Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1648 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1648 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/01/2025
Oggetto
Procedimento civile ─ Appello ─ Notificazione telematica effettuata dall’avvocato (nella disciplina anteriore al d.lgs. n. 149 del 2022) Perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario ─ Fattispecie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11718/2023 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME COGNOME Bruno (p.e.c.: EMAIL);
-controricorrente – e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata – avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia n. n. 164/2023 depositata in data 9 marzo 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
la Corte d’appello di Perugia ha dichiarato inammissibile, in quanto tardivamente proposto in data 16 giugno 2022 al di là del termine breve per impugnare, l’appello proposto da NOME COGNOME avverso sentenza con la quale, in data 16 dicembre 2021, il Tribunale di Spoleto aveva rigettato la sua domanda risarcitoria, proposta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE nel contraddittorio con la UnipolSai Ass.ni S.p.a. chiamata in causa dalla convenuta, per i danni subiti in conseguenza del sinistro occorsogli in data 4 novembre 2013 all’interno della palestra gestita dalla prima;
ha infatti ritenuto idonea a far decorrere il termine breve per impugnare ex art. 326 cod. proc. civ. la notifica della sentenza di primo grado effettuata da UnipolSai Ass.ni S.p.a. a mezzo p.e.c., in data 3 gennaio 2022, al procuratore costituito dell’attore, Avv. NOME COGNOME
ha in tal senso rilevato che:
─ da un lato, la documentazione prodotta dall’appellata dimostrava che: « in data 03.01.2022, alle ore 17:09:27 UnipolSai Assicurazioni S.p.A. ha notificato plico informatico contenente copia autentica della sentenza di primo grado ai procuratori delle altre parti; alle ore 17:09:27 del medesimo giorno il sistema di posta elettronica certificata del procuratore costituito di NOME COGNOME COGNOME, InfoCert S.p.A., ha preso in carico il messaggio; alle ore 17:09:29 del 03.01.2022 il messaggio è stato regolarmente consegnato nella casella di posta elettronica certificata del destinatario »;
─ dall’altro, « la documentazione allegata da parte appellante, peraltro neppure nell’originale formato digitale, consente unicamente di evincere che il procuratore dell’appellante ha successivamente sollecitato il proprio gestore di posta elettronica certificata affinché gli fornisse supporto in merito all’asserita mancata ricezione della notifica mediante posta elettronica certificata; peraltro, siffatta documentazione consente pure di ritenere provato che la consegna del messaggio di posta elettronica certificata nella casella del destinatario è correttamente e regolarmente avvenuta; in risposta al richiesta di chiarimenti inoltrata dal procuratore dell’appellante in data 21.11.2022 … , il gestore del servizio di posta elettronica certificata, dopo aver specificato che nel solo caso in cui ‘ il file si presenti vuoto, il log non ha tracciato messaggi rispondenti alle caratteristiche descritte nella richiesta ‘, ha infatti inviato estrazione dell’avvenuta accettazione e consegna della notifica allegando file comprovante il perfezionamento della notifica con le modalità telematiche di cui all’art. 3 -bis L. n. 53/1994; da ultimo, UnipolSai Assicurazioni S.p.A. ha inoltrato al medesimo gestore, InfoCert S.p.A., richiesta riguardo all’effettiva consegna della notifica presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario, ottenendone inequivoca conferma e producendo in allegato tutta la documentazione nei formati originali del ticket di risposta dell’assistenza clienti e del registro informatico (log) della notifica »;
avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione con tre mezzi, cui resiste la UnipolSai Ass.ni S.p.a. depositando controricorso;
la RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata;
è stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti;
non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero;
la controricorrente ha depositato memoria;
considerato che:
la notifica del ricorso nei confronti dell’intimata RAGIONE_SOCIALE litisconsorte necessaria rimasta contumace nel giudizio di appello, risulta avvenuta a mezzo p.e.c. indirizzata al difensore costituito nel giudizio di primo grado (Avv. NOME COGNOME;
poiché, però, non risulta provato ─ e nemmeno dedotto ─ che nella specie la procura o anche solo l’eventuale elezione di domicilio siano stati conferiti anche per il successivo grado di giudizio, la notifica medesima deve considerarsi nulla, anche se non inesistente;
il collegamento del domiciliatario alla parte evocata in causa almeno nel primo grado comporta infatti la nullità e non la inesistenza della notificazione del ricorso (v. ex multis Cass. Sez. U. n. 14916 del 20/07/2016; Cass. Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10817 del 29/04/2008; Cass. n. 11485 del 11/05/2018; n. 16952 del 25/07/2006; n. 7818 del 04/04/2006);
l’esito reiettivo del ricorso, che si va appresso a evidenziare, rende tuttavia ultroneo ed inutilmente dilatorio l’altrimenti necessario ordine di rinnovazione della notifica;
il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone, infatti, al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti; ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la
fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (v. Cass. Sez. U. 22/03/2010, n. 6826; Cass. 21/05/2018, n. 12515; 10/05/2018, n. 11287; 17/06/2013, n. 15106);
con il primo motivo ─ rubricato « Errore di diritto art. 360 cpc n. 3 » ─ il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia tenuto conto della normativa sulla certezza delle notificazioni alle parti e ciò in quanto -afferma-« le prove raccolte e prodotte indicano chiaramente che la difesa COGNOME non poté mai vedere il contenuto della pec ed il report della stessa inviatagli »; sostiene in tal senso che le risposte ricevute alle richieste inviate dal difensore dell’appellante al gestore di posta elettronica certificata provano che egli non aveva mai ricevuto nulla;
con il secondo motivo ─ rubricato « nullità della sentenza (per illogicità della motivazione) art. 360 cpc n. 4 » ─ il ricorrente lamenta che la sentenza non renda chiari i motivi della decisione, limitandosi a ripetere pedissequamente i fatti narrati dall’una e dall’altra parte , « senza però correlare nessuno di questi fatti alla decisione motiva »;
con il terzo motivo il ricorrente denuncia, infine, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, lamentando che la Corte d’appello non abbia « tenuto conto del fatto che nel sistema dell’Avv. NOME COGNOME non sia mai transitata la notifica »;
il primo motivo -che evidentemente, al di là dell’ininfluente erroneo riferimento in rubrica al n. 3 anziché al n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U. 24/07/2013, n. 17931), intende denunciare
un error in procedendo per violazione delle norme in tema di notificazione degli atti a mezzo p.e.c. ─ è manifestamente infondato, quando non inammissibile;
le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 28452 del 05/11/2024, hanno affermato il principio di diritto secondo cui « nel regime antecedente alla novella recata dal d.lgs. n. 149 del 2022, la notificazione a mezzo PEC eseguita dall’avvocato ai sensi dell’art. 3 -bis della legge n. 53 del 1994 non si perfeziona nel caso in cui il sistema generi un avviso di mancata consegna, anche per causa imputabile al destinatario (come nell’ipotesi di saturazione della casella di PEC con messaggio di errore dalla dicitura ‘casella piena’), ma soltanto se sia generata la ricevuta di avvenuta consegna (c.d. ‘RdAC’) »;
nel caso di specie è pacifico in causa che tale ricevuta sia stata generata, come è del resto verificabile attraverso l’esame dei documenti prodotti dallo stesso ricorrente;
a fronte di tale dato pacifico e obiettivamente emergente la tesi censoria ─ secondo la quale, invece, avrebbe dovuto ritenersi dimostrato che l’atto di appello, benché oggetto di procedura notificatoria a mezzo p.e.c. regolarmente perfezionatasi con la generazione del suddetto messaggio di avvenuta consegna, non sia materialmente giunto alla casella di destinazione ─ rimane affidata ad affermazioni vaghe e confuse, incomprensibili da un punto di vista tecnico-giuridico e soprattutto affidate al richiamo di documenti e attestazioni (le risposte ricevute alle richieste di assistenza inviate al gestore) totalmente inosservanti degli oneri imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ.;
va al riguardo rammentato che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di
censura, cosicché il ricorrente è tenuto ─ in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, che deve consentire al giudice di legittimità di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo demandatogli del corretto svolgersi dell’iter processuale ─ non solo ad enunciare le norme processuali violate, ma anche a indicare specificamente e localizzare nel fascicolo di causa gli atti da cui la dedotta violazione risulti (v. ex plurimis Cass. Sez. U. 22/05/2012, n. 8077);
nella specie il ricorrente omette di riportare o di trascrivere, quanto meno nelle parti rilevanti, il contenuto dei documenti richiamati e neppure indica, nel rispetto della citata disposizione normativa, se e dove tali documenti siano consultabili nel fascicolo di causa;
il secondo motivo è parimenti inammissibile, prima che infondato;
la questione posta era di natura processuale sicché quel che occorre in questa sede valutare è solo se è corretto il governo delle norme del processo da parte del giudice d’appello, indipendentemente dalla motivazione e anche addirittura dalla mancanza di una qualsiasi motivazione (v. ex plurimis Cass. n. 7880 del 2012; n. 16640 del 2005; n. 11883 del 2003), essendo evidente che se la notifica della sentenza si era validamente perfezionata e l’appello era, di conseguenza, effettivamente tardivo, tale esso rimane anche se la motivazione sul punto sia carente o manchi del tutto;
va comunque rilevato che nella specie la motivazione sul punto addotta in sentenza, sopra riportata per ampi stralci, è perfettamente comprensibile e tutt’altro che carente;
il terzo motivo è inammissibile;
il vizio di omesso esame può configurarsi in relazione alla ricognizione del fatto sostanziale non di quello processuale, che rileva ai fini del governo del processo ed è sindacabile, se del caso, solo per violazione delle norme processuali;
ricondotta entro tale ambito la doglianza, se ne deve ribadire l’inammissibilità per manifesta genericità e inosservanza degli oneri di specifica indicazioni degli atti richiamati;
il ricorso deve dunque essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali, in favore della controricorrente, liquidate come da dispositivo;
va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13;
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P .R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza