SENTENZA TRIBUNALE DI MILANO N. 5664 2025 – N. R.G. 00010708 2025 DEPOSITO MINUTA 23 12 2025 PUBBLICAZIONE 23 12 2025
N. 10708 /2025 R.G.L.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
SEZIONE LAVORO
in composizione monocratica e in funzione di Giudice del Lavoro, in persona della AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella controversia di primo grado promossa da
(C.F. ) con l’AVV_NOTAIO parte elettivamente domiciliata presso lo Studio del difensore in Indirizzo Telematico C.F.
– RICORRENTE – contro
(C.F.
) con
P.
AVV_NOTAIO parte elettivamente domiciliata presso lo Studio del difensore in INDIRIZZO
(C.F. con l’AVV_NOTAIO P.
parte elettivamente domiciliata presso lo Studio del difensore in INDIRIZZO
– RESISTENTE –
Oggetto: cartella di pagamento
All’udienza di discussione i procuratori concludevano come in atti.
FATTO
Con ricorso depositato in data 10/09/2025,
ha
convenuto in giudizio avanti al Tribunale di Milano – Sezione Lavoro
–
e
chiedendo di ‘ Accertare e dichiarare la nullità e/o l’invalidità del sollecito di pagamento numero 06820259032369527000 per tutti i motivi indicati in atti; Accertare e dichiarare la nullità e/o l’invalidità della cartella di pagamento numero NUMERO_CARTA e del ruolo presupposto per i motivi indicati in atti; Accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione dei crediti contributivi e del credito per sanzione relativi al contributo integrativo anno 2015; Accertare e dichiarare l’assenza di ogni ragione di credito nei confronti dell’opponente; Condannare le parti resistenti/convenute, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali, diritti e onorari, oltre accessori come per legge’.
Si sono costituite ritualmente in giudizio
e
eccependo l’infondatezza in fatto e in diritto delle domande di cui al ricorso e chiedendo il rigetto delle avversarie pretese. In particolare, la ha svolto anche domanda riconvenzionale trasversale subordinata chiedendo la condanna dell’ nell’ipotesi di accertamento della prescrizione dei crediti vantanti dall’Ente e/o di omessa erronea notifica della cartella.
Esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, assunte le prove e ritenuta la causa matura per la decisione, il Giudice ha invitato le parti alla discussione all’esito della quale ha deciso come da dispositivo pubblicamente letto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso non può essere accolto e va respinto sulla base delle seguenti motivazioni.
Con un primo vizio, il ricorrente lamenta di non aver mai ricevuto o preso visione della cartella di pagamento di
numero 06820170044240828000 emessa sulla base del ruolo formato da , cartella asseritamente notificata a mezzo PEC il 24 agosto 2017.
Tale vizio è infondato in quanto ha prodotto copia della notifica effettuata a mezzo pec di tale cartella NUMERO_CARTA allegando la ricevuta di accettazione e di consegna (doc. 3) da cui risulta effettivamente notificata all’ indirizzo pec del ricorrente ( di cui allega anche attestazione inipec (doc. 4) . Peraltro, all’udienza del 12.11.2025 il procuratore di parte ricorrente ha dichiarato che ‘ non contesta l’avvenuto ricevimento della PEC di avvenuta consegna e accettazione delle cartelle oggetto del presente giudizio ‘.
Con un secondo motivo, il ricorrente eccepisce la nullità della notifica ‘ per essere stata effettuata da indirizzo PEC non risultante dai pubblici registri al momento della notifica’; nello specifico evidenzia che ‘ la notifica è stata effettuata dall’indirizzo t che non era presente nel registro pubblico IPA al momento della notifica del 24 agosto 2017, essendo stato inserito solo dal 2 settembre 2022 ‘.
Anche tale motivo è infondato. L’art. 26, comma 2, d.P.R. n. 602/1973 prevede che ” La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INIPEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta. In tali casi, si applicano le disposizioni dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600″ . L’art. 30 del D.L. n. 78/2020, convertito in L. n. 122/2020 prevede poi che ” L’avviso di addebito è notificato in via prioritaria tramite posta elettronica certificata all’indirizzo risultante dagli elenchi previsti dalla legge, ovvero previa eventuale convenzione tra comune e RAGIONE_SOCIALE, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale …”.
L’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dispone: ” In deroga all’articolo 149-bis del codice di procedura civile e alle modalità di notificazione previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta non compatibili con quelle di cui al presente comma, la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato può essere effettuata direttamente dal competente ufficio con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo di posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). All’ufficio sono consentite la consultazione telematica e l’estrazione, anche in forma massiva, di tali indirizzi… ” La normativa richiamata prevede, con chiarezza, la necessità che l’indirizzo pec del destinatario sia quello risultante dai pubblici registri (INI-PEC) mentre nulla dispone in tema di indirizzo pec del mittente, per il quale non è prescritta la necessità che risulti da pubblici elenchi. Al contrario, solo la normativa riguardante le notificazioni telematiche eseguite in proprio a cura degli avvocati prescrive all’art. 3 bis, comma 1, 1. n. 53/94 che ‘la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi ‘. Si tratta di una scelta legislativa la cui ratio può agevolmente individuarsi nel fatto che il difensore, a differenza degli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario, non è dotato di quella peculiare qualifica in ragione della quale è assicurata – a monte – l’attendibilità dell’indirizzo PEC del mittente.
6. Del resto, nel caso in esame, l’indirizzo del mittente t è univocamente riferibile ad , risultando indicato anche nel
sito internet istituzionale fra gli indirizzi PEC utilizzati per la notifica di documenti.
La questione è già stata affrontata dalla Corte d’Appello di Milano con sentenza che ci si limita a richiamare anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.: ‘ Parimenti non condivisibile è la tesi della società secondo cui le comunicazioni di posta certificata provenienti dall’RAGIONE_SOCIALE relative alla notifica degli avvisi di addebito non possano considerarsi notificazioni telematiche, in conseguenza del fatto che l’indirizzo di provenienza delle comunicazioni via EMAIL non risultano dal registro IPA. In altri termini, la difesa dell’appellante, a fronte della circostanza documentata e non contestata che l’atto di pignoramento presso terzi e gli avvisi di addebito sottostanti siano stato ricevuti dalla società al proprio indirizzo di posta certificata nelle date indicate in atti, sostiene che tali comunicazioni, per le modalità con cui sono state eseguite, non possano considerarsi notificazioni telematiche, essendo state inviate da indirizzi di provenienza che non sono presenti nei pubblici registri. Si tratta di una tesi non condivisibile sotto alcuno degli aspetti introdotti nel gravame: come già affermato da questa corte di appello in precedenti decisioni che si intendono qui richiamate ai sensi e per gli effetti di cui all’art.118 disp.att. c.p.c. (cfr.: Corte di Appello Milano 21 maggio 2019 n.1066; Corte di Appello Milano 13 gennaio 2021 n.28; Corte di Appello Milano 13 ottobre 2021 n. 1276) da un lato, la doglianza circa l’indirizzo di provenienza della comunicazione via EMAIL, una volta non contestato -né potrebbe essere altrimenti dato che le estensioni di provenienza sono rispettivamente postacert.inps. e pecEMAIL -che sia comunque un indirizzo dell’I.N.P.S. e di , ed a prescindere dalla novità o meno di tale eccezione nei confronti dell’agenzia odierna appellata, certamente non può condurre alla nullità o inesistenza della notifica tramite posta elettronica certificata, dal momento che l’art.30 IV comma D.L. 31 maggio 2010 n.78, invocato dalla debitrice, pone un unico vincolo, in punto di utilizzo dell’indirizzo risultante dagli elenchi previsti per legge, con riferimento alla casella del destinatario e non del mittente. D’altro canto, il citato art. 30 D.L. n. 78 – significativamente
intitolato ‘Potenziamento dei processi di riscossione dell’RAGIONE_SOCIALE‘ – regola compiutamente le modalità alternative di notifica dell’avviso di addebito, tra cui ‘in via prioritaria’ quella tramite posta elettronica certificata, senza che possano venir in considerazioni le disposizioni in tema di notificazioni degli atti giudiziari. ‘ (Corte d’Appello di Milano Sezione Lavoro, con sent. n. 1603/2021 nel confermare la sent. n. 707/2021 del Tribunale di Milano -Sezione Lavoro (est. COGNOME)). Nello stesso senso qui sostenuto, si richiama, da ultimo Cass. SS.UU. n. 15979/22, la quale ha affermato che ” In tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica del ricorso per cassazione effettuata dalla Procura Generale della Corte dei Conti, utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, rinvenibile sul proprio sito “internet”, ma non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, tenuto conto che la più stringente regola, di cui all’art. 3-bis, comma 1, della l. n. 53 del 1994, detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati, che, ai fini della notifica nei confronti della P.A., può essere utilizzato anche l’Indice di cui all’art. 6ter del d.lgs. n. 82 del 2005 e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’ indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente “.
Per tutto quanto sopra esposto, la notifica della cartella di pagamento deve ritenersi pienamente valida ed efficace.
*
Sotto ulteriore profilo, il ricorrente eccepisce l’intervenuta prescrizione del credito e delle sanzioni affermando che ‘ il contributo integrativo 2015 doveva essere versato entro il 31 dicembre 2016 ed il sollecito di pagamento è stato notificato il 21 agosto 2025, pertanto ad oltre 8 anni dalla scadenza del termine di pagamento ed in assenza di validi atti interruttivi della prescrizione ‘.
Anche tale eccezione non può che essere disattesa in quanto ha dato prova di aver tempestivamente
notificato, quale atto interruttivo, l’intimazione di pagamento n. 06820239007046974000, eseguita, sempre a mezzo pec, in data 1° giugno 2023 (doc. 6). La documentazione consente di ritenere valida la notifica effettuata a mezzo pec all’indirizzo del ricorrente (doc. 4 inipec), il quale in udienza non ha contestato l’avvenuta ricezione di tale missiva.
La notifica di tale atto deve poi ritenersi tempestiva alla luce della discipli na emergenziale introdotta con l’art. 37 del D.l. n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, che dispone, al comma 2: ‘ I termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria di cui all’articolo 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995 n. 335, sono sospesi, per il periodo dal 23 febbraio 2020 al 30 giugno 2020 e riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo ‘. L’art. 11, D.l. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21, ha previsto una proroga di tale sospensione prevedendo, al comma 9, che : ‘ I termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza ed assistenza sociale obbligatoria di cui all’articolo 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 335, sono sospesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino al 30 giugno 2021 e riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo ‘.
Tale normativa emergenziale ha, dunque, introdotto una sospensione ex lege di 311 giorni del termine di prescrizione (129 giorni previsti dal DL 18/2020 a cui si aggiungono 182 gg del DL 183/2020) certamente applicabile al caso di specie. Da ciò si evince che, alla data di notificazione dell’intimazione di pagamento (1/06/2023), il termine prescrizionale (che decorre dal 24.8.2017) non era ancora utilmente decorso.
Parimenti infondati sono i lamentati vizi formali e di motivazione dell’atto impugnato. Il sollecito di pagamento n. NUMERO_CARTA (doc. 7) riporta l’estratto di ruolo della cartella n. 068 2017
P_IVA, e risulta del tutto conforme alle prescrizioni di legge; esso contiene, infatti, tutti quegli elementi previsti dalla normativa in forza dei quali all’opponente vengono forniti i dettagli necessari anche ai fini dello svolgimento delle proprie difese.
Il ricorso deve, dunque, essere integralmente respinto, con assorbimento delle ulteriori domande ed eccezioni. Nello specifico, l’esito del giudizio rende superflua la disamina della domanda riconvenzionale trasversale, proposta solo in via subordinata, da
La condanna al pagamento delle spese di lite segue la soccombenza e, pertanto, deve essere condannato al pagamento delle stesse liquidate come in dispositivo a favore di entrambe le resistenti in pari misura, con distrazione a favore del procuratore antistatario per la quota di , sulla base del DM 55/2014 tenuto conto del valore della controversia, della complessità degli accertamenti svolti, del comportamento processuale del ricorrente.
La sentenza è provvisoriamente esecutiva ex art. 431 c.p.c.
P.Q.M.
il Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando,
rigetta il ricorso;
2.
condanna alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 2.600,00 oltre I.V.A. e C.P.A, 15% spese generali in favore di ciascuna parte resistente con distrazione della quota di competenza di in favore del procuratore antistatario.
Sentenza provvisoriamente esecutiva.
Milano, 17.12.2025
IL GIUDICE DEL LAVORO AVV_NOTAIO