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Notifica decreto espulsione: è nulla se non compresa

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Giudice di Pace che convalidava un’espulsione. La notifica del decreto di espulsione era stata fatta a una cittadina moldava in italiano e inglese, lingue che lei non conosceva. La Corte ha stabilito che la mera permanenza sul territorio nazionale non è sufficiente per presumere la conoscenza della lingua italiana e che l’onere di provare la comprensione dell’atto da parte del destinatario spetta all’amministrazione.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Notifica Decreto Espulsione: Annullata se in Lingua Sconosciuta

La corretta notifica del decreto di espulsione è un pilastro fondamentale per la tutela dei diritti dello straniero. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: non si può presumere la conoscenza della lingua italiana solo perché una persona risiede da tempo nel nostro Paese. Di conseguenza, un decreto tradotto in una lingua che il destinatario non comprende è da considerarsi nullo. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguardava una cittadina di nazionalità moldava, destinataria di un decreto di espulsione emesso dalla Prefettura. L’atto le era stato notificato in lingua italiana, con annessa una traduzione in lingua inglese. La donna si era opposta davanti al Giudice di Pace, sostenendo di non comprendere né l’italiano né l’inglese e che, pertanto, non aveva potuto capire il contenuto e le ragioni del provvedimento.

Il Giudice di Pace, tuttavia, aveva respinto l’opposizione. La sua decisione si basava su due argomenti: primo, la donna si trovava in Italia da circa due anni, un tempo ritenuto sufficiente per presumere una conoscenza basilare della lingua italiana; secondo, il provvedimento era stato tradotto in inglese, una lingua veicolare, e la ricorrente “avrebbe potuto comprendere” il testo. Insoddisfatta, la cittadina ha presentato ricorso in Cassazione.

La Validità della Notifica del Decreto di Espulsione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la decisione del Giudice di Pace e rinviando il caso per un nuovo esame. I giudici supremi hanno smontato punto per punto la fragile argomentazione del primo giudice, riaffermando principi consolidati in materia di diritti degli stranieri e onere della prova.

La Corte ha stabilito che la mera permanenza sul territorio, anche se prolungata, non costituisce un elemento sufficiente per creare una presunzione “grave, precisa e concordante” della conoscenza della lingua italiana. Le presunzioni, per essere legalmente valide, devono basarsi su fatti certi e logicamente collegati, non su mere supposizioni.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nell’inversione dell’onere della prova. Non è il cittadino straniero a dover dimostrare di non conoscere la lingua, ma è l’Amministrazione che emette l’atto a dover provare che il destinatario è in grado di comprendere la lingua in cui il provvedimento è stato redatto (l’italiano) o tradotto (una lingua veicolare).

Nel caso specifico, l’Amministrazione non solo non aveva fornito alcuna prova della conoscenza dell’italiano da parte della donna, ma aveva implicitamente ammesso la necessità di una traduzione, indebolendo ulteriormente la tesi della presunta conoscenza della lingua. Inoltre, la scelta di tradurre l’atto in inglese si è rivelata inefficace, poiché la ricorrente aveva dichiarato di non conoscere nemmeno quella lingua.

La Corte ha inoltre ribadito che, qualora sia impossibile reperire un traduttore nella lingua madre dello straniero, l’Amministrazione deve motivare adeguatamente tale impossibilità, senza ricorrere a stereotipi o a giustificazioni generiche. L’uso di una lingua veicolare è ammissibile solo come extrema ratio e a condizione che vi siano elementi concreti per ritenere che il destinatario la comprenda.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio di garanzia fondamentale: il diritto di difesa passa attraverso la piena comprensione degli atti che incidono sulla propria libertà personale. Presumere la conoscenza di una lingua sulla base della sola permanenza in un Paese è un errore giuridico che lede questo diritto. La decisione della Cassazione serve da monito per le amministrazioni e per i giudici di merito: la notifica del decreto di espulsione richiede un accertamento concreto e rigoroso della capacità del destinatario di comprendere l’atto. In assenza di tale prova, il provvedimento è nullo, garantendo così che nessuna decisione così grave venga presa senza che l’interessato ne abbia piena e reale consapevolezza.

La semplice permanenza in Italia è sufficiente per presumere la conoscenza della lingua italiana da parte di un cittadino straniero?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che è un errore ritenere che dalla mera permanenza sul territorio si possa desumere la conoscenza della lingua italiana. Tale presunzione non si basa su elementi gravi, precisi e concordanti come richiesto dalla legge.

Su chi ricade l’onere di provare che il destinatario di un decreto di espulsione conosce la lingua in cui l’atto è stato notificato?
L’onere di provare l’eventuale conoscenza della lingua italiana, o di una delle lingue veicolari utilizzate per la traduzione, grava sull’Amministrazione che ha emesso il provvedimento. Non spetta allo straniero dimostrare di non conoscere la lingua.

È valido un decreto di espulsione tradotto in una lingua veicolare (es. inglese) se lo straniero dichiara di non conoscerla?
No, il provvedimento è nullo. La traduzione in una lingua veicolare è legittima solo se si dimostra l’impossibilità di reperire un traduttore nella lingua madre dello straniero e, soprattutto, se vi sono elementi per ritenere che il destinatario comprenda effettivamente tale lingua veicolare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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