Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30826 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30826 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/11/2025
NOME;
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 182/2025 R.G. proposto da:
NOME, NOME COGNOME, NOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, quest’ultima sia in proprio sia in qualità di procuratore generale dei figli NOME e NOME COGNOME, tutti rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME NOME ;
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOME, rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME, unitamente all’avvocato COGNOME NOME;
– controricorrente –
nonchè contro
– intimata –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI REGGIO CALABRIA n. 334/2024, depositata il 20/05/2024; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/10/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Gli odierni ricorrenti evocavano in giudizio NOME COGNOME esponendo di essere nel possesso pieno, pubblico, pacifico e ininterrotto da oltre venti anni, assistito da manifesto ed evidente animus rem sibi habendi , non contrastato dall’esercizio di alcun diritto di proprietà da parte delle convenute, di una parte ben definita ed identificata, per ciascuno dei ricorrenti, di un terreno sito in agro di Grotteria (RC), INDIRIZZO.INDIRIZZO, con annesso immobile.
Chiedevano gli attori accertarsi l’intervenuta usucapione a loro favore sugli immobili.
Si costituiva NOME COGNOME; rimaneva contumace NOME COGNOME.
1.1. Con sentenza n. 234/15 pubblicata il 19.02.15, il Tribunale di Locri accoglieva le domande attrici, compensando le spese del grado di giudizio.
Avverso la suddetta sentenza proponeva appello NOME COGNOME.
Non si costituivano NOME e NOME COGNOME.
Con separate ordinanze, la Corte territoriale adìta rilevava la mancata notifica dell’atto di appello ad entrambi i fratelli COGNOME e ordinava nei loro confronti l’integrazione del contraddittorio .
2.1. In riforma dell’impugnata pronuncia, la Corte d’Appello di Reggio Calabria rigettava la domanda di usucapione promossa dagli attori in primo grado, sostenendo che, poiché tutte le parti in causa sono legate da vincolo di parentela, trovano applicazione i principi enunciati da questa Corte, ricavati dalla lettura dell’art. 1144 c od. civ. in tema di atti di tolleranza, a mente dei quali non può attribuirsi un
valore presuntivo al fatto che l’attività svolta dal soggetto legato da vincolo di parentela sul bene abbia durata non transitoria ed entità non modesta. Né gli odierni appellati hanno dimostrato, come era loro onere, che la mancata rivendicazione del bene, da parte della sorella, odierna appellante, fosse dovuta, non già alla tolleranza (determinata dal rapporto di parentela), ma al disinteresse e all’indifferenza della stessa, avendo essi attuato attività idonee ad escluderla dall’utilizzo dell’immobile, nulla essendo emerso in tal senso dall’unica fonte di prova, ossia dall’escussione dei testi, i quali tutti hanno riferito di un utilizzo della casa durante le vacanze e della coltivazione del terreno, in maniera generica, e non collocata nel tempo.
3. La sentenza in epigrafe è impugnata per la cassazione da NOME, NOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (in proprio e in qualità di procuratrice generale dei figli NOME e NOME COGNOME), affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso NOME COGNOMECOGNOME Resta contumace NOME COGNOME
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. la nullità del procedimento e della sentenza che lo definisce, in violazione del principio del contraddittorio, ex artt. 102, 330, 331 cod. proc. civ. I ricorrenti rilevano la nullità della sentenza di seconde cure in quanto è nulla la notifica effettuata nei confronti di NOME COGNOME, dichiarato contumace nel grado di appello, dell’atto di integrazione del contraddittorio presso l’indirizzo PEC dell’av vocato NOME COGNOME, già difensore di NOME COGNOME in primo grado. L’integrazione della notifica sarebbe avvenuta in violazione degli artt. 330, comma 3, e 331 cod. proc. civ. , vertendosi in un’ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale e processuale: trascorso oltre un
anno dalla pubblicazione della sentenza di primo grado (2015), la stessa doveva essere effettuata alla parte personalmente (Sez. U, Sentenza n. 2197 del 01/02/2006, Rv. 587282 – 01). Poiché il termine assegnato dalla Corte territoriale per l’integrazione h a natura perentoria, e non essendo stato rispettato correttamente, la Corte d’Appello avrebbe dovuto rilevarne d’ufficio la nullità.
1.1. Il motivo è fondato per quanto di ragione.
Nel caso di specie, quella compiuta dalla Corte d’Appello non era l a rinnovazione della notifica, bensì l’integrazione del contraddittorio : rilevata, infatti, la mancanza delle notifiche dell’atto di appello , la Corte territoriale – con le due ordinanze del 01.09.2022 e del 27.07.2023 -assegnava termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei due fratelli pretermessi rimasti contumaci (v. sentenza p. 2, 7° ed 8° capoverso). La notifica è stata, quindi, eseguita dall’app ellante nei termini ordinati dal giudice di appello (entro il 30.09.2022, per NOME COGNOME; entro il 03.09.2023 per NOME COGNOME), seppure al domicilio del difensore.
E’, dunque, in questa fase che trova applicazione il principio di diritto reso dalle Sezioni Unite richiamate in ricorso: «Nei giudizi di impugnazione, la notificazione dell’atto di integrazione del contraddittorio in cause inscindibili ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., qualora sia decorso oltre un anno dalla data di pubblicazione della sentenza, deve essere effettuata alla parte personalmente e non già al procuratore costituito davanti al giudice che ha emesso la sentenza impugnata. Tuttavia, la notificazione fatta al procuratore, integrando una mera violazione della prescrizione in tema di forma, e non già l’impossibilità di riconoscere nell’atto la rispondenza al modello legale della sua categoria, dà luogo a una nullità sanabile, ai sensi dell’art. 160 cod. proc. civ., con conseguente operatività dei rimedi della
rinnovazione (artt. 162, 291 cod. proc. civ.) o della sanatoria (artt. 156, terzo comma, 157,164 cod. proc. civ.)» (Sez. U, Sentenza n. 2197 del 01/02/2006, Rv. 587282 -01; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 22341 del 26/09/2017, Rv. 646020 -02; Sez. 2, Sentenza n. 17416 del 23/07/2010, Rv. 614716 -01; Sez. L, Sentenza n. 15050 del 26/06/2009, Rv. 608767 – 01).
Il principio si fonda sulla piana osservazione dell’esistenza di una norma (l’art. 330, comma 3, c.p.c.) di ampia formulazione ( «in ogni caso… »), che non pone ostacolo alla sua applicazione anche alle situazioni – come quella qui in esame -della notificazione dell’atto di integrazione del contraddittorio, in un giudizio di impugnazione in una causa inscindibile ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ.
Neanche ricorre l ‘ ipotesi di sanatoria nei confronti di NOME COGNOME, non essendosi questi costituito nel corso del giudizio di secondo grado, bensì solo nel presente giudizio, così rendendo una pronuncia d’appello inutiliter data , in quanto non indirizzata a tutti i litisconsorti. A prescindere, dunque, dalla tutela del diritto di difesa del litisconsorte pretermesso, si sarebbe in presenza di una pronuncia non estendibile ad un litisconsorte necessario.
La sentenza merita, dunque, di essere cassata e il giudizio rinviato alla medesima Corte d’Appello , spettando al giudice del rinvio l’assegnazione di un termine , questa volta perentorio ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ. (per tutte, di recente: Sez. 2, Ordinanza n. 9541 del 07/04/2023, Rv. 667532 – 01) , affinché la notifica dell’atto di appello sia effettuata alle parti, NOME e NOME COGNOME, personalmente.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, in accoglimento dell’unico motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio alla Corte
d’Appello di Reggio Calabria , in diversa composizione, che valuterà anche le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 1° ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME