Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14982 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14982 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10537 R.G. anno 2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME COGNOME ldi;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi NOME COGNOME;
dall’avvocato
contro
ricorrenti
avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna pubblicata il 15 novembre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 aprile 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. ─ Il Tribunale di Bologna, in parziale accoglimento delle domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato la nullità del marchio di impresa «RAGIONE_SOCIALE», di cui era titolare la convenuta RAGIONE_SOCIALE, e che l’utilizzazione del detto segno ─ da solo o abbinato ad altri elementi, nei marchi di fatto e registrati, nelle insegne, nel domain name e in tutto il materiale usato nell’esercizio dell’attività di impresa ─ costituiva contraffazione dei marchi, registrati e di fatto, della denominazione sociale e dei domain name intestati e in uso alle società attrici, nonché attività di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c.; per l’effetto ha inibito agli evocati in giudizio la prosecuzione dell’uso dei detti segni, ha ordinato ai convenuti NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE il ritiro dal commercio e la distruzione di menù, volantini, stampati e materiale pubblicitario in contraffazione dei medesimi, ordinato la pubblicazione del dispositivo della sentenza sui siti web intestati e in uso ai convenuti e fissato una penale per ogni violazione delle prescrizioni contenute nella sentenza e per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione delle stesse.
2 . ─ La sentenza è stata oggetto dell’appello principale di COGNOME e DM e dell’appello incidentale delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE In The RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello di Bologna ha accolto l’appello principale e dichiarato la nullità della notifica della citazione di primo grado; ha dichiarato poi assorbito l’ appello incidentale. Ha osservato che dalla perizia di parte degli appellanti principali, le cui risultanze non erano state contestate, emergeva che il messaggio di posta elettronica relativo alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio risultava effettivamente pervenuto all’indirizzo PEC della società domiciliataria dei convenuti (Data RAGIONE_SOCIALE) ma era insuscettibile di essere letto per una anomalia propria dei «messaggi che vengono restituiti dal sistema quando o nella fase di partenza o nel transito o nell’arrivo del
messaggio si corrompe la congruità dei dati». Il Giudice distrettuale ha ritenuto che nella fattispecie non fosse operante l’onere del destinatario della notifica di avvisare il mittente dei problemi di cognizione del contenuto del messaggio recapitato; ha spiegato che una collaborazione tra mittente e destinatario non può essere richiesta «a soggetto ignaro ed estraneo alle dinamiche processuali» al quale «non si impongono, come notano gli appellanti, specifici obblighi di diligenza e buona fede, e in presenza nel caso concreto di messaggio avente generico oggetto ‘ posta certificata: notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994’ senza nessun contenuto testuale che non fosse l’indicazione del predetto oggetto degli indirizzi PEC di mittente e destinatario, con allegati non leggibili»: evenienza, quest ‘ultima , che poteva in effetti indurre persone non esperte a ipotizzare un attacco informatico. La Corte di merito ha aggiunto che, del resto, l’art. 149 -bis c.p.c. «indica la disponibilità del ‘ documento informatico ‘ , costituito dal messaggio e dai suoi allegati, questi però in effetti non leggibili e quindi non ‘ disponibili ‘ per vizi nella trasmissione».
3. – Avverso la pronuncia indicata RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno proposto un ricorso per cassazione basato su tre motivi; RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE resistono con controricorso. Le ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Col primo motivo di ricorso si denuncia l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ci si duole della mancata considerazione dell’effettivo contenuto testuale della PEC di notifica e, in particolare, del dato costituito dall’indirizzo del mittente in cui compariva la dizione «pecavvocati», la quale lasciava comprendere la natura legale, se non giudiziale, degli allegati oggetto di trasmissione.
Col secondo motivo viene opposta la violazione o falsa applicazione dell’art. 1176 c.c.. Si deduce che in base a quest’ultima
norma non sarebbe legittimamente ipotizzabile l’ inesigibilità, da soggetto che eserciti l’attività professionale e che sia domiciliatario, di un obbligo di diligenza in ordine alle comunicazioni alle notificazioni che giungono al suo indirizzo.
Il terzo mezzo prospetta la nullità della sentenza. Rilevano i ricorrenti che, in base alla decisione impugnata, ai domiciliatari di una registrazione di marchio, soggetti estranei alle dinamiche processuali, non sarebbero ascrivibili obblighi di diligenza e di buona fede in ordine alle notifiche di atti giudiziali; si osserva che tale assunto risulterebbe essere arbitrario e privo di motivazione.
2. I tre motivi di ricorso sono inammissibili.
Occorre muovere da un rilevo, espresso nella sentenza impugnata, che le ricorrenti paiono svalutare nella sua reale portata.
Come accennato, la Corte di merito ha richiamato l’art. 149 -bis c.p.c. a proposito della disponibilità del documento informatico.
In base al secondo comma del cit. art. 149bis c.p.c. l’ufficiale giudiziario che procede alla notifica a mezzo posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, « trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni ». Poiché la norma esige che la notifica si attui attraverso la trasmissione informatica del messaggio, è evidentemente escluso che essa possa dirsi validamente perfezionata quando il messaggio, pur essendo pervenuto all’indirizzo del destinatario, non sia leggibile, dal momento che l’attività di trasmissione implica, con evidenza, che il contenuto dell’atto sia portato a conoscenza del notificando. Questa Corte ha del resto chiarito che qualsiasi anomalia che renda illeggibili gli allegati alla PEC (atti notificati e relata di notifica) comporta alternativamente la nullità o l’inesistenza, della notificazione (Cass. 30 ottobre 2023, n. 30082: in realtà, nella presente sede non si dibatte di una possibile inesistenza della
notificazione).
Ora, la Corte di appello ha accertato che il messaggio di posta elettronica che viene in discorso non era suscettibile di essere aperto (e, conseguentemente, di essere letto) e il punto non è stato investito da impugnazione: alla luce di quanto sopra rilevato la sentenza impugnata merita dunque conferma.
Tale esito non può essere messo in discussione d all’assenza di una comunicazione che rendesse noto al mittente che il destinatario del messaggio si era trovato nell’impossibilità di prenderne conoscenza.
La valorizzazione di tale dato si rinviene, in realtà, nella parte motiva di diverse pronunce di questa Corte, a partire da Cass. 31 ottobre 2017, n. 25819: pronunce in cui si osserva che spetta al destinatario, in un’ottica collaborativa, rendere edotto l’incolpevole mittente delle difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione legate all’utilizzo dello strumento telematico (così, con riferimento alle notifiche che interessano il procedimento di cognizione, oltre alla decisione sopra citata: Cass. 28 maggio 2021, n. 15001; Cass. 30 settembre 2020, n. 20884; Cass. 24 settembre 2020, n. 20039; Cass. 21 febbraio 2020, n. 4624; Cass. 21 agosto 2019, n. 21560).
L’assenza di una comunicazione nel senso indicato non può però di certo avere l’effetto di riabilitare la notifica zione nulla. Non è difatti sostenibile che grazie al l’inerzia del notificando la notificazione abbia raggiunto il suo scopo ex art. 156, comma 3, c.p.c; né potrebbe assumersi che il notificando stesso, con la propria condotta omissiva, che è successiva al prodursi della nullità, vi abbia dato causa, a norma del l’art. 157, comma 3, c.p.c. .
La mancata rappresentazione, da parte del destinatario della notificazione, dell’illeggibilità dell’atto notificato rileva, semmai, in altro senso. Deve credersi, infatti, che nel silenzio del notificando, il notificante incolpevolmente ignori che la notificazione si sia invalidamente perfezionata: salvo, ovviamente, che l’ esito negativo del
procedimento notificatorio non dovesse essergli noto per altre circostanze. La condotta del destinatario della notificazione può cioè escludere l’imputabilità della condotta del notificante per la mancata ripresa del procedimento notificatorio in tempo utile, allorquando l’atto debba compiersi entro un termine perentorio. La prospettiva in cui si inquadra la rilevanza di tale condotta è, insomma, quella segnata dal principio per cui in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (Cass. Sez. U. 15 luglio 2016, n. 14594; Cass. 21 agosto 2020, n. 17577; Cass. 9 agosto 2018, n. 20700).
I tre motivi di ricorso si rivelano, in conclusione, carenti di decisività.
Va aggiunto che il primo mezzo risulta inammissibile anche in quanto in tema di ricorso per cassazione, l’omesso esame di fatti rilevanti ai fini dell’applicazione delle norme regolatrici del processo non è riconducibile al vizio ex art. 360, n. 5, c.p.c. quanto, piuttosto, a quello ex art. 360, n. 4, c.p.c., ovvero a quelli di cui ai precedenti nn. 1 e 2, ove si tratti ─ in quest’ultimo caso ─ di fatti concernenti l’applicazione delle disposizioni in tema di giurisdizione o competenza (Cass. 8 marzo 2017, n. 5785). Con riguardo al terzo motivo va infine osservato che in tema di errores in procedendo , non è consentito alla parte interessata di formulare, in sede di legittimità, la censura di omessa motivazione (per tutte: Cass. n. 10 novembre 2015, n. 22952).
3 . -Il ricorso è dichiarato inammissibile.
4 . -Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento , da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione