Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1988 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1988 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20163/2020 R.G. proposto da:
NOME RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO, presso RAGIONE_SOCIALE STATO (P_IVA) che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2553/2019 depositata il 04/11/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/05/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
In data 26.06.2017, il RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE (‘Società’) ordinanza-ingiunzione n. 69/2017 per l’infrazione accertata con verbale del 13.10.2016, ossia la fornitura di prodotti ittici (vongole) di taglia inferiore a quella minima di riferimento per la conservazione, in violazione della normativa vigente (art. 10, comma 2, lett. a e b, d.lgs. n. 4/2012, come modificato dalla legge n. 154 2016, all. III Reg. CE 1967/2006).
1.1. Con ricorso ex art. 22 legge n. 689/81 la Società si opponeva all’ordinanza-ingiunzione dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE il quale, con sentenza n. 364 del 2018, rigettava l’opposizione.
Con ricorso in appello la Società impugnava la citata sentenza dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna che, con sentenza n. 2553/2019, rigettava integralmente il gravame.
RAGIONE_SOCIALE impugnavano la predetta sentenza dinanzi a questa Corte, affidando il ricorso a quattro motivi.
Si difendeva il RAGIONE_SOCIALE depositando controricorso.
In prossimità dell’adunanza i ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza, ex art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per omessa/apparente motivazione in ordine agli elementi probatori posti a fondamento della decisione e in ordine alla non ammissione RAGIONE_SOCIALE istanze istruttorie RAGIONE_SOCIALE parti, formulate nel giudizio di primo grado reiterate in appello (prova per testi, CTU).
Secondo i ricorrenti, la provenienza di parte RAGIONE_SOCIALE vongole sottoposte a controllo è stata attribuita alla Società sulla sola indicazione di un teste, mentre risulta per tabulas che oggetto del controllo sono stati 860,80Kg di vongole suddivisi in 86 colli, dunque in sacchi da 10 chilogrammi ciascuno, mentre la Società ha fornito alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 200kg di vongole suddivisi in 40 Colli e, dunque, in sacchi da 5 Kg, ciascuno come risulta dal NUMERO_DOCUMENTO del NUMERO_DOCUMENTO prodotto con il doc. 6 nel fascicolo di primo grado del ricorrente.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2697, 2700 cod. civ., art 115 cod. proc. civ., per omessa valutazione RAGIONE_SOCIALE tempestive contestazioni del ricorrente. I ricorrenti lamentano l’incompletezza della documentazione attestante la provenienza RAGIONE_SOCIALE vongole, nonché la correttezza RAGIONE_SOCIALE operazioni di misurazione che attribuiscono alla Società il quantitativo sottomisura indicato nel verbale di contestazione: non vi è, insomma, alcun atto da cui si evincano le dichiarazione del teste, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, né le modalità di misurazione RAGIONE_SOCIALE vongole adottate dagli agenti accertatori.
3. I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto attengono all’accertamento della pretesa sanzionatoria della pubblica amministrazione in sede d’appello: entrambi sono inammissibili, come puntualmente rilevato nel controricorso (p. 3), in quanto sottopongono a giudizio di legittimità – sotto mentite spoglie dell’ omessa/apparente motivazione – la scelta e la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie effettuate dalla Corte d’Appello . Il giudice di seconde cure, alle pp. 4 e 5 della sentenza, ha chiarito i fondamenti probatori sui quali poggia il suo convincimento: in particolare, il contenuto del NUMERO_DOCUMENTO del 12/10/2016 – pure
richiamato nel primo mezzo di gravame dai ricorrenti – dal quale il giudice d’appello evinceva inequivocabilmente che la partita di vongole di cui è causa era stata fornita dalla Società; nonché la sottoposizione a vaglio della partita di vongole per mezzo di un calibratore. Dunque, la rilevanza della testimonianza del legale rappresentante, nel giudizio della Corte distrettuale, si limita al fatto che egli ha indicato già alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE il DDT sopra citato. Esclusa l’illogicità o incoerenza dell ‘ argomentazione del Giudice di seconde cure, ne consegue che il preteso vizio di motivazione si riduce ad un’inammissibile istanza di revisione RAGIONE_SOCIALE valutazioni e del convincimento di quest’ultimo, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione ( ex multis , di recente: Cass. sez. 2, n. 19717 del 17.06.2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’08.08.2019).
Infine, con riferimento alla mancata soddisfazione RAGIONE_SOCIALE istanze probatorie richieste dall’odierna ricorrente, è opportuno ricordare che la scelta, come la valutazione, del materiale probatorio è espressione della discrezionalità del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della Corte di legittimità, restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale il giudice di merito ha compiuto le proprie valutazioni discrezionali di carattere probatorio (di recente: Cass. n. 9507 del 06.04.2023).
Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360 comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione all’art. 14 legge n. 689/81 per tardività della contestazione dell’illecito. Nella prospettazione della ricorrente le operazioni di accertamento per l’acquisizione dei dati inerenti all’infrazione mossa alla Società si erano concluse con l’attività del 13.10.2016, essendo già noti in tale data tutti
gli elementi oggettivi e soggettivi dell’infrazione, come risulta dal doc. 12 prodotto nel fascicolo di primo grado del ricorrente. Più precisamente: i ricorrenti riscontrano che nel processo verbale di contestazione n. 186 del 2016 è dichiarato che le operazioni di accertamento iniziate presso la RAGIONE_SOCIALE acquirente della Società il giorno 13.10.2016 alle h 11:00 si sono concluse alle h 14:00 del medesimo giorno; dal contenuto dello stesso processo verbale emerge che a quella data – quindi il 13.10.2016 – erano già stati individuati i trasgressori, tra cui la Società, nonché gli specifici comportamenti da contestare ai medesimi: in altri termini, era già stata riscontrata la sussistenza di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi dell’infrazione. Pertanto il dies a quo ai sensi dell’art. 14 legge n. 689/81 coincide con il giorno 13.10.2016. La pronuncia della Corte d’appello di Bologna, invece, muove dall’erroneo presupposto che le indagini tese a riscontrare la sussistenza di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi dell’infrazione si siano concluse in data 21.11.2016, come indicato dalla RAGIONE_SOCIALE nel processo verbale n. 2 del 2017 redatto in data 5 gennaio 2017, assunto per la decorrenza dei termini ex art. 14 legge n. 689/81.
5. Con il quarto motivo si deduce nullità della sentenza ex art. 360 comma 1, n. 4) cod. proc. civ., per violazione dell’art. 132, comma 1, n. 4) cod. proc. civ., stante l’omessa motivazione in ordine alla prevalenza attribuita ad un documento decisivo facente fede fino a querela di falso rispetto ad altro documento contrastante facente pure fede fino a querela di falso, e dunque di pari valore probatorio. I ricorrenti sottolineano che erano prodotti nel fascicolo di primo grado di parte ricorrente due documenti facenti entrambe fede fino a querela di falso. Il primo è costituito dal processo verbale n. 2/2017, emesso a carico della RAGIONE_SOCIALE, che indica al 02.11.2016 la data
di ultimazione RAGIONE_SOCIALE indagini; il secondo processo verbale n. 186/2016 è emesso a carico della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dal quale si evince che già alla data del 13.10.2016 erano stati accertati tutti gli elementi oggettivi e soggettivi dell’infrazione. La Corte d’appello di Bologna non si è minimamente pronunciata sulla motivazione che ha indotto ad attribuire maggiore attendibilità al processo verbale n. 2/2017.
6. Il terzo e quarto motivo possono essere trattati congiuntamente, in quanto entrambi attengono alla medesima questione della tardività della notificazione del verbale di contestazione, e sono entrambi infondati. Questa Corte ha più volte avuto occasione di affermare che nel caso di contestazione non immediata, il momento dell’accertamento (che di per sé presuppone un’istruttoria) -in relazione al quale va collocato il dies a quo dei 90 giorni previsti previsto dall’art. 14, comma 2, della legge n. 689 del 1981 per la contestazione dell’addebito -non coincide con il momento di acquisizione del fatto nella sua materialità da parte dell’autorità che ha ricevuto il rapporto (nel caso di specie: RAGIONE_SOCIALE), ma va individuato nella data in cui detta autorità ha completato l’attività intesa a verificare la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi dell’infrazione (Cass. n. 17673/2022; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27702 del 29/10/2019, Rv. 655683 -01; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27405 del 25/10/2019, Rv. 655686 – 01). Più precisamente, la pura «costatazione» dei fatti nella loro materialità non coincide necessariamente con l’«accertamento»: ne discende che occorre individuare, secondo le particolarità dei singoli casi, il momento – successivo alla conclusione RAGIONE_SOCIALE verifiche di natura ispettiva o commissariale – in cui ragionevolmente la constatazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento: momento dal quale deve farsi decorrere il termine per la contestazione. La ricostruzione e
la valutazione RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto inerenti ai tempi occorrenti per la contestazione rispetto all’acquisizione informativa, e in particolare la stima della congruità del tempo utilizzato in relazione alla maggiore o minore difficoltà del caso, sono elementi rimessi al giudice del merito, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, al di fuori del sindacato di cui dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5) (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27702 del 2019, cit.).
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso, regola le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in € 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate e prenotande a debito.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda