Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33526 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33526 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 30724-2019 proposto da:
COGNOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO DI FOGGIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 748/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 04/04/2019 R.G.N. 1862/2017;
Oggetto
R.G.N. 30724/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 30/10/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la opposizione proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza ingiunzione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Foggia con la quale alla COGNOME era stato intimato il pagamento della somma di € 12.712,00 a titolo di sanzioni amministrative connesse: a) alla violazione dell’art. 3 d.l. 12/2002 conv. nella legge n. 73/2002, come modificato dall’art. 36 bis comma 7 d.l. n. 223/2006 convertito nella legge n. 248/2006 nonché dell’art. 4 della legge. n. 183/2010, per avere impiegato una lavoratrice senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro; b) alla violazione dell’art. 4 bis , comma 2, d. lgs. n. 181/2000 come modificato dall’art. 6, comma 1 d. lgs. n. 297/2002, successivamente modificato dall’art. 5 l. n. 183/2010, per non avere consegnato alla suddetta lavoratrice, all’atto della instaurazione del rapporto di lavoro, prima d ell’inizio dell’attività di lavoro, copia de lla comunicazione della instaurazione del rapporto di lavoro di cui all’art. 9 bis , comma 2 , d.l. n. 510/1996 convertito con modificazioni nella legge n. 608/1996.
In particolare, il giudice di appello ha ritenuto che la ordinanza ingiunzione era stata notificata nel rispetto del termine di 90 giorni ex art. 14 della legge n.689/1981, decorrente dal momento in cui l’amministrazione aveva avuto piena conoscenza del l’illecito – momento individuato nello specifico con la fine dell’attività amministrativa istruttoria rilevante – e che le emergenze in atti, rappresentate dalle
dichiarazioni rese dagli informatori sentiti nel corso dell’istruttoria amministrativa, deponevano per la sussistenza degli illeciti denunziati in relazione all’attività prestata dalla lavoratrice nell’esercizio di parrucchiere nella titolarità della Maggio.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di un unico motivo; la parte intimata ha resistito con controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La eccezione di tardività del controricorso formulata in memoria dalla odierna ricorrente è infondata; premesso che il ricorso per cassazione è stato notificato presso l’Avvocatura distrettuale anziché, come stabilito a pena di nullità della notificazione dall’art. 11 r.d. n. 1611/1933, presso l’Avvocatura generale dello Stato, la nullità della notificazione così determinatasi è stata sanata, con effetto “ex tunc”, dalla costituzione in giudizio dell’Amministrazione ed il controricorso risulta ammissibile anche se proposto oltre il termine previsto dall’art. 370 c.p.c. (Cass., n. 2000/2005, Cass., n. 19246/2006).
Venendo all’ esame dell’unico motivo di ricorso si premette che con esso parte ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14 della legge n. 689/1981, censurando la sentenza impugnata per avere affermato la tempestività della notificazione del verbale unico di accertamento degli illeciti sanzionati. Rappresenta che dopo il primo accesso degli ispettori, effettuato in data 1.9.2011 presso l’esercizio commerciale e l’ascolto di due informatori, l’ultimo dei
quali sentito il 10.10.2014, gli ispettori non avevano effettuato alcuna altra indagine, di talché non appariva giustificata la notificazione dell’ordinanza ingiunzione avvenuta solo in data 30.6.2015.
3. Il motivo è inammissibile.
3.1. L’art. 14, della legge n. 689/1981 cit., rubricato ‘ Contestazione e notificazione ‘ , nel testo ratione temporis applicabile, per quanto di rilievo in questa sede, così recita: <> .
3.2. Con particolare riferimento all’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine di novanta giorni per la notificazione della ordinanza ingiunzione, il costante indirizzo di questa Corte ha chiarito che in tema di sanzioni amministrative, il giudice dell’opposizione, dinanzi al quale sia stata eccepita la tardività della notificazione degli estremi della violazione, nell’individuare la data dell’esito del procedimento di accertamento di più violazioni connesse -data dalla quale decorre ex art. 14, comma 2, della l. n. 689 del 1981 il termine di novanta o trecentosessanta giorni per la relativa contestazione – deve valutare il complesso degli accertamenti
compiuti dall’Amministrazione procedente e la congruità del tempo a tal fine impiegato avuto riguardo alla loro complessità, anche in vista dell’emissione di un’unica ordinanza ingiunzione per dette violazioni senza, tuttavia, potersi sostituire all’Amministrazione nella valutazione dell’opportunità di atti istruttori collegati ad altri e posti in essere senza apprezzabile intervallo temporale. (Cass., n. 20977/2024, Cass., n. 8326/2018, Cass. n. 6681/2014).
3.3. In particolare, la citata sentenza n. 6681/2014 ha precisato che <>.
3.4. La sentenza impugnata si è conformata al richiamato, condivisibile indirizzo di legittimità; il giudice di appello ha infatti espressamente preso in considerazione i momenti salienti dell’attività istruttoria svolta dall’Amministrazione, tenendo cont o anche del carattere progressivo dell’acquisizione di elementi utili per la verifica delle violazioni sanzionate ed evidenziando che tali accertamenti erano stati originati dalla presentazione della denunzia di lavoro irregolare da parte di dipendente della Maggio; sulla scorta di tale riscontro ha ritenuto che il periodo di cinque mesi intercorso fra il primo accesso e la notificazione dell’illecito amministrativo non era trascorso inutilmente ma era stato impiegato dagli ispettori per assumere tutte le informazioni necessarie al fine di avere piena
contezza degli estremi oggettivi e soggettivi della condotta realizzata.
3.5. La valutazione espressa dalla Corte distrettuale non risulta validamente incrinata dalle censure articolate che, pur formalmente veicolate come violazione e falsa applicazione di norme di diritto, si sostanziano nella richiesta di un diverso apprezzam ento della tempestività dell’azione amministrativa, in particolare sotto il profilo della non necessità dello svolgimento di determinati atti istruttori.
3.6. Invero, come chiarito da questa Corte, il vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; vicevers a, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, nei limiti consentiti dall’art. 360 n. 5 c .p.c. nel testo applicabile ratione temporis . Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è segnato dal fatto che quest’ultima censura , e non la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa(cfr., Cass. 26/03/2010 n.7394; Cass. 22/02/2007n n. 4178 ; Cass. Sez. Un. 05/05/2006 n.10313).
3.7. Il motivo è quindi inammissibile in quanto mediante la deduzione della violazione e falsa applicazione dell’art. 14 della legge n. 689/1981 parte ricorrente formula censure che
attengono al concreto apprezzamento degli elementi della concreta fattispecie.
3.8. E’ di tutta evidenza, infatti, ricordato che al giudice non è dato di potersi sostituire all’Amministrazione nella valutazione dell’opportunità di atti istruttori collegati ad altri e posti in essere senza apprezzabile intervallo temporale ( Cass.8326/2018 cit ), che le ragioni di doglianza esprimono un mero dissenso valutativo rispetto alle conclusioni attinte dal giudice di merito, intrinsecamente inidoneo a dare contezza dell’errore di diritto ascritto alla sentenza impugnata.
In base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte soccombente alla rifusione delle spese processuali ed pagamento, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali, dell’ulteriore importo del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 30 ottobre