Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5181 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5181 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 1473/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE p.i. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso di lui, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
FALLIMENTO n. 245/2018 di RAGIONE_SOCIALE c.f. NUMERO_DOCUMENTO, dichiarato dal Tribunale di Roma, in persona del curatore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma presso di lui, nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso la sentenza n.3530/2019 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 22-5-2019,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18-22025 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO:
tardività dell’appello
RG. 1473/2020
C.C. 18-2-2025
FATTI DI CAUSA
1.Il Tribunale di Roma con sentenza n. 14206/2014 depositata il 30-62014 ha rigettato l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE al decreto ingiuntivo con il quale la società era stata condannata al pagamento di Euro 90.000,00 a favore di RAGIONE_SOCIALE a titolo di corrispettivo di lavori di impiantistica.
Con atto di citazione notificato il 6-2-2015 RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso la sentenza. Con comparsa di costituzione depositata il 26-5-2015 si è costituita RAGIONE_SOCIALE eccependo la tardività dell’appello in quanto notificato dopo il decorso del termine breve, a fronte di notifica della sentenza di primo grado in data I-72014, avvenuta a mezzo p.e.c. e documentata con copia analogica.
All’udienza di prima comparizione del 27 -5-2015 la Corte ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni al 14-12-2016 e a tale udienza ha nuovamente rinviato la causa al 25-9-2019 per la precisazione delle conclusioni. In data 9-4-2018 il difensore d ell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha comunicato il fallimento della società al fine della dichiarazione di interruzione e all’udienza del 13 -6-2018, anticipata d’ufficio , è stata dichiarata l’interruzione del processo. L’appellante RAGIONE_SOCIALE ha r iassunto il giudizio nei confronti del Fallimento, notificando l’atto di riassunzione unitamente al decreto che ha fissato l’udienza del 27 -2-2019 per la prosecuzione del giudizio, la precisazione delle conclusioni e la contestuale discussione orale ex art. 281-sexies cod. proc. civ. Costituitasi la curatela fallimentare, la società appellante ha depositato istanza di concessione dei termini ex art. 190 cod. proc. civ., che è stata rigettata con decreto che ha disposto il rinvio dell’udienza già fissata al 24-42019, poi differita d’ufficio al 20 -2-2020 e nuovamente anticipata al 22-5-2019.
All’udienza del 22 -52019 la Corte d’appello di Roma ha deciso con sentenza ex art. 281-sexies cod. proc. civ. pubblicata nella stessa data.
La sentenza ha dichiarato ina mmissibile l’appello , in quanto tardivamente proposto dopo il decorso del termine di sessanta giorni decorrente dalla notifica della sentenza di primo grado impugnata. Ha rilevato che l’avvenuta notificazione della sentenza in data I-7-2014 all’indirizzo di posta elettronica dell’avv. NOME COGNOME risultava dalle copie analogiche delle ricevute di avvenuta accettazione e consegna, che costituivano documenti idonei a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico era pervenuto nella casella di posta elettrica del destinatario.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il curatore del fallimento di RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 18-2-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la ricorrente RAGIONE_SOCIALE deduce ‘ violazione e/o errata applicazione degli artt. 190, 281 sexies e 352 c.p.c. in relazione agli artt. 101 c.p.c., 3 e 111 co.2 Cost., con riferimento all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c. nullità del procedimento per erroneità del modello deliberativo prescelto dalla Corte d ‘Appello, cui è conseguita la violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa della parte appellante e l’erroneità e ingiustizia della decisione’. Lamenta c he la Corte d’appello abbia imposto il modello deliberativo di cui all’art. 281 -sexies cod. proc. civ.
nonostante l’appellante avesse chiesto di articolare in forma scritta le proprie argomentazioni; ciò, sia per l’intrinseca labilità della discussione orale, sia per il fatto che la verbalizzazione viene eseguita dal cancelliere che, interpretando e sintetizzando i concetti espressi dal difensore, li interpreta soggettivamente, sia per la maggiore efficacia dello scritto, che può essere anche riletto. Deduce che le memorie conclusionali avrebbero consentito ad RAGIONE_SOCIALE di evidenziare con maggiore efficacia i vizi della presunta notificazione e rileva che, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte d’appello, nel caso in cui almeno una parte ne faccia richiesta, la discussione orale deve essere preceduta dallo scambio di memorie scritte.
1.1.Il motivo è infondato.
La possibile adozione in appello del rito di cui all’art. 281 -sexies cod. proc. civ. è stata prevista dall’ultimo comma dell’art. 352 cod. proc. civ. aggiunto dall’art. 27 co. 1 lett. d) legge 12 -11-2011 n. 183 con decorrenza 1-2-2012, con scelta che ha dimostrato il favor del legislatore per la massima estensione di tale modello deliberativo (Cass. Sez. 6-1- 27-9-2013 n. 22190 Rv. 628122-01); in difetto di ulteriori specificazioni da parte della disposizione novellatrice, la stessa ha trovato applicazione a tutti i giudizi di appello pendenti a quella data (Cass. Sez. 3 7-10-2015 n. 20124 Rv. 637481-01) e fino alla sostituzione dell’art. 352 cod. proc. civ. disposta dal d.lgs. 10 -10-2022 n. 149, da applicare agli appelli proposti successivamente al 28-22023.
Dal momento e per il periodo in cui il legislatore ha previsto la possibile adozione del modello deliberativo di cui all’art. 281 -sexies cod. proc. civ. anche nel giudizio di appello, si deve applicare l ‘art. 281 -sexies cod. proc. civ. al giudizio di appello nella parte in cui prevede che il giudice può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza in cui ha fatto precisare le conclusioni o, su istanza di parte, in
udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione. Come rilevato da Cass. Sez. 3 10-6-2020 n. 11116 (Rv. 658146-02), si riserva a ciascuna delle parti il diritto a conseguire un rinvio a una udienza successiva, ma pur sempre a condizione che il giudice prima abbia ordinato la discussione orale, perché si determina solo in tale momento l’avvio del relativo subprocedimento e si attivano i corrispondenti poteri delle parti; quindi l ‘art. 281 -sexies cod. proc. civ. impone al giudice, quando una delle parti lo richieda, di fissare udienza successiva per la discussione orale e di pronunciare la sentenza al termine della discussione (Cass. Sez. 3 10-11-2015 n. 22871 Rv. 637862-01, in motivazione, pag. 26). Invece, si esclude che le parti abbiano il diritto di ottenere termine per il deposito di scritti difensivi, perché tale diritto non è ricavabile dal disposto dell’art. 352 penult. co. cod. proc. civ. previgente al d.lgs. 149/2022, il quale disponeva: ‘se l’appello è proposto al tribunale, il giudice, quando una delle parti lo richiede, dispone lo scambio delle sole comparse conclusionali a norma dell’articolo 190 e fissa l’udienza di discussione non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse medesime’: la disposizione letteralmente riguarda l’appello proposto al Tribunale e disciplina lo specifico caso che per l’appello proposto alla corte d’appello era regolamentato dall’art. 352 co. 2 cod. proc. civ. previgente al d.lgs. 149/2022- nel quale le parti nel precisare le conclusioni abbiano chiesto la discussione orale della causa. Come evidenziato da Cass. Sez. 2 9-7-2018 n. 18025 (Rv. 649589-01), lo schema procedimentale che consente la decisione della controversia ai sensi dell’ art. 281-sexies cod. proc. civ., anche in appello ex lege 183/2011, non contempla come obbligatorio il preventivo scambio di scritti conclusionali, che è invece consentito nell’ambito del potere di direzione del procedimento ai sensi dell’art. 175 cod. proc. civ., applicabile anche in appello ex art. 359 cod. proc. civ.; quindi, la
mancata concessione di tali termini non può essere denunciata né come violazione dell’art. 190 cod. proc. civ., non riferito allo schema procedimentale in questione, né come violazione dell’art. 352 cod. proc. civ., che nella formulazione ratione temporis applicabile già prevedeva la possibilità della decisione in appello ai sensi dell’ art. 281sexies cod. proc. civ., né come violazione del principio costituzionale del contraddittorio, evidentemente non ravvisabile nello schema dell’art. 281 -sexies cod. proc. civ. in quanto tale. A ben vedere, non pone principi di segno diverso neppure Cass. Sez. 6-3 31-10-2016 n. 22120 (Rv. 642992-01) che, al di là della sintetica massima, in motivazione (pag.7) conferma che disporre la discussione orale è potere il cui esercizio è riservato d’ufficio al giudice ; nel l’aggiungere che la discussione orale può essere inibita qualora una delle parti abbia richiesto lo scambio delle comparse conclusionali, richiama Cass. 23202/2011, che riguarda i giudizi di appello davanti al Tribunale e non afferma che il principio valga anche per i giudizi di appello avanti la Corte d’appello proposti nel regime ex lege 183/2011.
Del resto, la dedotta nullità della sentenza impugnata sarebbe stata comunque sanata ai sensi dell’art. 157 co.2 cod. proc. civ., perché all’udienza fissata per la discussione orale la parte interessata non ha eccepito la nullità dell’invito alla discussione orale e non ha neppure ulteriormente chiesto la concessione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica (Cass. Sez. 3 5-9-2022 n. 26106 Rv. 665648-01).
2.Con secondo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 352 e 326 c.p.c. in relazione agli artt. 148, 170, 285 c.p.c., nonché art. 9 comma 1 bis e art. 11 L.n. 53/1994 e con riferimento all’art. 360 c.p.c. n. 3 -error in iudicando- inammissibilità della prova cartacea di presunta avvenuta notifica della sentenza appellata per via telematica, inesistenza e/o nullità del procedimento
notificatorio ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, predisposta senza relazione di notificazione né attestazione di conformità dell’atto notificato e conseguente omessa pronuncia nel merito ed erroneità della decisione’ ; lamenta che il suo appello sia stato dichiarato tardivo in quanto notificato dopo il decorso del termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado, senza considerare i vizi della produzione avversaria finalizzata a dimostrare la notifica della sentenza. Sostiene di avere potuto contraddire sulla questione solo all’udienza di discussione del 22 -52019, in quanto la parte appellata si era costituita tardivamente, ed evidenzia di avere contestato in quell’udienza la ricezione della pec di presunta notifica e di avere disconosciuto la conformità agli originali delle copie prodotte, nonché di avere disconosciuto la conformità della sentenza prodotta in forma cartacea rispetto a quella asseritamente allegata alla presunta p.e.c. di notificazione. Sostiene che la presunta notificazione della sentenza di primo grado sia inesistente, a causa della mancata predisposizione della relazione di notificazione e dell’attestazione di conformità dei documenti telematici allegati agli originali; rileva che non ricorrono neppure le condizioni per ricondurre i vizi a mere irregolarità sanabili per avere l’atto raggiunto il suo scopo, perché il raggiungimento dello scopo non può ritenersi raggiunto a causa della contestazione da parte del destinatario dell’avvenuta ricezione della notificazione. Aggiunge che la sentenza impugnata non ha neppure considerato che gli atti processuali formati e trasmessi con modalità informatiche possono essere prodotti solo in formato EML o MSG e quindi la mera stampa cartacea dei presunti messaggi di accettazione e consegna della pec non poteva essere considerata prova dell’avvenuta notifica, essendo impedita qualsiasi verifica sulla loro autenticità.
3.Con il terzo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione art. 9 commi 1bis e 1ter L. 53/1994 introdotto dall’art. 46 D.L. n. 90/2014 convertito con modificazioni dalla L. 114/2014, in relazione agli artt. 2967 c.c. con riferimento agli artt. 170, 285, 325 e 326 c.p.c. -art. 360 c.p.c. n. 3- inidoneità del deposito della stampa cartacea delle comunicazioni pec di avvenuta accettazione e consegna, nonché della copia della sentenza asseritamente notificata, prive dell’attestazione di conformità ai relativi originali informatici a dimo strare l’avvenuta notificazione della sentenza ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione’; sostiene che l’espresso disconoscimento eseguito dall’appellante all’udienza del 22 -5-2019 della conformità delle copie cartacee prodotte agli originali abbia comportato l’inutilizzabilità di tali documenti ai fini della decisione.
4.Il secondo e il terzo motivo, esaminati unitariamente stante la stretta connessione, sono infondati.
In primo luogo, non ha fondamento la doglianza in ordine al mancato deposito in formato ‘e.ml’ o ‘msg’ delle ricevute relative alla notificazione telematica della sentenza di primo grado. E’ già stato posto il principio secondo il quale, con riguardo alla decorrenza del termine breve per l’impugnazione, ai fini della prova dell’avvenuta notifica della sentenza in modalità telematica non occorre il deposito dei relativi file in formato ‘e.ml’ o ‘msg’, in quanto la relata di notifica ai fini di cui all’art. 3 25 cod. proc. civ. è atto esterno al giudizio che, come qualsiasi atto digitale, può essere stampato o salvato e attestato conforme all ‘originale dal difensore (Cass. Sez. 3 4 -9-2023 n. 25686 Rv. 668884-02). Per di più, nella fattispecie la società appellata si è costituita con deposito cartaceo della comparsa di costituzione e dei documenti in data 26-5-2015 e perciò prima del 30-6-2015, data dalla quale nei giudizi avanti alla Corte d’appello è stato previsto il deposito
esclusivamente in forma telematica, ai sensi dell’art. 16 -bis co-9 ter decreto legge 18-10-2012 n. 179 conv. con mod. dalla legge 17-122012 n. 221 ratione temporis vigente. Quindi, si applica alla fattispecie anche l’art. 9 co. 1 -bis e 1-ter legge 21 gennaio 1994 n. 53, all’epoca vigente, secondo cui: ‘ 1-bis.Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’art. 3 -bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’art. 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82. 1ter. In tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis ‘. L’art. 23 co.1 d.lgs. 82/2005 -cd. C.A.D.- richiede che le copie su supporto analogico di documento informatico, al fine di avere l’ efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte, siano attestati conformi all’originale da pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Però Cass. Sez. U 24-9-2018 n. 22438 (Rv. 650462-02), pronunciando con riferimento al caso di ricorso per cassazione predisposto in originale digitale e notificato in via telematica e svolgendo deduzioni ugualmente applicabili alla fattispecie, ha evidenziato (da pag. 18, par. 24 e 25) come possa essere applicato anche l’art. 23 co. 2 d.lgs. 82/2005 come modificato dal d.lgs. 235/2010, secondo cui le copie su supporto analogico del documento informatico hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta; ciò, in ragione del disposto di cui all’art. 2 co.6 d.lgs. 82/2005, in quanto l’art. 23 co. 2 opera quale disposizione di chiusura sul presupposto dell’impossibilità per il giudicante di effettuare la verifica diretta sull’originale nativo digitale e della possibilità per la parte destinataria dell’atto nativo digitale di poterne operare o meno il
disconoscimento rispetto alla copia analogica che non sia stata autenticata dal difensore autore dell’atto notificato, in quanto in possesso proprio del suo originale. Quindi Cass. Sez. U. 22438/2018 ha evidenziato che l’art. 23 co. 2 C.A.D. può trovare applicazione ai fini della prova della tempestività della notificazione, in riferimento al mancato disconoscimento ad opera della controparte dei messaggi p.e.c. depositati in copia analogica non autenticata, così come, del resto, la Cassazione ha affermato in più occasioni (Cass. Sez. 6-3 8-92017 n. 21003 Rv. 645840-01, Cass. Sez. 5 27-7-2012 n. 13439 Rv. 623498-01) in riferiment o alla produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell’atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 cod. proc. civ., in applicazione dell’art. 2719 cod. civ. (cfr., nel solco di Cass. Sez. U 22438/2018, Cass. Sez. U 25-3-2019 n. 8312 Rv. 653597-01-02-03, con riguardo al deposito di copia analogica della decisione impugnata redatta in formato elettronico e priva di attestazione di conformità). Ne consegue anche che si applicano, pure al disconoscimento ex art. 23 co. 2 C.A.D. della conformità all’originale informatico della copia analogica, i principi sul disconoscimento ex art. 2719 cod. civ., che deve essere non solo chiaro, circostanziato ed esplicito (Cass. Sez. 3 28-8-2024 n. 23213 Rv. 672060-01 per il disconoscimento ex art. 23 C.A.D.), ma anche eseguito nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione (cfr. Cass. Sez. 2 24-2-2023 n. 5755 Rv. 667153-01, Cass. Sez. 2 16-1-2018 n. 882 Rv. 646669-01, Cass. Sez. 6-1 13-6-2014 n. 13425 Rv. 63138801, per il disconoscimento ex artt. 2719 e 2712 cod. civ.).
Nella fattispecie, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, seppure la costituzione dell’appellata era avvenuta tardivamente, il 26 -5-2015 a fronte di udienza fissata il 27-52015, già in quell’udienza il procuratore dell’appellante avrebbe dovuto disconoscere la co nformità
all’originale de l messaggio e delle ricevute di accettazione e consegna della notifica a mezzo p.e.c., prodotte in forma cartacea unitamente alla comparsa di costituzione al fine di dimostrare la notificazione della sentenza impugnata ed eccepire la tardività dell’appell o. Quindi, poiché l’interessato in quell’udienza non ha disconosciuto alcunché -avendo eseguito il disconoscimento solo dopo che si è costituito il Fallimento con difensore diverso da quello che aveva eseguito la notifica- per le ragioni esposte si deve concludere che le copie hanno acquisito la stessa efficacia probatoria degli originali dai quali sono state tratte.
Non può essere recepita neppure la tesi della ricorrente secondo la quale la notifica a mezzo p.e.c. fosse affetta da vizi tali da determinarne l’inesistenza o la nullità, perché i rilievi della ricorrente individuano esclusivamente irregolarità della notificazione, in quanto tali inidonee a incidere sul dato, attestato dalle ricevute di accettazione e consegna, che la notifica è andata a buon fine.
Specificamente, il messaggio p.e.c. indica nell’oggetto la sentenza del Tribunale di Roma, con i riferimenti di numero, cronologico, repertorio e parti in causa idonei a identificarla, ha quale allegato la sentenza medesima in formato ‘ pdf.p7m ‘ e nel testo del messaggio ha la relata di notificazione, eseguita dall’avv. NOME COGNOME il quale dichiara ‘ai sensi della Legge 53/1994 e successive modifiche’ di notificare la sentenza allegata e di seguito attesta anche ‘ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli art. 3-bis comma 2 e 6 comma 1 Legge 53/94 e dell’art. 22 comma 2 del D.L.vo 7 marzo 20 05 n. 82 e successive modifiche ed integrazioni e da ultimo il D.L. 90/2014 in vigore dal 25-6-2014 che la sentenza notificata è copia conforme all’originale estratta e firmata digitalmente’. In questo modo, seppure la relata di notificazione non è stata notificata separatamente, la relata di notifica esiste e, in quanto contenuta nel corpo della p.e.c., è giunta alla conoscenza del destinatario ; seppure nell’oggetto della p .e.c. non
era stato indicato che si trattava di notifica ex lege 53/1994, ciò era indicato nel corpo della pec, a fronte del dato che l’oggetto della p .e.c., in quanto contenente il preciso riferimento alla sentenza indicata anche quale allegato, era tale da fare intendere che l’avvocato mittente intendesse notificare la sentenza che inviava. Si richiama, per tutte, Cass. Sez. U 28-9-2018 n. 2360 (Rv. 650466-02), che ha rigettato l ‘eccezione di nullità della notificazione della sentenza, tale da impedire la decorrenz a del termine breve per impugnare, in ragione dell’omessa dizione nell’oggetto ‘notificazione ai sensi della legge 53/1994’, in quanto si tratta di irregolarità che non incide sul raggiungimento dello scopo della notificazione. Per il resto, nella fattispecie sussiste l’attestazione di conformità della sentenza notificata all’originale e comunque è già stato enunciato il principio secondo il quale ogni relativa irregolarità potrebbe rilevare soltanto in quanto avesse menomato il diritto di difesa -per incompletezza della copia o per materiale non conformità al suo originale-, che sarebbe stato onere della parte destinataria della notificazione dedurre in modo specifico (Cass. Sez.3 8-11-2019 n. 28818, non massimata, pagg.5-6, Cass. Sez. L 16-8-2018 n. 20747 Rv. 650245-02-03).
5.In conclusione, il ricorso è integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore della curatela fallimentare controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege. Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione