Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3378 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3378 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20963/2019 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME NOME COGNOME, NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 475/2019 depositata il 10/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1. l’avvocato NOME COGNOME ottenne dal Tribunale di Macerata un decreto ingiuntivo nei confronti di NOME COGNOME per il pagamento del compenso per l’attività professionale svolta in un procedimento possessorio promosso nei confronto della Telecom davanti al Tribunale di Camerino. L’opposizione della COGNOME, centrata sulla contestazione dell’avvenuto conferimento del mandato difensivo e sul disconoscimento della sottoscrizione della procura per il primo grado del giudizio possessorio, fu respinta dal Tribunale di Macerata. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza n. 475 del 2019, ha accolto l’appello proposto dalla COGNOME a cui in corso di causa sono subentrati gli eredi NOME, NOME e NOME COGNOME, ed ha revocato il decreto sulla base di queste motivazioni: il Tribunale di Macerata, preso atto del disconoscimento della sottoscrizione apposta dalla COGNOME alla procura per l’inizio del procedimento possessorio, aveva basato la propria decisione sulla presunzione della sussistenza del rapporto di prestazione d’opera professionale; i due elementi utilizzati dal Tribunale come indici della sussistenza del rapporto suddetto, ossia la richiesta di informazioni avanzata dalla COGNOME riguardo al procedimento possessorio e il conferimento della procura per il grado di appello di tale procedimento, erano rispettivamente non significativo perché equivoco e non verificabile posto che la procura per il giudizio di appello ‘non rinvenuta in atti’; il conferimento della procura è presupposto imprescindibile per il riconoscimento del compenso al difensore e, nel caso di specie, non poteva dirsi che il conferimento avesse avuto luogo, posto che la COGNOME aveva disconosciuto la firma apposta alla procura rilasciata per il primo
grado del giudizio possessorio e l’avvocato COGNOME non aveva chiesto la verificazione; la tesi dell’appellato per cui la procura non poteva essere contestata mediante disconoscimento potendo esserlo solo mediante querela di falso era infondata in quanto ‘la querela di falso postula una scrittura riconosciuta di cui il richiedente intende eliminare l’efficacia probatoria ex art. 2702 c.c. con effetti erga omnes e non nei soli riguardi della controparte ed il disconoscimento impedisce che la scrittura acquisti detta efficacia addossando l’onere della verificazione alla parte che del documento voglia valersi’;
2.l’avvocato COGNOME ricorre con cinque motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe;
NOME, NOME e NOME COGNOME resistono con controricorso; considerato che:
con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 342 e 345 c.p.c. Si deduce che la COGNOME, con l’opposizione al decreto ingiuntivo, aveva disconosciuto la firma della procura rilasciata per il primo grado del giudizio possessorio e non la firma della procura ‘rilasciata per la fase di appello che avallava il precedente operato del difensore’; che il Tribunale di Macerata aveva affermato (pagina 4 della sentenza di primo grado) che ‘la opponente, nell’ambito del medesimo procedimento per il quale lamenta la falsità della procura ad litem, rilasciava successivamente procura allo stesso avvocato per la prosecuzione del giudizio di appello, circostanza questa non contestata da parte opponente’; che con l’atto di appello contro la sentenza del Tribunale di Macerata, la COGNOME non aveva censurato l’affermazione del Tribunale per cui l’avvenuto rilascio della procura per l’appello non era stato contestato avendo invece sollevato per la prima volta la questione della falsità della firma della stessa procura. Si sostiene che la Corte di Appello avrebbe quindi dovuto, per un verso, prendere atto della definitività della dichiarazione del
Tribunale sulla non contestazione della procura e, per altro verso, dichiarare la questione della autenticità di quest’ultima sottoscrizione inammissibile perché nuova;
2.con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 83,115, 161, 182, 215, 290 c.p.c. Si deduce che l’eventuale carenza di valida procura per il giudizio possessorio avrebbe dovuto essere fatta valere dalla COGNOME in quel giudizio attraverso i mezzi di impugnazione contro la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Camerino e poi contro la sentenza di Appello confermativa di questa ultima sentenza;
3. con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 112, 113, 115, 116, 183, 342 e 345 c.p.c. Si ripropone la doglianza già proposta con il primo motivo di ricorso. Si ribadisce che non era stata appellata dalla COGNOME l’affermazione del Tribunale di Macerata per cui il rilascio della procura per la fase di appello del giudizio possessorio non era stata contestata;
4. con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5., c.p.c., l’omesso esame sia della procura rilasciata per il secondo grado del giudizio possessorio, avendo la Corte di Appello dichiarato che tale procura non era rinvenibile in atti laddove invece era stata prodotta con l’allegato 21 dell’atto di appello (recante l’intero fascicolo dei due gradi del giudizio possessorio) sia di due lettere, prodotte come allegati 15 e 16 del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sottoscritte dalla COGNOME e inviate all’avvocato COGNOME recanti, rispettivamente, una dichiarazione di già avvenuto ‘saldo’ delle ‘competenze’ dell’avvocato e le richieste di una ‘breve informativa sull’esito’ della causa possessoria e di ‘trasmissione dei fascicoli all’avvocato NOME COGNOME ) incarico del proseguimento della vertenze’, con contestuale ‘revoca elle procure ricevute’. Si sostiene che le risultanze di questi documenti siano decisive perché, se fossero
state esaminate, avrebbero portato la Corte di Appello a ritenere provato il conferimento del mandato difensivo;
5.con il quinto motivo di ricorso, sotto la rubrica di ‘violazione dell’art.2697 c.c.’, si ripropone la doglianza già proposta con il primo motivo e si sostiene che, non avendo la COGNOME disconosciuto la procura per il grado di appello possessorio, i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere che ‘fosse scattato il riconoscimento ex lege previsto dall’art. 215 c.p.c.’;
6. non vi è luogo all’esame dei sopra riportati motivi essendo fondata l’eccezione, sollevata dai controricorrenti, di inammissibilità del ricorso perché notificato oltre il termine previsto dall’art. 325 c.c. e spirato il 24 giugno 2019, di sessanta giorni dalla notifica -in data 23 aprile 2019- della sentenza di appello.
Risulta dalla documentazione in calce al ricorso che la notifica del ricorso medesimo è stata tentata il 20 giugno 2019 presso il domicilio in Chiaravalle dichiarato dal difensore dei COGNOME nel grado di appello e risultante dalla intestazione della sentenza di appello e che tale tentativo non ha avuto esito perché, come evidenziato nelle cartoline di ritorno dell’ufficio postale datate 29 giugno 2019, nel frattempo, il difensore aveva trasferito il domicilio da Chiaravalle a Falconara; risulta altresì che il procedimento notificatorio è stato ripreso il 1 luglio 2019 e portato a conclusione il 3 luglio 2019.
Il procedimento notificatorio rimasto senza esito non era suscettivo di riattivazione dato che il vizio della prima notificazione deve ritenersi -in mancanza di allegazioni e prove in senso contrarioimputabile al notificante.
Le Sez. Unite, con la sentenza n.14594 del 2016, statuirono che ‘In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e
svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa’.
Successivamente è stato sottolineato che ‘ai fini della valutazione della tempestività della rinnovazione della notificazione, inizialmente non andata a buon fine, rispetto al termine per impugnare, occorre distinguere a seconda che l’errore originario sia imputabile al notificante oppure no: nel primo caso l’impugnazione può ritenersi tempestivamente proposta solo se la rinnovata notifica interviene entro il termine per impugnare, non potendosi far retroagire i suoi effetti fino al momento della prima notificazione; nel secondo caso, invece, la ripresa del procedimento notificatorio – che la parte deve provare di aver avviato nell’immediatezza dell’appresa notizia circa l’esito negativo della notificazione, non occorrendo una preventiva autorizzazione al giudice -ha effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, essendo irrilevante l’intervenuto spirare del termine per impugnare’ (Cass. Sez. 3 – , ordinanza n.34272 del 07/12/2023 (Rv. 669822 – 01).
E’ stato poi precisato che ‘la notifica presso il domicilio dichiarato nel giudizio “a quo”, che abbia avuto esito negativo perché il procuratore si sia successivamente trasferito altrove, non ha alcun effetto giuridico, dovendo essere effettuata al domicilio reale del procuratore (quale risulta dall’albo, ovvero dagli atti processuali) anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento alla controparte, poiché il dato di riferimento personale prevale su quello topografico, e non sussiste alcun onere del procuratore di provvedere alla comunicazione del cambio di indirizzo, tale onere essendo previsto, infatti, per il domicilio eletto autonomamente, mentre l’elezione operata dalla parte presso lo studio del procuratore ha solo la funzione di indicare la sede dello studio del
procuratore, sicché costituisce onere del notificante l’effettuazione di apposite ricerche atte ad individuare il luogo di notificazione’ (Cass. n.7180 del 04/03/2022; Cass. 14083/2012; Cass. 8287/2002; v. altresì Cass. n.17366 del 27/06/2019);
7. alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese;
PQM
la Corte dichiara il ricorso inammissibile;
condanna il ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 3 .000,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma 4 febbraio 2025
Il Presidente NOME COGNOME