Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29031 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29031 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
La Corte di Appello di Genova ha parzialmente accolto il gravame proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Genova che aveva respinto la domanda proposta dai medesimi, nonché da NOME COGNOME e NOME COGNOME, volta ad ottenere in via principale l’accertamento de loro diritto ad essere assunti dall’RAGIONE_SOCIALE con qualifi ca e mansioni di operatore sanitario, ed in via subordinata la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE a rinnovare le operazioni di verifica dell’idone ità dei soggetti, avviati al lavoro ai sensi dell’art. 35, lettera b) del d.lgs. n. 165/2001, oltre al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, per effetto degli atti illegittimi compiuti dall’RAGIONE_SOCIALE .
La Corte territoriale ha ritenuto che l’istituto aveva violato l’art. 27 del d.P.R. n. 487/1994 (che aveva sostituito il d.p.c.m. 27.12.1998, invocato dai ricorrenti), in quanto aveva preteso di selezionare attraverso una prova scritta i soggetti da assumere, mentre avrebbe dovuto esprimere il giudizio all’esito di prove pratiche attitudinali o sperimentazioni lavorative, ha ravvisato la sussistenza di un danno da perdita di chance , quantificato nella misura del 50%, e lo ha liqu idato in dieci mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Con sentenza n. 15223/2016, questa Corte ha accolto il ricorso principale proposto avverso tale sentenza dall’RAGIONE_SOCIALE limitatamente al quarto motivo, con cui era stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del d.P.R. n. 487/1994 , in relazione alla violazione degli artt. 3 e 97 Cost. e dell’art. 5 d.lgs. n. 165/2001; ha dunque cassato la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione.
RAGIONE_SOCIALE ha riassunto il giudizio, chiedendo il rigetto del gravame e la restituzione delle somme liquidate in favore di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, nonché delle somme direttamente liquidate all’AVV_NOTAIO, nei confronti del quale era stata disposta la distrazione delle spese.
La notifica del ricorso in riassunzione è stata effettuata dall’RAGIONE_SOCIALE per pubblici proclami, su autorizzazione dal Presidente della Sezione Lavoro e
acquisito il parere favorevole del Sostituto Procuratore Generale, in ragione dell’elevato numero di destinatari .
La Corte di Appello di Genova decidendo in sede di rinvio ha respinto le domande proposte da NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
NOME COGNOME e gli altri terzi chiamati indicati in epigrafe sono rimasti intimati.
DIRITTO
Con l’unico motivo il ricorso denuncia ‘N ullità della sentenza e del procedimento conseguente a nullità della notificazione (artt. 156, comma 2 160 cod. proc. civ.) del ricorso in riassunzione e pedissequo decreto di fissazione dell’udienza del 15.02.2017 violazione degli artt. 24 – 111 Cost. e 101 cod. proc. civ. sulla garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa in relazione all’art. 360, n. 4 , cod. proc. civ. ‘ .
Deduce l’insussistenza dei presupposti per procedere alla notifica del ricorso in riassunzione per pubblici proclami.
Lamenta che l’RAGIONE_SOCIALE , nonostante fosse a conoscenza degli indirizzi di residenza di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, in quanto indicati in ogni atto dei precedenti gradi di giudizio, aveva proceduto anche nei loro confronti alla notifica del ricorso in riassunzione mediante pubblici proclami, non consentendogli così di avere contezza della ripresa del giudizio.
Precisa che la notifica per pubblici proclami era stata effettuata anche nei confronti dei procuratori costituiti e dei procuratori domiciliatari di NOME COGNOME e NOME COGNOME, ancorché i relativi recapiti fossero accessibili e consultabili.
Evidenzia che NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano proposto il ricorso introduttivo e che la loro posizione era differenziata rispetto a quella delle altre parti, in quanto erano i soli ad avere proposto appello alla sentenza di primo grado e ad avere conseguito una pronuncia parzialmente favorevole.
Aggiunge che nell’istanza ex art. 150 cod. proc. civ. di notifica per pubblici proclami era stata formulata una richiesta in via subordinata di procedere alla notifica nei loro confronti con modalità ordinarie.
2. Il ricorso è inammissibile.
La Corte territoriale ha ritenuto la regolarità della notifica per pubblici proclami ex art. 150 cod. proc. civ. autorizzata dal Presidente di Sezione con provvedimento del 20.10.2016 previo parere favorevole del Procuratore Generale ed ha rilevato che si erano costituite le terze chiamate NOME COGNOME e NOME COGNOME e non invece NOME COGNOME e NOME COGNOME, originari ricorrenti e convenuti in riassunzione, né gli altri terzi chiamati.
Il ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata per omessa notifica del ricorso in riassunzione nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, prospettando che sussistevano i presupposti per la notifica nei modi ordinari, in quanto all’RAGIONE_SOCIALE erano noti sia gli elementi atti ad identificarli compiutamente, sia la loro effettiva residenza.
Il ricorso riporta l’istanza di autorizzazione alla notifica per pubblici proclami, formulata ai sensi dell’art. 150 cod. proc. civ., in ragione della circostanza che a distanza di quattro anni dalla proposizione del ricorso, si era accentuata la difficoltà della notifica, già ravvisata dal Tribunale nel dicembre 2012 per il rilevante numero di destinatari e per la difficoltà di identificare per tutti le rispettive residenze; evidenzia che il Presidente della Sezione Lavoro aveva provveduto in conformità.
Lo stesso ricorso prospetta dunque che la notifica del ricorso in riassunzione per pubblici proclami era stata chiesta ed ottenuta sia in ragione del rilevante numero di destinatari, sia per la difficoltà di identificare per tutti le rispettive residenze.
La censura, nel prospettare che gli estremi identificativi e gli indirizzi di residenza di NOME COGNOME e NOME erano da tempo noti all’RAGIONE_SOCIALE, si confronta pienamente solo con una delle ragioni poste a base dell’istanza e dell’autorizzazione alla notifica per pubblici proclami (la difficoltà di identificare per tutti le rispettive residenze).
Riguardo al l’altra ragione (il rilevante numero di destinatari) a fondamento dell’istanza e dell’autorizzazione alla notifica per pubblici proclami, il ricorso si limita a dedurre il carattere insussistente e pretestuoso delle motivazioni addotte e a prospettare che il giudice di primo grado si era avvalso delle forme di notificazione previste dall’art. 151 cod. proc. civ.; sostiene inoltre che l’RAGIONE_SOCIALE non era tenuto a notificare l’ordine di riassunzione ai terzi chiamati contumaci l’atto di riassunz ione.
Deve in proposito rammentarsi l’orientamento di questa Corte, secondo cui una censura riguardante l’esercizio di un potere discrezionale riservato al giudice di merito, come quello relativo all’autorizzazione del peculiare procedimento di notifica, ai sensi dell’art. 150 cod. proc. civ. non pare riconducibile ad una delle tipologie di vizio indicate dall’art. 360 cod. proc. civ. (Cass. n. 4274/1990).
Questa Corte ha inoltre chiarito che la mancanza dei presupposti di fatto in forza dei quali è autorizzata la notificazione per pubblici proclami, prevista dall’art. 150 cod. proc. civ., è sindacabile dal giudice del merito (v. Cass. n. 11299/2018; Cass. n. 27520/2011).
Peraltro la censura, che in rubrica non denuncia la violazione dell’art. 292 cod. proc. civ., fa leva su contenuti specifici dell’istanza di notifica per pubblici proclami (mancata specificazione delle generalità dei destinatari), senza riportarne l’in tero contenuto; tale doglianza non sembra comunque riferita ai ricorrenti, atteso che il ricorso dà atto del riferimento al codice fiscale accanto al nominativo dei ricorrenti.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 2000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il 15 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME