Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27019 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27019 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/10/2024
R.G.N. 31770NUMERO_DOCUMENTO
P.U. 12/09/2024
SANZIONI AMMINISTRATIVE
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato materialmente allegato al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e con indicazione del domicilio digitale all’indirizzo PEC: EMAIL;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato materialmente allegato al controricorso, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, alla INDICOGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi n. 881/2020 (pubblicata il 14 luglio 2020);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 settembre 2024 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME;
udito il P.M., in persona del AVV_NOTAIO PAVV_NOTAIO NOME COGNOME, il quale ha concluso per il rigetto del primo motivo e l’inammissibilità del secondo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di appello ritualmente notificato il 10 gennaio 2018 e depositato il 17 gennaio 2018 il Comune di Ceglie Messapica impugnava la sentenza n. 1894/2017 del Giudice di pace di Brindisi, con la quale era stata accolta l’opposizione proposta da COGNOME NOME avverso il verbale di accertamento n. VNUMERO_DOCUMENTO/2016, elevato dalla Polizia municipale di detto Comune e ricevuto dal citato ritenuto trasgressore il 17 gennaio 2017.
Il Tribunale di Brindisi, con sentenza n. 881/2020 (pubblicata il 14 luglio 2020), accoglieva il gravame e, per l’effetto, confermava la legittimità del suddetto verbale opposto sul presupposto che quest’ultimo si sarebbe dovuto intendere tempestivamente notificato nel termine previsto dall’art. 201 c.d.s., essendo stato entro tale termine consegnato al messo comunale competente per territorio, rimanendo del tutto irrilevante il momento dell’effettiva ricezione dello stesso da parte del destinatario (anche se il COGNOME era risultato irreperibile con relativa restituzione dell’inerente plico).
Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, l’appellato COGNOME NOME.
Ha resistito con controricorso l’intimato Comune di Ceglie Messapica.
Fissata la trattazione del ricorso dinanzi alla VI Sezione civile, il designato collegio rilevava, con ordinanza n. 1304/2022, la sussistenza delle condizioni per la rimessione della decisione alla pubblica udienza, in prossimità della quale il PG e il difensore di parte ricorrente hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. -la nullità del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del d. lgs. n. 150/2011 e dell’art. 416
c.p.c., per aver il giudice di appello illegittimamente ravvisato l’utilizzabilità, ai fini della decisione, del documento prodotto dal Comune opposto solo all’udienza del 18 luglio 2017 relativo alla prova della spedizione del plico, con la richiesta di notifica al Comune di Cavallino, non avendo il citato Comune per l’appunto prodotto nel rispetto del citato termine di cui all’art. 7 del d. lgs. n. 150/2011 la copia della lettera raccomandata, quella della ricevuta di spedizione e, infine, la copia dell’avviso di ricevimento.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce -con riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e la violazione e falsa applicazione degli artt. 14 della legge n. 689/1981 e 4 d. lgs. n. 261/1999, per non aver il Tribunale brindisino considerato che la richiesta di notifica al Comune di Cavallino, competente per territorio, per il tramite del relativo messo comunale, era stata spedita con servizio postale privato (NEXIVE), il quale non avrebbe potuto assicurare la certezza della relativa data, con la conseguenza che non poteva ritenersi acquista la prova legale che il procedimento notificatorio del verbale di accertamento si era concluso nel prescritto termine di novanta giorni.
Rileva il collegio che il primo motivo è infondato alla stregua della univoca giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 5828/2015; Cass. n. 16853/2016; Cass. n. 9545/2018 e Cass. n. 14266/2021), che qualifica -in difetto di espressa previsione contraria – il termine di cui all’art. 7, comma 7, del d. lgs. n. 150/2011 (la cui disciplina si riferisce specificamente al giudizio in tema di opposizione avverso il verbale di accertamento di violazione al c.d.s.) come ordinatorio.
Da ciò consegue che, in mancanza dell’integrale produzione nell’indicato termine di dieci giorni degli atti relativi alla contestazione e alla notificazione dell’accertamento, è legittima la sua successiva allegazione nell’ulteriore corso del giudizio anche su sollecitazione del giudice nell’esercizio del suo potere istruttorio d’ufficio.
Pertanto, nel caso di specie, la contestata ricevuta di spedizione prodotta nel giudizio di primo grado solo all’udienza del 18 luglio
2017 (e non nel termine di cui al citato art. 7, comma 7, del d. lgs. n. 159/2011) deve considerarsi legittimamente acquisita in giudizio e, quindi, correttamente valutata dal giudice di appello ai fini della decisione della causa.
Il secondo motivo è inammissibile per novità della questione e, in ogni caso, si profila privo di fondamento.
Invero, la doglianza difetta della necessaria specificità dal momento che nel ricorso non è riportato quando, dove e come la relativa questione fosse stata dedotta in primo grado e come fosse stata riproposta in sede di appello (quantomeno ai sensi dell’art. 346 c.p.c.), non rientrando certamente tra quelle esaminabili d’ufficio.
Non può, pertanto, avere alcuna rilevanza la precisazione compiuta solo nella memoria difensiva già depositata dal ricorrente in applicazione dell’art. 380 -bis .1. c.p.c. (v. pag. 4), in base alla quale ‘la detta argomentazione giuridica’ era stata prospettata nelle note scritte per l’udienza (di trattazione scritta) del 14 luglio 2020 dinanzi al Tribunale (quindi, avanti al giudice di appello per la prima volta), rimanendo del tutto ininfluente il riferimento alla legislazione emergenziale da covid19, poiché la questione avrebbe dovuto -per essere ammissibile -essere dedotta tempestivamente con l’atto di costituzione in appello (il cui giudizio era stato già precedentemente instaurato nel gennaio 2018), in applicazione dell’art. 436 c.p.c. (per effetto di quanto contemplato dall’art. 2, comma 1, del d. lgs. n. 150/2011).
In ogni caso, con la sentenza impugnata -senza, perciò, che il Tribunale sia incorso nella denunciata violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – è stato accertato (con apprezzamento insindacabile nella presente sede) come il Comune controricorrente avesse riscontrato la regolarità della compiuta notifica del verbale di accertamento, pur essendosi avvalso del richiamato servizio postale privato per la sola attività materiale di spedizione dell’atto da notificare, come tale non incidente sulla legittimità del procedimento notificatorio e sulla notificazione stessa dell’atto amministrativo (cfr. Cass. n. 20440/2006 e Cass. n. 26431/2013), avvenuta nel prescritto termine di cui all’art. 201 c.d.s. (ovviamente dovendosi
tener conto -a tal fine – della data di spedizione del plico postale, trovando applicazione anche per gli atti amministrativi il principio di scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario: v., per tutte, proprio con riferimento al verbale di contestazione di violazione del c.d.s., Cass. n. 20515/2020 ).
5. In definitiva, il ricorso va integralmente respinto, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 630,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre a rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%, iva e c.p.a., nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile