Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7030 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7030 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13051/2023 R.G. proposto da :
COGNOME quale liquidatore di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, rappresentato e difeso da ll’ Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
FALLIMENTO N. 435/22 di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione – intimato – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3421/2023 depositata il 12/5/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/2/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 435/2022, dichiarava il fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione su istanza di RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello di Roma, a seguito del reclamo presentato da NOME COGNOME nella qualità di liquidatore e ultimo legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, osservava che nella sentenza impugnata si dava espressamente atto del fatto che la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza prefallimentare si era perfezionata ai sensi dell’art. 15, comma 3, l. fall. mediante deposito presso la casa comunale, stante l’esito negativo della notificazione a mezzo PEC a cura della cancelleria e l’irreperibilità di persone idonee a ricevere l’atto presso la sede della società risultante dal registro delle imprese.
Ricordava, inoltre, che la Corte costituzionale, con sentenza n. 146/2016, aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3, l. fall. con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost..
Aggiungeva che il sistema nel quale l’art. 15, comma 3, l. fall. si inseriva non era privo di correttivi a tutela dell ‘ effettività del diritto di difesa dell’imprenditore, in ragione della natura devolutiva del reclamo disciplinato dall’ art. 18 l. fall..
NOME COGNOME nella qualità sopra indicata, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di rigetto del reclamo, pubblicata in data 12 maggio 2023, prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 ll primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso fra le parti, costituito dalla circostanza che il creditore istante non aveva mai depositato la notifica che era suo onere
compiere ai sensi dell’art. 15, comma 3, l. fall. una volta rimasta senza esito la notifica effettuata a cura della cancelleria.
4.2 Il secondo motivo assume la violazione dell’art. 15, comma 3, l. fall., perché, non essendo andata a buon fine la notifica effettuata dal cancelliere, era onere del creditore istante provvedere, attraverso l’ufficiale giudiziario, alla notifica del ric orso presso la sede della società e, in caso di irreperibilità, al deposito presso la casa comunale.
Non vi era prova agli atti dell’avvenuta esecuzione d i tale notifica e del successivo deposito.
4.3 Il terzo motivo prospetta la falsa applicazione dell’art. 18 l. fall.: la Corte di merito ha ritenuto irrilevante che al debitore fosse stato inibito in primo grado il diritto di difesa, in quanto avrebbe potuto esercitare lo stesso in sede di reclamo, in virtù dell’effetto devolutivo di questa forma di impugnazione.
Questo rilievo non considera -a dire del ricorrente -che: i) l’effetto devolutivo è limitato ai motivi di reclamo; ii) il giudizio di reclamo, a differenza dell’istruttoria prefallimentare, non è officioso; iii) nel giudizio di reclamo la Corte d’appello non è tenuta ad accertare d’ufficio l’esistenza dell’insolvenza; iv) l’istruttoria prefallimentare, avendo anche una funzione conservativa dell’impresa, sarebbe stata la sede privilegiata per la composizione atipica della crisi e il debitore ne era stato illegittimamente privato.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente, risultano, tutti, inammissibili.
5.1 La Corte territoriale ha registrato l’infondatezza del primo motivo di reclamo rappresentando che, diversamente da quanto lamentato dal reclamante (a dire del quale non erano presenti negli atti di causa le notifiche previste dall’art. 15, comma 3, l. fall. e se le stesse erano state eseguite sarebbero dovute essere depositate), il tribunale aveva già accertato tanto l’irreperibilità di persone idonee a ricevere
l’atto presso la sede della società risultante dal registro delle imprese, quanto l’avvenuto deposito presso la casa comunale.
Nessun omesso esame di questi fatti può quindi essere predicato, in quanto in realtà i giudici distrettuali hanno preso in considerazione gli stessi e li hanno ritenuti già acclarati da parte del primo giudice (valutando, implicitamente, come inutile la ripetizione di un accertamento già compiuto dal tribunale, in mancanza di specifiche contestazioni che rendessero necessaria un’ulteriore attività di verifica).
Il primo mezzo lamenta, pertanto, un’omissione che non corrisponde al contenuto della decisione impugnata.
Peraltro, l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nozione da intendersi come riferita a un preciso accadimento o a una precisa circostanza in senso storico -naturalistico e non ricomprendente questioni o argomentazioni, dovendosi di conseguenza ritenere inammissibili le censure irritualmente formulate che estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. 2 1152/2014, Cass. 14802/2017).
Non risulta perciò censurabile sotto il profilo dedotto la mancata valutazione delle doglianze processuali dedotte con il primo motivo di reclamo.
5.2 Il secondo mezzo risulta parimenti inammissibile perché assume la mancanza di attività notificatorie che, al contrario, il tribunale aveva compiutamente registrato, attraverso un accertamento fatto proprio dalla Corte di merito.
5.3 La Corte d’appello non ha sostenuto affatto che ‘ l’omessa notifica dell’istanza di fallimento non avrebbe pregiudicato il diritto di difesa del debitore ‘ (pag. 8 del ricorso), ma, ben diversamente, si è limitata a ricordare che, secondo il giudice delle leggi, la notifica compiuta nel rispetto delle modalità previste dall’art. 15, comma 3, l. fall.
contempera il diritto di difesa del debitore con gli obiettivi di speditezza e operatività ai quali deve essere improntato il procedimento concorsuale, esclude la necessità di compiere formalità ulteriori rispetto a quelle previste dalla norma allorquando la situazione di irreperibilità dell’imprenditore debba imputarsi alla sua stessa negligenza e a una condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico e trova come ‘ulteriore correttivo’ la possibilità per il fallito di indicare per la prima volta, in sede di reclamo, i fatti a sua difesa e i mezzi di prova di cui intenda avvalersi per contestare la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi che hanno condotto alla dichiarazione di fallimento.
Si tratta, dunque, di una valutazione rivolta agli effetti di una notifica non omessa, bensì effettuata a mente dell’art. 15, comma 3, l. fall. Il terzo mezzo risulta, perciò, inammissibile, perché non coglie né posta a fondamento della pronuncia invece, contesta la reale ratio decidendi impugnata, come il ricorso per cassazione deve, necessariamente fare (Cass. 19989/2017).
Il quarto motivo di ricorso si duole del fatto che l’insolvenza sia stata contestata alla società ricorrente quando era già decorso l’anno dalla sua cancellazione dal Registro delle Imprese, in un’epoca in cui la stessa non era più fallibile, in violazi one dell’art. 10 l. fall.
7. Il motivo è inammissibile.
La censura, infatti, attiene a una questione -comportante accertamenti in fatto – che non è stata affrontata nella sentenza impugnata, cosicché il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, avrebbe dovuto preliminarmente chiarire se tale questione fosse stata effettivamente e tempestivamente devoluta alla cognizione del giudice del gravame (si veda in questo senso, per tutte, Cass. 23675/2013).
In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ricorrono gravi motivi perché di tali spese risponda personalmente, ai sensi dell’art. 94 cod. proc. civ., anche il legale rappresentante della società dichiarata fallita, in solido con la ricorrente, giacché questi, pur non assumendo la veste di parte nel processo, ha esplicato, anche se in nome altrui, un’attività processuale caratterizzata dalla mancanza di normale prudenza (cfr. Cass. 9203/2020, Cass. 20878/2010); infatti, le doglianze sollevate, come detto più sopra, sono risultate tutte inammissibili perché non corrispondenti al contenuto della decisione impugnata (il primo e il secondo mezzo), non correlate alla ratio decidendi della stessa (il terzo mezzo) o illustrative di questioni nuove, comportanti accertamento in fatto (il quarto mezzo).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna, in solido, la ricorrente e il suo legale rappresentante personalmente, ex art. 94 cod. proc. civ., al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 10.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 12 febbraio 2025.