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Notifica PEC non valida? Il mittente non in registri

Un contribuente ha impugnato una cartella di pagamento sostenendo la nullità della notifica PEC perché l’indirizzo del mittente non era presente nei pubblici registri. Il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso, chiarendo che la legge richiede che solo l’indirizzo del destinatario provenga da elenchi pubblici, garantendo così la certezza della ricezione. La sentenza ha inoltre rigettato l’eccezione di prescrizione, tenendo conto degli atti interruttivi e della sospensione dei termini per l’emergenza Covid-19.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Notifica PEC Valida Anche se il Mittente non è nei Registri Pubblici? Il Tribunale di Milano Fa Chiarezza

La digitalizzazione dei processi giudiziari e amministrativi ha reso la notifica PEC uno strumento quotidiano per professionisti e imprese. Ma cosa succede se l’indirizzo del mittente, ad esempio un agente della riscossione, non risulta nei pubblici registri come l’INI-PEC? Una recente sentenza del Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, offre un’analisi dettagliata su questo tema, stabilendo un principio fondamentale per la validità delle comunicazioni telematiche.

I Fatti del Caso

Un professionista conveniva in giudizio un ente previdenziale e un agente della riscossione chiedendo di dichiarare la nullità di una cartella di pagamento e di un successivo sollecito. Le ragioni principali dell’opposizione erano due: in primo luogo, il ricorrente sosteneva di non aver mai ricevuto la notifica della cartella di pagamento originaria; in secondo luogo, eccepiva la nullità della notifica stessa poiché l’indirizzo PEC del mittente non era, al momento dell’invio, presente nel registro pubblico IPA (Indice delle Pubbliche Amministrazioni).

Infine, il ricorrente eccepiva l’avvenuta prescrizione del credito contributivo, relativo all’anno 2015, sostenendo che fossero passati più di cinque anni senza validi atti interruttivi.

La questione della validità della Notifica PEC

Il cuore della controversia risiedeva nella validità della notifica effettuata a mezzo Posta Elettronica Certificata. L’agente della riscossione ha prodotto in giudizio le ricevute di accettazione e di consegna della PEC, dimostrando che la comunicazione era stata inviata all’indirizzo del professionista risultante dall’indice nazionale INI-PEC e che era stata regolarmente consegnata. Di fronte a tale documentazione, lo stesso procuratore del ricorrente ha dovuto ammettere l’avvenuto ricevimento.

Il punto più interessante, tuttavia, riguarda la seconda eccezione: la presunta nullità derivante dal fatto che l’indirizzo PEC del mittente non fosse registrato in un elenco pubblico. Il Tribunale ha smontato questa tesi basandosi su una chiara interpretazione della normativa vigente.

La Decisione del Tribunale

Il Giudice del Lavoro ha stabilito che la legge (in particolare il d.P.R. 600/1973 e il d.P.R. 602/1973) impone che l’indirizzo PEC del destinatario debba essere quello risultante dai pubblici registri (come l’INI-PEC). Questo requisito è posto a garanzia del destinatario stesso, per assicurare che la notifica avvenga in un ‘domicilio digitale’ certo e legalmente riconosciuto.

Al contrario, la normativa non prescrive lo stesso requisito di pubblicità per l’indirizzo PEC del mittente, specialmente quando si tratta di soggetti come gli agenti della riscossione. La ratio della legge è quella di tutelare il ricevente, non di imporre un onere formale aggiuntivo al notificante, la cui identità e legittimità sono già assicurate dalla sua qualifica pubblica. La sentenza ha richiamato anche un importante pronunciamento delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 15979/22), che ha confermato questo orientamento, specificando che una maggiore rigidità formale è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, ma non per quello del mittente.

L’Analisi sulla Prescrizione del Credito

Anche l’eccezione di prescrizione è stata respinta. Il Tribunale ha verificato che l’agente della riscossione aveva notificato un’intimazione di pagamento nel giugno 2023, atto idoneo a interrompere il decorso della prescrizione.

Inoltre, il Giudice ha correttamente applicato la normativa emergenziale legata alla pandemia di Covid-19. I decreti legge (D.L. 18/2020 e D.L. 183/2020) avevano introdotto un periodo di sospensione dei termini di prescrizione per i crediti contributivi per un totale di 311 giorni. Scomputando questo periodo, il termine per la prescrizione non era ancora decorso al momento della notifica dell’atto interruttivo. Di conseguenza, il credito era ancora pienamente esigibile.

Le Motivazioni

Le motivazioni della decisione si fondano sulla necessità di bilanciare la certezza del diritto con la funzionalità del sistema di riscossione. Imporre che anche l’indirizzo del mittente sia presente in un registro pubblico sarebbe un formalismo eccessivo e non richiesto dalla legge, la cui preoccupazione principale è assicurare che l’atto giunga legalmente a conoscenza del suo destinatario. La produzione delle ricevute di accettazione e consegna è considerata prova sufficiente del perfezionamento della notifica. Per quanto riguarda la prescrizione, il Tribunale ha semplicemente applicato le norme speciali che hanno sospeso i termini a causa dell’emergenza sanitaria, un fattore che non può essere ignorato nel calcolo dei tempi.

Le Conclusioni

Questa sentenza del Tribunale di Milano ribadisce alcuni punti fermi di grande importanza pratica:
1. Validità della Notifica PEC: La notifica è valida se inviata all’indirizzo PEC del destinatario risultante dai pubblici registri, a prescindere dal fatto che l’indirizzo del mittente sia anch’esso pubblico. Ciò che conta è la prova della consegna nella casella certificata del destinatario.
2. Onere della Prova: L’agente della riscossione assolve il proprio onere probatorio depositando le ricevute di accettazione e consegna della PEC.
3. Impatto delle Sospensioni Covid-19: I periodi di sospensione dei termini di prescrizione introdotti durante la pandemia sono pienamente efficaci e devono essere sempre considerati nel calcolo per verificare l’eventuale estinzione del debito.

Per i contribuenti e i professionisti, questa pronuncia è un monito a gestire con attenzione la propria casella PEC e a non basare le proprie difese su formalismi che la giurisprudenza consolidata ha già ritenuto superati.

È valida una notifica PEC inviata da un indirizzo email non presente nei pubblici registri (es. INI-PEC, IPA)?
Sì, secondo la sentenza è valida. La legge impone che sia l’indirizzo del destinatario a dover risultare da un pubblico registro per garantire la certezza della ricezione, ma non prevede lo stesso obbligo per l’indirizzo del mittente, specialmente se si tratta di un ente pubblico o di un agente della riscossione.

Come hanno influito le normative emergenziali COVID-19 sui termini di prescrizione dei crediti contributivi?
Le normative hanno introdotto una sospensione legale del decorso dei termini di prescrizione per un totale di 311 giorni (129 giorni dal DL 18/2020 più 182 giorni dal DL 183/2020). Questo periodo deve essere aggiunto al termine di prescrizione ordinario, posticipando di fatto la data di estinzione del diritto.

Quale prova deve fornire il mittente per dimostrare che una notifica PEC è andata a buon fine?
Il mittente deve produrre in giudizio la ricevuta di accettazione (che attesta la presa in carico del messaggio da parte del suo gestore) e la ricevuta di avvenuta consegna (che attesta la consegna del messaggio nella casella del destinatario). Questa documentazione costituisce prova legale della notifica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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