva efficacia giurisdizionale della sua attività. Non è pertinente al caso in esame, di evidente negligenza – non è certo un atto di scarso rilievo nel contraddittorio tra le parti la comparsa conclusionale -, la giurisprudenza invocata nella memoria di parte ricorrente.
Ad abundantiam , peraltro, si rileva che il ricorso sarebbe stato comunque inammissibile.
Infatti, i motivi primo, quarto, quinto e sesto, a ben guardare, sono direttamente fattuali (non rientrando neppure, proprio per tale reale sostanza, nell’articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c.), in quanto diretti a costruire una valutazione di merito della adeguatezza o meno dell’adempimento di RAGIONE_SOCIALE in contrasto con quanto ravvisato dal giudice d’appello.
Il secondo motivo, poi, dal pur ampio ricorso emerge come un novum . Peraltro – si nota incidenter – è del tutto evidente che in sede esecutiva la presente condanna può valere solo nei limiti degli utili risultanti dal bilancio cui si riferisce.
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto non è autosufficiente nel senso di indicare se anche nella precisazione delle conclusioni di primo grado erano state reiterate le istanze istruttorie.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Considerata la totale difformità delle sentenze di merito, si stima equo compensare le spese.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 4 marzo 2024