Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22545 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22545 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 31762-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato
Oggetto
R.G.N.31762/2021
COGNOME
Rep.
Ud 29/05/2025
CC
e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del Dirigente Generale, Direttore della Direzione Generale Centrale Rapporto Assicurativo, rappresentato e difeso dagli avvocati, COGNOME ;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 505/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 04/06/2021 R.G.N. 843/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza n. 505/2021 della Corte d’appello di Milano che, in un giudizio avverso una intimazione di pagamento notificata il 22 febbraio 2019 e ad un estratto di ruolo acquisito presso ADER il 6 marzo 2019, ha, in parziale riforma del Tribunale di Busto Arsizio -che aveva respinto l’impugnazione, ex art. 615 cod. proc. civ., avverso l’intimazione di pagamento e dichiarato inammissibile la domanda di nullità dei titoli di cui all’estratto di ruolo, per difetto di interesse ad agire -ritenuto sussistente detto interesse e dichiarato che nulla era dovuto in relazione a due avvisi di addebito rispetto ai quali era maturata la prescrizione.
La società propone cinque motivi di censura.
Resistono Agenzia delle Entrate -Riscossione, INPS ed INAIL con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 29 maggio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
La società censura la sentenza sulla base di cinque motivi, così rubricati.
‘1) – Ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod. proc. civ. per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., dell’art. 2702 cod. civ e degli artt. 214, 215 e 216 cod. proc. civ, in relazione al tempestivo disconoscimento sull’autenticità delle scr itture e delle sottoscrizioni poste sui referti di notifica.
2)- Ex art. 360, 1° comma, n. 4, cod. proc. civ. per omessa pronuncia in relazione al disconoscimento ex artt. 214, 215, 216 cod. proc. civ. sull’autenticità delle scritture e delle sottoscrizioni poste sui referti di notifica prodotti in fotocopia dagli Enti e al mancato procedimento di verificazione ad istanza dei medesimi Enti.
– Ex art 360, comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione di legge n. 53/1994 ex art. 3 -bis in relazione alle notifiche effettuate via PEC dall’INPS e dall’Ader. Inesistenza delle notifiche.
– Ex art 360, comma 1, n. 4, per nullità della sentenza in relazione alla inesistenza delle notifiche effettuate via PEC dall’ADER e dall’Inps da un indirizzo non inserito nei pubblici elenchi IPA. Inesistenza delle notifiche.
– Ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’omessa pronuncia sulle domande proposte ex art 615 cod. proc. civ. ed ex art. 24 d.lgs. n. 46 del 1999′.
INAIL eccepisce, innanzitutto, l’inammissibilità del ricorso per tardività ma l’eccezione non ha fondamento.
Si afferma in ricorso che la sentenza è stata depositata il 4 giugno 2021 e non notificata; la notifica del ricorso ad INAIL, INPS e ADER è stata effettuata via PEC il 6 dicembre 2021, che era un lunedì. Si applica, quindi, il principio di cui a, ex multis , Cass. n.22696/2024: ‘per giurisprudenza consolidata, la disciplina del computo dei termini di cui all’art. 155, commi 4 e 5, c.p.c., che proroga di diritto, al primo giorno seguente non festivo, il termine che scade in un giorno festivo o di sabato, si applica, per il suo carattere generale, a tutti i termini, anche perentori, contemplati dal codice di rito (compreso il termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione Cass., sez. 6-5, ord. 16/11/2016, n. 23375; conformi Cass., sez. V, sent. 13 /05/2022, n. 15430)’ e Cass. n. 38028/2022: «va rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione per intervenuta decadenza dal termine di cui all’art. 327 c.p.c., essendo stato il ricorso notificato il lunedì successivo al giorno (sabato) nel quale scadeva il termine, con conseguente applicazione della disposizione di cui all’art. 155, quinto comma, c.p.c. (cfr., sul punto, Cass. 16/11/2016, n. 23375, ove è affermato che «La disciplina del computo dei termini di cui all’art. 155, commi 4 e 5, c.p.c., che proroga di diritto, al primo giorno seguente non festivo, il termine che scade in un giorno festivo o di sabato, si applica, per il suo carattere generale, a tutti i termini, anche perentori, contemplati dal codice di rito»).
Va altresì osservato che la Corte d’appello ha espressamente affermato la sussistenza dell’interesse ad agire quanto all’opposizione ad estratto di ruolo (pag.3): tale capo di
sentenza non è stato censurato dai controricorrenti ed è, quindi, passato in giudicato (cfr. ex multis Cass. n. 4448/2023).
Tanto premesso, i primi due motivi vanno analizzati congiuntamente, per l’intima connessione che li unisce , e sono inammissibili.
La Corte territoriale motiva in questi termini: ‘la documentazione disaminata ai fini del vaglio della regolare notifica degli avvisi di pagamento e delle cartelle, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, non è mai stata validamente disconosciuta atteso che la stessa, in primo grado, non ha idoneamente eccepito il difetto di genuinità delle copie prodotte, astenendosi in sede di udienza di comparizione dall’allegazione di elementi significanti l’asserita difformità, mentre il disconoscimento prev entivo dell’eventuale produzione documentale di cui è formulazione nel ricorso è inidoneo allo scopo in quanto generico e privo degli elementi di difformità’…’deve rilevarsi come nessun’altra dichiarazione di disconoscimento sia stata formalizzata in modo specifico dal ricorrente nella prima udienza di discussione, ossia nella prima udienza utile successiva alla produzione documentale tantomeno relativamente alla qui eccepita illeggibilità dei documenti’.
I due motivi non si confrontano con tale statuizione perché nulla dicono in punto valutazione di genericità del disconoscimento ma danno per scontato che il disconoscimento sia stato correttamente effettuato, dolendosi altresì di una omessa pronuncia che non sussiste, alla luce della motivazione come sopra riportata.
Inoltre, «rappresenta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione secondo cui, in tema di prova
documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale di una scrittura e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive (tra molte: Cass. n. 28096 del 2009; tra le recenti: Cass. n. 9533 del 2022); invero il disconoscimento delle copie fotostatiche, ai sensi dell’art. 2719 c.c., impone che la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni (ex plurimis: Cass. n. 16557 del 2019; Cass. n. 14279 del 2021); in particolare, il disconoscimento deve contenere l’indicazione delle parti in cui la copia sia materialmente contraffatta rispetto all’originale; oppure le parti mancanti e il loro contenuto; oppure, in alternativa, le parti aggiunte; a seconda dei casi, poi, la parte che disconosce deve anche offrire elementi, almeno indiziari, sul diverso contenuto che il documento presenta nella versione originale (in termini: Cass. n. 16836 del 2021 con la giurisprudenza ivi citata)» (Cass. n. 37186/2022). Ciò posto, la sentenza impugnata ha risolto la questione in diritto in modo conforme alla giurisprudenza richiamata, ritenendo, nel caso di specie, che il disconoscimento operato dall’opponente fosse privo dei requisiti necessari e secondo questa Corte «tale ‘valutazione costituisce giudizio di
fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità’ (così Cass. n. 1324 del 2022; conf. Cass. n. 2033 del 2022)» (Cass. n. 37186/2022).
Anche il terzo ed il quarto motivo possono essere esaminati insieme, perché contengono doglianze relative all’invio degli avvisi di addebito/cartelle via Pec.
La Corte così motiva: ‘il collegio ritiene che non meriti accoglimento nemmeno il motivo di gravame con il quale l’appellante si duole del fatto che parte dei titoli siano stati notificati a mezzo pec mediante trasmissione in formato pdf. Rileva al proposi to l’orientamento di questa Corte secondo il quale ‘l’invio via pec della cartella esattoriale può essere qualificato come invio del documento informatico originale o al più di una sua copia informatica, per cui non è dovuta una attestazione di conformità. Diventa pertanto del tutto irrilevante anche l’estensione del file (pdf) non essendo prevista la necessità del formato p7m. Inoltre il collegio dà atto che la corrispondenza dell’indirizzo pec utilizzato per la notificazione dei titoli con quella dell’app ellante emerge dalla visura camerale prodotta in atti dall’INPS’.
La decisione è corretta ed immune da censure, essendo conforme alla giurisprudenza di legittimità sul punto.
Non si riscontra, in particolare, la denunciata omessa pronuncia in ordine al profilo relativo al mancato inserimento nei registri IPA delle Pec di invio perché il motivo di appello è stato riportato e respinto unitamente agli altri; se mai si potrebbe trattare di difetto motivazione, che però non è stato censurato in questa sede: «per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il
provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando come nella specie – la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (cfr. tra le più recenti Cass. nn. 20311 del 2011, 10696 del 2007, 16788 del 2006)» (Cass. n. 25156/2017 ex multis ).
Comunque, la decisione è corretta alla luce della ormai consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto, che si è espressa con SSUU n. 15979/2022 e, più di recente, con Cass. n. 982/2023, in cui si legge: «in tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica del ricorso per cassazione effettuata dalla Procura Generale della Corte dei Conti, utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, rinvenibile sul proprio sito “Internet”, ma non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, tenuto conto che la più stringente regola, di cui alla L. n. 53 del 1994, art. 3-bis, comma 1, detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati, che, ai fini della notifica nei confronti della RA., può essere utilizzato anche l’Indice di cui al D.lgs. n. 82 del 2005, art. 6-ter, e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente: Cass. n. 15979 del 2022); l’obbligo di motivazione degli atti impositivi,
sancito dall’art. 7 del cd. Statuto del contribuente, deve essere interpretato avendo riguardo ai canoni di leale collaborazione e buona fede, espressi dal successivo art. 10, la cui portata deve essere ricostruita alla luce dei principi di solidarietà economica e sociale e di ragionevolezza sanciti, rispettivamente, dagli artt. 2 e 3 Cost.: ne deriva che sono irrilevanti le violazioni formali che non abbiano arrecato un’effettiva lesione della sfera giuridica del contribuente.(Nella fattispecie, erano dedotti, senza indicare i conseguenti pregiudizi, l’omessa allegazione del processo verbale di contestazione, già in precedenza notificato, all’atto impugnato e la mancata indicazione nello stesso del responsabile del procedimento: Cass. n. 11052 del 2018). La sentenza impugnata si è conformata ai suddetti principi laddove ha ritenuto valida la notifica proveniente da un indirizzo PEC ((Omissis)) dal quale era chiaramente evincibile il mittente pur se diverso da quello risultante dai pubblici registri ((Omissis )),….Una diversa conclusione sarebbe smaccatamente contraria rispetto ai principi di buona fede, correttezza e solidarietà di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., e art. 2 Cost., tenendo conto che il contribuente non ha addotto alcun motivo in virtù del quale sarebbe stato leso in concreto il diritto di difesa. In effetti, secondo questa Corte, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito
(Cass. n. 26419 del 2020; Cass. n. 29879 del 2021). Nella specie, anche ad accedere alla versione della parte contribuente, quest’ultima non ha mai realmente evidenziato quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa sarebbero dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento non dall’indirizzo telematico corrispondente al domicilio digitale dell’Agenzia, come presente nei pubblici registri ((Omissis)) ma da uno diverso ((Omissis)), relativamente al quale però è evidente ictu oculi la provenienza dall’Agenzia delle Entrate -Riscossioni».
Infondato è, infine, l’ultimo motivo.
Non si registra alcuna omessa pronuncia in punto eccezione di decadenza dall’iscrizione a ruolo, posto che il Collegio ha così ampiamente motivato: la doglianza di decadenza dall’iscrizione a ruolo costituisce motivo di opposizione all’esecuzione da spiegarsi nel termine di cui al d.lgs. n. 46/1999 art. 24, ossia di 40 gg dalla notifica del titolo di pagamento, il quale, al momento dell’introduzione del giudizio, era irrimediabilmente spirato.
Infatti, «l’art. 24 comma 5 del d.lgs. n. 46/99 ha previsto uno specifico mezzo dell’impugnazione del ruolo da azionarsi entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, con il quale vengono devolute in giudizio tutte le questioni aventi ad oggetto la fondatezza della pretesa, e dunque sia quelle relative alla regolarità del titolo che quelle attinenti al merito; contrariamente a quanto avviene nella riscossione mediante ruolo dei tributi, l’atto propedeutico all’iscrizione a ruolo dei crediti degli istituti previdenziali, ossia il verbale di accertamento o altro equipollente, non è un atto per il quale la legge prevede l’impugnazione entro termini perentori, l’unico termine perentorio essendo invece posto
dall’art. 24, D.Lgs. n. 46/1999, per l’opposizione all’iscrizione a ruolo, che decorre dalla notifica al debitore della cartella esattoriale. Argomentando diversamente, si finirebbe surrettiziamente per disapplicare l’art. 24, comma 5, D.Lgs. n. 46/1999, non essendo logicamente configurabile una “preclusione di carattere meramente procedurale, priva di conseguenze sul piano del diritto sostanziale”, …. dovendo invece reputarsi – in linea con l’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte – che la perentorietà del termine, importando la decadenza dalla facoltà di rimettere in discussione il titolo medio tempore consolidatosi, abbia carattere sostanziale» (Cass. n. 6199/2024).
Il ricorso va, pertanto, complessivamente rigettato, con condanna al pagamento delle spese di legittimità secondo il criterio della soccombenza, come liquidate in dispositivo.
Atteso il rigetto del ricorso, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida per INPS ed INAIL in € 5000,00 per ciascuno per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, e per ADER in €5000,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 29 maggio