Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14671 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14671 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18025-2019 proposto da:
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
I.N.P.G.I. -ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA DEI GIORNALISTI ITALIANI “NOME COGNOME“, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4768/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/12/2018 R.G.N. 1248/2016;
Oggetto
Contributi giornalisti
R.G.N.18025/2019
COGNOME
Rep.
Ud.11/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata l’11.12.2018, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato improcedibile l’appello proposto dal Comune di Arezzo avverso la pronuncia con cui il Tribunale di Roma aveva rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo relativo a contributi dovuti all’INPGI e omessi in danno di un collaboratore adibito a mansioni di addetto stampa;
che avverso tale pronuncia il Comune di Arezzo ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che l’INPGI ha resistito con controricorso, parimenti poi illustrato con memoria;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale dell’11.3.2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012 (conv. con l. n. 221/2012), 47 c.p.c., 82, r.d. n. 37/1934, 136 e 366 c.p.c., per avere la Corte di merito pronunciato l’i mprocedibilità del gravame per omessa notifica dell’appello e del pedissequo decreto di comparizione, nonostante che il decreto di fissazione dell’udienza non fosse stato comunicato all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato quale domicilio eletto (EMAIL, ma soltanto agli indirizzi di posta elettronica certificata degli avvocati difensori; che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 156, 436 e 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale pronunciato l’improcedibilità nonostante che,
costituendosi nel giudizio d’appello, l’INPGI avesse svolto ampie difese di merito, così determinando la sanatoria dell’ipotetico vizio di omessa notifica dell’appello;
che, in punto di fatto, va premesso che i giudici territoriali hanno dato atto che, all’udienza del 10.4.2017, fissata per la trattazione del gravame, l’odierno ricorrente, stante la mancata costituzione in giudizio dell’INPGI, ebbe a chiedere un rinvio pe r il deposito del ricorso notificato e che, fissata all’uopo l’udienza del 10.7.2017, provvide a depositare in giudizio copia del ricorso in appello notificato (soltanto) in data 3.5.2017, unitamente al decreto di fissazione della prima comparizione e del verbale dell’udienza di rinvio;
che, ciò acclarato, i giudici territoriali hanno richiamato il principio di diritto di Cass. S.U. n. 20604 del 2008, circa l’improcedibilità del gravame in caso di omessa notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza e la sua insuscettibilità di sanatoria;
che, tanto premesso, la prima censura è infondata, dovendo darsi continuità al principio di diritto secondo cui è valida e validamente effettuata la notifica eseguita all’indirizzo PEC del difensore nominato dalla parte, non rilevando in contrario che nell ‘atto di costituzione siano stati individuati uno specifico domicilio fisico e/o un domiciliatario esclusivo differente dal destinatario della notifica (Cass. n. 21579 del 2024);
che inconferente appare in contrario il richiamo di parte ricorrente a Cass. n. 2942 del 2019, secondo cui occorrerebbe piuttosto dar rilievo alla scelta della parte di eleggere specificamente domicilio presso un dato indirizzo di posta elettronica certificata, in quanto, in disparte ogni considerazione sulla plausibilità di tale assunto (ciò di cui meditatamente dubita Cass. n. 1311 del 2023), occorrerebbe comunque che la scelta
effettuata all’uopo abbia carattere di esclusività, ciò che non ha nemmeno formato oggetto di allegazione ex parte actoris ed è anzi smentito per tabulas dalla sentenza impugnata, dove si legge che ‘nel ricorso in appello non è stato indicato solo l’indirizzo PEC elettivo, ma sono stati indicati anche quelli dei difensori’ (così pag. 5 della sentenza impugnata);
che del pari infondato è il secondo motivo, essendo consolidato l’orientamento secondo cui il principio di non rilevabilità della nullità di un atto per mancato raggiungimento dello scopo, sancito dall’art. 156 c.p.c., si riferisce esclusivamente all’inoss ervanza di forme in senso stretto e non anche al mancato rispetto di termini perentori, per i quali vigano apposite e separate norme (così, tra le più recenti, Cass. nn. 25453 del 2017 e 34916 del 2021);
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 5.200,00, di cui € 5.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11.3.2025.