Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13362 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13362 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15221/2021 R.G. proposto da:
NOME, in proprio e quale legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), domicilio digitale: EMAIL
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), domicilio digitale EMAIL
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE DI APPELLO DI MILANO n. 1427/2021 depositata il 05/05/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-In data 16.11.2020 la cancelleria fallimentare del Tribunale di Monza notificò a RAGIONE_SOCIALE la sentenza dichiarativa di fallimento emessa a suo carico in pari data (però mancante della seconda pagina), in uno al decreto del 30.10.2020 con cui era stata
dichiarata inammissibile la sua proposta di concordato preventivo in continuità aziendale.
1.1. -In data 20.11.2020 l’amministratrice della società fallita, NOME COGNOME, sentita dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 49, comma 2, l.fall., diede atto di aver ricevuto il 17.11.2020, insieme alla convocazione, copia integrale della sentenza di fallimento.
1.2. -In data 30.11.2020 la cancelleria del Tribunale di Monza notificò nuovamente la sentenza di fallimento alla società fallita, che in data 30.12.2020 propose reclamo ex art. 18 l.fall.
1.3. -Con il reclamo la società chiese la revoca del decreto di inammissibilità del concordato e della conseguente sentenza dichiarativa di fallimento, deducendo: a) la compressione del proprio diritto di difesa, per non aver avuto pieno accesso al fascicolo fallimentare e ai documenti allegati ad un parere del commissario giudiziale; b ) l’erroneità delle ragioni di inammissibilità della proposta di concordato, in quanto: i) la soluzione concordataria era più conveniente del fallimento; ii) il tribunale aveva posto a base della decisione proprie valutazioni tecnico-economiche esulanti dal sindacato consentito; iii) il tribunale aveva fatto proprie le considerazioni del commissario giudiziale, senza giustificarne adeguatamente l ‘ adesione.
1.4. -Il RAGIONE_SOCIALE eccepì la tardività del reclamo e, nel merito, la sua infondatezza.
1.5. -La Corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibile il reclamo, perché proposto oltre i trenta giorni dalla notificazione della sentenza dichiarativa di fallimento.
A tal fine ha richiamato l’orientamento di legittimità per cui la nullità della notificazione di una copia non integrale della sentenza può essere dichiarata solo se il destinatario provi che ciò abbia inciso negativamente sul l’esercizio del diritto di impugnazione (Cass. 391/1989; Cass. Sez. U, 2081/1995; Cass. 10488/2012) ed ha evidenziato che, nel caso di specie, tale prova non è stata fornita, in quanto il reclamo era incentrato esclusivamente sulla erroneità del decreto di inammissibilità della proposta di concordato
-notificato in copia integrale in uno alla sentenza -e non investiva di alcuna specifica doglianza la dichiarazione di fallimento, risultando perciò « di assoluta evidenza che l’incompletezza della copia della sentenza trasmessa» dalla cancelleria alla società fallita «non ha inciso in alcun modo sul suo diritto di difesa».
I giudici di secondo grado hanno anche ravvisato i presupposti per la condanna in solido della legale rappresentante della società fallita, ai sensi dell’art. 94 c.p.c., avendo la tardiva proposizione del reclamo (ben quattordici giorni dopo la scadenza del termine) reso palese l’assenza della ‘ normale prudenza ‘ , per avere il reclamo «avuto quale unico effetto, in una situazione di sostanziale irresponsabilità della società proponente in quanto fallita, quello di aggravare ulteriormente il passivo fallimentare, erodendo le risorse a disposizione dei creditori concorsuali».
2. -Avverso detta decisione NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE (in persona della prima) propongono ricorso per cassazione in tre motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. Entrambe le parti producono memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 17 e 18 l.fall., nonché 24 e 111 Cost., per aver la c orte d’ appello ritenuto idonea la notifica effettuata in data 16.11.2020 quale dies a quo del termine di trenta giorni previsto per esperire il reclamo ex art. 18 l.fall., pur essendo pacifico che la sentenza dichiarativa di fallimento si compone di sole tre pagine e che il testo così notificato era privo della seconda – che conteneva le ragioni addotte a fondamento della declaratoria di fallimento – ed era perciò inidoneo a determinare in capo al destinatario la ‘conoscenza legale’ richiesta nelle impugnazioni, senza che possa assumere alcun rilievo la conoscenza acquisita aliunde del provvedimento (anche se tramite altro meccanismo legale, quale la comunicazione ex art. 49 l.fall.); il successivo invio di copia integrale da parte della stessa cancelleria costituirebbe la « inequivocabile dimostrazione dell’erroneità della prima notifica » e della sua inidoneità ad integrare i requisiti di cui al combinato disposto degli art. 17 e 18 l.fall.
2.2. -Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 94 c.p.c. , nonché nullità della sentenza e violazione dell’art. 132, co mma 2, n. 4, c.p.c. e 111 Cost. comma 6, per avere la c orte d’ appello ritenuto sussistenti i ‘gravi motivi’ previsti per la condanna personale dell’amministratore, in solido, alla rifusione delle spese di lite, con una motivazione irriducibilmente contraddittoria.
2.3. -Il terzo deduce violazione e falsa applicazione dell’ art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/02, in merito alla sussistenza presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a carico della società reclamante, sul rilievo che il giudizio di reclamo ex artt. 18 e 163, comma 3, l.fall. non sarebbe un’impugnazione in senso stretto .
Nessuno dei motivi proposti può trovare accoglimento.
-Il primo è inammissibile perché attiene a una valutazione del fatto processuale che la corte territoriale ha operato in modo coerente con i principi di diritto affermati in materia.
3.1. -Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in difetto di un’espressa comminatoria di legge, la nullità della notificazione della sentenza effettuata mediante consegna di una copia incompleta può essere affermata, al fine di escludere il decorso del termine breve di impugnazione, solo se il destinatario deduca e dimostri che detta incompletezza gli abbia precluso la compiuta conoscenza dell’atto, perciò incidendo negativamente sul pieno esercizio della facoltà d’impugnativa della stessa (Cass. Sez. U, 391/1989, 2081/1995; Cass. 11528/2003, 10488/2012, 2321/2017).
Da questo approdo interpretativ o deriva l’ulteriore conclusione che la notifica di un atto processuale privo di qualche pagina rileva unicamente ove detta mancanza abbia impedito al destinatario la piena comprensione dell’atto stesso e, quindi, abbia menomato il suo diritto di difesa, rendendo in ogni caso configurabile un vizio del procedimento notificatorio e non dell’atto, con conseguente possibilità di una sanatoria ex tunc , fatta salva la possibilità di
concedere al destinatario un termine per integrare le sue difese (Cass. Sez. U, 14/09/2016, n. 18121; Cass. 858/2019).
3.2. -Sotto altro profilo si è precisato che, «in caso di notifica telematica della sentenza eseguita dal difensore, ai fini della decorrenza del termine breve per proporre impugnazione, pur non essendo necessarie forme solenni, occorre che la stessa non abbia un contenuto equivoco, ma sia tale da porre in condizione il suo destinatario specifico di percepire non solo il contenuto del provvedimento, ma anche, in modo chiaro, l’intenzione del notificante di sollecitargliene la valutazione tecnica ai fini di un’eventuale sua impugnazione» (Cass. 23396/2023, che ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva ritenuto tardivo l’appello facendo decorrere i termini per la sua proposizione da una mera comunicazione telematica con cui il difensore, chiedendo in via bonaria il pagamento delle spese processuali, aveva semplicemente allegato il testo della sentenza di primo grado).
3.3. -Applicando i riferiti principi al caso in esame, si ha, per un verso, che non v’ era dubbio alcuno che la sentenza, pur mancante della seconda pagina, fosse proprio la sentenza di fallimento notificata dalla cancelleria ai sensi dell’art. 18, comma 13, l.fall., ai fini della sua eventuale impugnazione con il reclamo previsto dal comma successivo; e, per altro verso, che, sulla base di quanto allegato e provato in giudizio, la corte territoriale ha ritenuto, con motivazione congrua e sicuramente superiore al cd. minimo costituzionale (Cass. Sez. U, 8053/2014), che la mancanza di una pagina della sentenza non avesse precluso la compiuta conoscenza dell’atto e, soprattutto, non avesse pregiudicato, in concreto, il pieno esercizio della facoltà d’impugnativa della stessa.
3.4. -Invero, nel dare atto che la notifica del 16.11.2020 ha avuto ad oggetto, contestualmente, il decreto di inammissibilità del concordato e la conseguente sentenza di fallimento, la corte territoriale ha valorizzato il fatto, pacifico, che i motivi del reclamo proposto in data 30.12.2020 vertevano in via esclusiva sulle ragioni del decreto (v. sopra sub 1.3.) -incidendo solo per via indiretta sulla consequenziale declaratoria di fallimento, di per sé non contestata -e che nel reclamo non vi era «neanche un cenno
all’erroneità degli argomenti trattati dal tribunale nella pagina mancante» della sentenza, benché il reclamo fosse stato proposto quando la società era già pienamente informata del contenuto della sentenza, in quanto consegnata al l’amministratrice sin dal 17.11.2020 -in allegato alla convocazione del curatore ex art. 49 l.fall. -e comunque rinotificata per intero a cura della cancelleria il 30.11.2020. D i qui l’accertamento, non censurabile in questa sede alla stregua del vizio denunciato, che «l ‘irregolarità della prima notificazione non abbia in alcun modo compromesso l’esercizio del diritto di difesa».
-Anche il secondo motivo è inammissibile poiché, sotto l’apparente deduzione di errores in procedendo e in iudicando -e senza dedurre un vizio di motivazione secondo i canoni del novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. -attinge al merito, non scrutinabile in questa sede (Cass. Sez. U, 34476/2019).
4.1. -Come noto, l’art. 94 c.p.c., laddove prevede la condanna alle spese, eventualmente in solido con la parte soccombente, del soggetto che la rappresenti, si giustifica con il fatto che quest’ultimo, pur non assumendo la veste di parte nel processo, esplica pur tuttavia, anche se in nome altrui, un’attività processuale in maniera autonoma. Ebbene, tale condanna postula la ricorrenza di gravi motivi, da enunciarsi in modo specifico dal giudice, quali la trasgressione del dovere di lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c., ovvero la mancanza della normale prudenza tipica della responsabilità processuale aggravata di cui all’art. 96, comma 2, c.p.c. (Cass. 9203/2020, 27475/2019).
4.2. -Nel caso in esame , la corte d’appello ha esplicitato le ragioni per cui ha ravvisato la sussistenza dei predetti ‘gravi motivi’, con una motivazione che può ritenersi sicuramente al di sopra della soglia del cd. minimo costituzionale, non ravvisandosi alcuno dei gravi vizi che integrano l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità, tale essendo solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, che attiene all’esistenza della motivazione in sé -prescindendo dal confronto con le risultanze processuali -e che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”,
nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, non residuando più alcuna rilevanza dell’eventuale contraddittorietà o difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, 8053/2014, 22232/2016, 34474/2019; Cass. 23940/2017, 22598/2018, 13977/2019, 7090/2022, 2001/2023).
4.3. -Del resto, ammettere in sede di legittimità la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones facti significherebbe consentire un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (Cass. Sez. U, 28220/2018; Cass. 2001/2023, 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018, 8758/2017).
-Il terzo motivo è infondato.
5.1. -Può invero ritenersi pacifica l ‘appartenenza del giudizio di reclamo ex art. 18 l.fall. al genus ‘impugnazione’ , tanto che esso «deve contenere (…) l ‘esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e le relative conclusioni» (art. 18, comma 2, n. 3, l.fall.).
Ciò risulta sufficiente ai fini dell’applicabilità dell’art. 13 , comma 1-quater, d.P.R. n.115 del 2002, restando invece irrilevante che il reclamo ex art. 18 l.fall. non sia integralmente assimilabile all’appello e non debba perciò contenere l’ indicazione degli “specifici motivi” di cui all’art. 342 e 345 c.p.c.
-Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna dei due ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo.
-Sussistono i presupposti di cui all’ art. 13, comma 1quater, d.P.R. 115/02 (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019, 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i due ricorrenti, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE in persona della legale rappresentante NOME COGNOME, in solido, al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27/03/2024.