Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16649 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16649 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31894/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME
-intimato- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di LECCE n. 2049/2020, depositata il 24/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- Con atto di citazione del 24/05/2017, NOME COGNOME convenne in giudizio, davanti al Giudice di Pace di Lecce, l ‘ avvocato NOME COGNOME per farne accertare la responsabilità professionale e sentirlo condannare al risarcimento del danno quantificato nell ‘ ammontare di euro 5.000,00.
1.1.- L ‘ avvocato COGNOME rimase contumace.
1.2.- Con sentenza n. 5402/2017, resa pubblica in data 22/11/2017, il Giudice di Pace di Lecce accolse la domanda attorea e, per l ‘ effetto, condannò l ‘ avv. COGNOME al risarcimento del danno, nella misura quantificata dall ‘ attore, oltre accessori e spese di lite.
2.- Avverso tale sentenza NOME COGNOME con atto di citazione in appello notificato il 7 dicembre 2018, proponeva gravame, dolendosi dell ‘ inesistenza della notifica dell ‘ atto di citazione in primo grado, circostanza che lo avrebbe legittimato a proporre appello tardivo ex art. 327, secondo comma, c.p.c., nonché dell ‘ inesistenza della notifica della sentenza emessa dal Giudice di Pace.
L ‘ appellante deduceva, infatti, di non aver mai trovato alcun avviso sulla porta della propria abitazione e che, comunque, l ‘ ufficiale giudiziario non avesse mai provveduto a ricercarlo presso gli altri luoghi previsti, lamentando, inoltre, l ‘ assenza di certezza in ordine al fatto che la raccomandata prevista dall ‘ art. 140 c.p.c. fosse stata effettivamente spedita all ‘ indirizzo corretto. Infine, egli asseriva di essere venuto a conoscenza della sentenza di primo grado solo con la notifica dell ‘ atto di precetto, effettuata in data 7 maggio 2018.
NOME COGNOME si costituiva in giudizio eccependo l ‘ inammissibilità e, comunque, l ‘ infondatezza dell ‘ impugnazione.
2.1.Con sentenza n. 2049/2020, resa pubblica il 24 settembre 2020, l ‘ adito Tribunale di Lecce rigettava l ‘ appello, ritenendo preliminarmente irrilevante la doglianza volta a
censurare la nullità della notifica della sentenza, posto che il rimedio per dedurne il vizio era rappresentato dall ‘ opposizione agli atti esecutivi.
Quanto alla censura sull ‘ inesistenza giuridica della notifica dell ‘ atto di citazione, il Tribunale osservava, anzitutto, che in rilievo, semmai, non venisse un ‘ ipotesi di inesistenza, bensì di nullità, attesa la tassatività delle prescrizioni la cui violazione determina l ‘ inesistenza della notificazione.
Inoltre, il giudice di secondo grado dichiarava l ‘ inammissibilità della doglianza inerente al mancato rinvenimento dell ‘ avviso dell ‘ eseguito deposito alla porta dell ‘ abitazione, previsto dall ‘ art. 140 c.p.c., poiché il compimento delle formalità contemplate dalla norma deve risultare dalla relazione di notificazione che dà atto delle operazioni svolte dall ‘ ufficiale giudiziario, che fa fede fino a querela di falso.
Sicché, una volta che l ‘ attore avesse provato il perfezionamento della notificazione, producendo in giudizio la cartolina di ricevimento della raccomandata informativa, all ‘ appellante sarebbe spettato di dimostrare l ‘ irregolarità dello svolgimento delle operazioni di notifica e l ‘ omessa ricezione dell ‘ avviso di ricevimento.
A tal fine il giudice di appello reputava insufficienti gli elementi probatori forniti dall ‘ avv. COGNOME
Di qui, pertanto, la declaratoria di tardività dell ‘ impugnazione, difettando la prova della nullità della notificazione dell ‘ atto introduttivo del giudizio di primo grado.
4.- Per la cassazione di tale sentenza ricorre NOME COGNOME affidando le sorti dell ‘ impugnazione a tre motivi.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l ‘ intimato NOME COGNOME
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo mezzo è dedotta, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 327 c.p.c., per non aver il Tribunale accertato l ‘ inesistenza giuridica della notifica della sentenza, posto che l ‘ avviso di ricevimento della raccomandata ex art. 140 c.p.c. non è stato mai prodotto in alcuno dei giudizi dall ‘ appellato.
Il ricorrente deduce, in particolare, che la prova dell ‘ inesistenza della notifica del titolo costituisce un requisito necessario ai fini dell ‘ esperibilità del gravame, ex art. 327, secondo comma, c.p.c., motivo per il quale non può condividersi la statuizione della sentenza d ‘ appello in cui è stato affermato che l ‘ inesistenza giuridica rilevi solo ai soli fini dell ‘ opposizione agli atti esecutivi.
Quanto alla notifica dell ‘ atto di citazione il ricorrente rileva che, dopo l ‘ inoltro di una prima raccomandata all ‘ indirizzo errato, anche il secondo inoltro non sarebbe andato a buon fine.
L ‘ avviso di ricevimento relativo al secondo tentativo di notifica, riportava infatti la dicitura ” mancata consegna del plico al domicilio per irreperibilità, data 01.08.2017 – firma illeggibile del postino “. Inoltre, nella busta verde contenente l ‘ avviso ex art. 140 c.p.c., veniva dato atto che l ‘ avviso fosse stato recapitato e che fosse stata apposta una firma illeggibile, e, come era accaduto anche in occasione del primo tentativo di notifica, anche in questo caso, nella busta verde l ‘ indirizzo del destinatario scritto a penna veniva poi annullato con due barre trasversali.
Viene evidenziato, altresì, che anche nel primo tentativo di notifica il postino, prima di constatare che l ‘ indirizzo fosse errato e dichiarare che il destinatario fosse sconosciuto, aveva indicato la dicitura ” Mancata Consegna del plico a domicilio per irreperibilità del destinatario, 26.05.2017 firma illeggibile, lasciato avviso “. Ciò premesso, il ricorrente sostiene che un avviso di ricevimento, privo
della firma del destinatario o di altra persona della famiglia, che ne attesti la ricezione, recante annotazioni alquanto dubbie da parte del portalettere, certamente non possa provare il perfezionamento della notifica per compiuta giacenza, se la parte non si è mai costituita in giudizio.
Ne deriva che l ‘ avviso di ricevimento privo di valenza probatoria è paragonabile, in termini di effetti, all ‘ ipotesi della mancata esibizione dell ‘ avviso di ricevimento ex art. 140 c.p.c., integrando un ‘ ipotesi di inesistenza giuridica della notifica e non di nullità.
L ‘ avv. COGNOME richiama anche alcuni arresti della giurisprudenza di questa Corte e, anzitutto, Cass. n. 1700/2019, dove si è affermato il principio per cui, quando il difetto di notifica deriva dall ‘ attività svolta dal postino, la prova del mancato recapito può essere fornita senza procedere a querela di falso.
Il ricorrente rileva, altresì, che la barratura da parte del postino dell ‘ indirizzo di destinazione, metta in dubbio il luogo di immissione dell ‘ avviso, invocando il principio affermato da Cass. n. 13278/2013, dove si è affermato che ‘ Nel caso di notifica a mezzo posta e di irreperibilità relativa le modalità di notifica devono essere rigorosamente osservate e menzionate nell ‘ avviso di ricevimento, deducendone che laddove dalla sola annotazione dell ‘ Agente Postale riportata nell ‘ avviso, non possa ricavarsi l ‘ avvenuto puntuale espletamento di tutte le prescritte formalità e segnatamente il luogo di immissione dell ‘ avviso la notifica non può ritenersi correttamente effettuata “.
2.- Con il secondo mezzo è denunciata, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 115 c.p.c., per aver il giudice d ‘ appello omesso di porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti.
Il ricorrente si duole, in particolare, del fatto che il Tribunale non abbia considerato che la consegna della posta, malgrado il
reclamo da lui proposto al locale Ufficio di Poste Italiane, ha continuato ad essere indirizzata presso luogo diverso da quello di sua residenza, come risulterebbe dalla documentata mancata ricezione della corrispondenza, anche in tempi successivi al reclamo, nel maggio dell ‘ anno 2017 (mese in cui sarebbe stato notificato l ‘ atto di citazione), e anche dopo aver modificato l ‘ indirizzo.
Il ricorrente richiama, inoltre, una pronuncia in cui questa Corte ha affermato che ” la mancata connessione tra il luogo di notifica ed il destinatario determina non già la nullità di essa, ma la inesistenza giuridica ” (Cass. n. 4529/2019), nonché la pronuncia resa da questa Corte a Sezioni Unite – Cass., S.U., n. 11021/2014 ove si individuava la differenza tra nullità ed inesistenza della notificazione, che viene individuata proprio nell ‘ insanabilità dell ‘ inesistenza, non essendoci alcun collegamento tra il soggetto e il luogo del notificato.
Ne deriva, ad avviso del ricorrente, che il giudice d ‘ appello avrebbe disatteso le regole del procedimento notificatorio di cui all ‘ art. 140 c.p.c., avendo l ‘ appellante fornito la prova del mancato collegamento tra il luogo della notifica, avvenuta in luogo diverso da quello di ubicazione del suo effettivo indirizzo, e il destinatario della stessa.
Inoltre, il ricorrente evidenzia che, nel giudizio di appello, egli aveva dimostrato come l ‘ ufficiale giudiziario, prima di procedere alla notifica ex art. 140 c.p.c., avesse omesso di svolgere tutte le attività necessarie ad individuare correttamente l ‘ abitazione del destinatario, compromettendo così il buon esito del processo notificatorio.
A tal riguardo, l ‘ avv. COGNOME sostiene che la sua denuncia riguardava soltanto l ‘ attività realizzata dal postino in ordine all ‘ avviso della raccomandata ex art. 140 c.p.c., non necessitante di querela di falso ma liberamente contestabile, l ‘ indirizzo effettivo
della propria residenza, nonché le motivazioni dell ‘ ufficiale giudiziario per le quali questi avrebbe evitato il contatto diretto con il destinatario, ovvero la sua malafede.
Sicché, la relazione dell ‘ ufficiale circa l ‘ effettiva residenza (o dimora o domicilio) del destinatario dell ‘ atto, presso l ‘ indirizzo indicato dal notificante, costituisce mera presunzione, superabile con qualsiasi mezzo di prova, senza necessità di ricorrere alla querela di falso (Cass. n. 9049/20). Sulla base di tali rilievi le doglianze formulate in sede di gravame avrebbero dovuto considerarsi ammissibili.
3.- Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 118 disp. att. c.p.c., 327, secondo comma, e 292, quarto comma, c.p.c., nonché ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l ‘ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per non aver il Tribunale accertato l ‘ inesistenza giuridica della notifica della sentenza resa dal Giudice di Pace.
Il ricorrente deduce che, ai fini dell ‘ ammissibilità dell ‘ appello ex art. 327, secondo comma, c.p.c., è necessario che la parte fornisca non solo la prova della mancata ricezione dell ‘ atto introduttivo del giudizio, ma anche quella della mancata notifica della sentenza, che la controparte, prima di procedere con la notifica del precetto, assume aver notificato con formula esecutiva.
Sarebbe, dunque, errata la decisione del giudice d ‘ appello là dove ha ritenuto che l ‘ inesistenza della notifica della sentenza possa rilevare solo ai fini della opposizione agli atti esecutivi.
Viene a tal proposito richiamata una pronuncia di questa Corte (segnatamente Cass. n. 18053/2017) la quale ha affermato che ‘ quando la sentenza viene notificata in forma esecutiva alla residenza della parte, costituita personalmente in giudizio ex art. 86 cpc, anche se avvenuta in forma esecutiva, è idonea a far
decorrere il termine breve per proporre appello ai sensi dell ‘ art. 325, co, 1, cpc . ‘.
In questi termini, il ricorrente osserva che, comunque, nel caso in cui una parte sia rimasta contumace, la sentenza emessa nei suoi confronti debba essere notificata personalmente, ai sensi dell ‘ art. 292 c.p.c., e ciò vale anche quando la notifica della sentenza sia avvenuta in forma esecutiva, non avendo rilevanza il fine processuale per il quale essa sia effettuata.
Inoltre, ad avviso del ricorrente, l ‘ art. 327, secondo comma, c.p.c., prevede testualmente che il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, per proporre impugnazione, non operi quando la parte contumace dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della notifica della citazione o degli atti di cui all ‘ art. 292 c.p.c., tra cui rientra espressamente, la sentenza.
4.Il primo motivo di ricorso è diretto a censurare l ‘ impugnata sentenza sotto due distinti profili.
Il primo attiene alla dedotta omissione, da parte del giudice di merito, dell ‘ accertamento dell ‘ asserito vizio della notificazione della sentenza, che sarebbe risultato propedeutico alla verifica della regolarità dell ‘ impugnazione, ai sensi dell ‘ art. 327, secondo comma, c.p.c.
Il secondo è, invece, volto a contestare la qualificazione giuridica attribuita dal giudice di merito al vizio che, secondo il ricorrente, inficerebbe l ‘ atto introduttivo del giudizio di primo grado, nonché le ragioni del rigetto basate sul difetto di prova in ordine a tale vizio.
4.1. – Per ragioni di ordine logico, è preliminare l ‘ esame della doglianza che investe questo secondo profilo di censura.
4.1.1. -Secondo l ‘ interpretazione dell ‘ art. 327, comma secondo, c.p.c., fornita dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte, ai fini dell ‘ ammissibilità dell ‘ impugnazione tardiva della parte ‘contumace involontaria’ in primo grado, è necessario che essa
fornisca prova di un presupposto oggettivo, che è dato dalla nullità dell ‘ atto di citazione, ovvero quella della sua notifica, e di un presupposto soggettivo, per tale intendendosi l ‘ ignoranza della pendenza del procedimento a suo carico, causalmente riconducibile ad uno dei predetti vizi.
La natura del vizio integrante il presupposto oggettivo incide, invero, sul riparto dell ‘ onere della prova di quello soggettivo.
Come correttamente osservato dall ‘ odierno ricorrente, richiamando un arresto di questa Corte a Sezioni Unite -segnatamente, Cass., S.U., n. 14570/2007 -, nel caso di inesistenza giuridica dell ‘ atto introduttivo del giudizio o della sua notifica il presupposto soggettivo assurge ad oggetto di una presunzione, con conseguente inversione dell ‘ onere della prova a carico dell ‘ altra parte.
Pertanto, in simili ipotesi, compete alla controparte, che intenda contestare la soggettiva ignoranza della pendenza del procedimento della parte rimasta contumace, fornire prova contraria. Ciò non vale invece nelle ipotesi in cui il vizio che infici i menzionati atti si risolva in una nullità (così Cass. n. 36870/2022; Cass. n. 8/2019; Cass. n. 19574/2015; Cass. n. 14232/2014).
Tuttavia, come è stato paradigmaticamente affermato da Cass., S.U., n. 14916/2016 (e da Cass., S.U., n. 14917/2016), l ‘ inesistenza della notificazione può ritenersi configurabile esclusivamente nei casi in cui si riscontri una totale assenza materiale dell ‘ atto, ovvero quando l ‘ attività posta in essere risulti priva degli elementi costitutivi minimi necessari a qualificare l ‘ atto stesso come notificazione.
Tali elementi essenziali si identificano: a ) nell ‘ attività di trasmissione dell ‘ atto, che deve essere compiuta da un soggetto legittimato ex lege , in modo tale che sia possibile individuare un potere astrattamente riconosciuto dall ‘ ordinamento giuridico; b ) nella fase della consegna, intesa in senso ampio, come il
raggiungimento di uno degli esiti previsti dall ‘ ordinamento, che consentano di considerare la notifica comunque perfezionata, con esclusione unicamente dei casi in cui l ‘ atto venga restituito al mittente, senza alcun contatto con il destinatario, configurando così una mera attività tentata e non compiuta.
La sussistenza di questi requisiti strutturali è sufficiente a ritenere giuridicamente configurabile la notificazione, evidenziando la riconducibilità della sequenza notificatoria al ‘tipo’ individuato dalla legge.
Ne consegue che non può essere qualificata come inesistente una notificazione che, pur affetta da vizi, presenti un collegamento tra l ‘ attività svolta e il suo destinatario, nonché una riconoscibile forma di esercizio del potere notificatorio.
In questi termini, neanche l ‘ assenza di un collegamento tra il luogo in cui è stata effettuata la notificazione e la persona del destinatario è di per sé sufficiente a configurare l ‘ inesistenza della notifica, venendo ricondotta nell ‘ ambito della nullità o, se del caso, dell ‘ irregolarità. Ciò in quanto, pur in presenza di un vizio, l ‘ attività notificatoria evidenzia la propria riconducibilità al modello legale, non essendo del tutto priva degli elementi essenziali idonei a qualificarla come tale.
In siffatta prospettiva, questa Corte a Sezioni Unite ha affermato che «deve essere superata la tesi che include in tale modello legale, facendone derivare, in sua mancanza, la inesistenza della notificazione, il requisito del ‘ collegamento ‘ (o del ‘ riferimento ‘ ) tra il luogo della notificazione e il destinatario: si tratta, infatti, di un elemento che si colloca fuori del perimetro strutturale della notificazione e la cui assenza (come nelle fattispecie indicate nell ‘ ordinanza di rimessione) ricade, in base all ‘ insieme delle considerazioni fin qui svolte, nell ‘ ambito della nullità, sanabile con effetto ex tunc attraverso la costituzione
dell ‘ intimato o la rinnovazione dell ‘ atto, spontanea o su ordine del giudice» (così la citata Cass., S.U., n. 14916/2016).
4.1.2.- Ciò premesso, si osserva che le diverse implicazioni connesse al tipo di vizio dell ‘ atto introduttivo rilevano ai soli fini del riparto dell ‘ onere della prova del presupposto soggettivo.
La qualificazione del vizio in termini di inesistenza, piuttosto che di nullità, infatti, può solo fondare l ‘ operatività della presunzione di ignoranza della pendenza del procedimento e comportare l ‘ attenuazione del carico probatorio nei confronti della parte, rimasta contumace, che intenda essere rimessa nei termini per proporre l ‘ impugnazione.
Nel caso oggetto del presente giudizio, difetta, a monte, la prova del vizio che possa aver determinato una soggettiva ignoranza della pendenza del procedimento, a prescindere dalla qualificazione che ad esso si intenda attribuire.
Le ragioni che il Tribunale ha posto a fondamento del rigetto dell ‘ appello, per carenza di prova del denunciato vizio, appaiono immuni da censure, poiché in linea con le coordinate interpretative offerte da Cass. n. 1699/2019 e dalla successiva giurisprudenza di questa Corte (tra le altre: Cass. n. 15293/2024; Cass. n. 24560/2024).
Infatti, in materia di notificazione, effettuata ai sensi dell ‘ art. 140 c.p.c., è necessario che tutte le formalità previste dalla norma -ossia il deposito dell ‘ atto presso la casa comunale, l ‘ affissione dell ‘ avviso alla porta dell ‘ abitazione, dell ‘ ufficio o dell ‘ azienda del destinatario e l ‘ invio della raccomandata informativa -risultino espressamente documentate nella relata di notifica redatta dall ‘ ufficiale giudiziario, ai sensi dell ‘ art. 148 c.p.c.
Quest ‘ ultima, in quanto atto pubblico redatto da un pubblico ufficiale, nell ‘ esercizio delle sue funzioni, costituisce piena prova, fino a querela di falso, dei fatti che l ‘ ufficiale dichiara essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti personalmente.
Diversamente, tale forza certificativa non si estende invece all ‘ attività materialmente compiuta da terzi, come ad esempio l ‘ operazione di inoltro al destinatario della raccomandata informativa da parte del servizio postale. In questo caso, la mancata ricezione della raccomandata, ovvero l ‘ eventuale omissione della consegna, non rientra tra i fatti certificati con fede privilegiata dalla relata dell ‘ ufficiale giudiziario, in quanto si tratta di un ‘ attività demandata a un soggetto esterno, l ‘ ufficio postale. Ne consegue che il destinatario, qualora voglia contestare la mancata ricezione dell ‘ avviso informativo, è abilitato a fornire la prova del mancato recapito con mezzi ordinari, senza dover necessariamente proporre querela di falso contro la relata di notifica.
Nella specie, la mancata ricezione dell ‘ avviso informativo all ‘ esito delle valutazioni del materiale probatorio allegato dall ‘ odierno ricorrente compiute dal giudice del gravame e insuscettibili di essere sindacate in questa sede – non è stata ritenuta provata.
Con riferimento a questo profilo di censura, il primo motivo, quindi, non può trovare accoglimento per concorrenti ragioni.
Anzitutto, il ricorrente, nell ‘ articolare la doglianza, non coglie appieno la ratio decidendi dell ‘ impugnata sentenza, che ha condotto al rigetto del suo appello. Egli, infatti, incentra le proprie argomentazioni sulla diversa qualificazione giuridica che, a suo avviso, avrebbe dovuto essere assegnata al denunciato vizio.
Sicché, sotto questo profilo, la doglianza è inammissibile per difetto di interesse.
4.1.3. – Essa, poi, è in parte inammissibile e in parte, comunque, infondata.
È inammissibile perché risulta articolata genericamente e con riferimenti al materiale istruttorio, valutato nel giudizio di merito, del quale intende, nella sostanza, ottenerne un riesame, precluso al giudice di legittimità, se non negli stretti limiti dell ‘ omesso esame
di fatto storico, decisivo, discusso tra le parti, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., secondo le indicazioni di cui a Cass., S.U., n. 8053/2014 (ossia, nel rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il ‘ fatto storico ‘ , il cui esame sia stato omesso, il ‘ dato ‘ , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il ‘ come ‘ e il ‘ quando ‘ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ‘ decisività ‘ , fermo restando che l ‘ omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie).
Vizio, questo, che non è dedotto dal ricorrente, là dove, in ogni caso, la censura in tal senso si paleserebbe infondata, giacché i fatti storici ai quali si dà decisivo rilievo in ricorso sono stati oggetto di esame da parte del giudice del merito (pp. 2-4 della sentenza impugnata).
-Le considerazioni da ultimo spese rendono pure ragione dell ‘ inammissibilità del secondo motivo di ricorso, anch ‘ esso volto a sollecitare un riesame nel merito degli elementi probatori già valutati dal giudice di appello.
E in siffatta prospettiva va rammentato che, in materia di ricorso per cassazione, la violazione dell ‘ art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (tra le molte: Cass. n. 11892/2016; Cass. n. 9731/2025).
6.- Sono, infine, inammissibili sia l ‘ ulteriore profilo di censura del primo motivo, sia il terzo motivo di ricorso.
Ciò in quanto l ‘ esito dello scrutinio sulla doglianza relativa alla notificazione dell ‘ atto di citazione introduttivo del giudizio -che ha confermato la decisione del Tribunale sull ‘ effettuazione di valida notificazione nei confronti del convenuto -rende irrilevante l ‘ esame delle censure concernenti la notifica della sentenza di primo grado, la quale, resa pubblica il 22 novembre 2017, avrebbe dovuto essere impugnata dal Tondi nel termine semestrale di cui all ‘ art. 327, primo comma, c.p.c., giacché egli non poteva reputarsi contumace involontario e, quindi, avvalersi della disciplina dettata dal secondo comma del medesimo art. 327 c.p.c.
Onere di impugnazione in detto termine che il COGNOME non ha, invece, assolto.
7. -Il ricorso va, dunque, rigettato.
Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte rimasta soltanto intimata.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza