Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5601 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5601 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18885-2021 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in forza di procura conferita in calce al ricorso, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME , in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , anche quale procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso, in virtù di procura rilasciata in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, con domicilio eletto in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto
-controricorrente –
R.G.N. 18885/2021
COGNOME
Rep.
C.C. 12/12/2024
giurisdizione Opposizione contro cartelle di pagamento e avvisi di addebito. Prescrizione del credito.
RAGIONE_SOCIALEASSICURAZIONE CONTRO RAGIONE_SOCIALE (INAIL), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso notificato, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME con domicilio eletto presso la sede legale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliata presso i suoi uffici, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 1066 del 2020 della CORTE D’APPELLO DI MILANO, depositata il 25 marzo 2021 (R.G.N. 458/2020).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 12 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con la sentenza n. 1066 del 2020, depositata il 25 marzo 2021, la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame di RAGIONE_SOCIALE e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, così rigettando l’opposizione proposta dalla società appe llante contro l’intimazione di pagamento n. NUMERO_DOCUMENTO e incentrata sulla mancata notifica delle cartelle contenute nel provvedimento impugnato e sulla conseguente prescrizione del credito.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che è stata dimostrata in giudizio la regolarità della notificazione delle cartelle e degli avvisi di addebito e che del tutto generico, e dunque tamquam non esset , risulta il disconoscimento operato dall’appellante.
–RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, contro la sentenza d’appello.
-Resistono con distinti controricorsi l’INPS, l’INAIL e ADER.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-In vista dell’adunanza in camera di consiglio, la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo, formulato in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e lamenta, a tale riguardo, che la Corte di merito abbia erroneamente considerato rituale la notifica di cartelle esattoriali e avvisi di addebito prodotti soltanto in copia e disconosciuti ai sensi dell’art. 2719 cod. civ. e comunque notificati al portiere dello stabile in cui risiede il legale rappresentante della società, senza la spedizione della raccomandata informativa.
La Corte d’appello non avrebbe poi reso alcuna pronuncia sulla prescrizione della pretesa. In particolare, quanto agli atti interruttivi valorizzati nella sentenza d’appello, il preavviso di fermo del 3 marzo 2010, l’intimazione di pagamento del 2013 e il pignoramento presso terzi del 2014 sarebbero stati invalidamente notificati.
1.1. -La censura è inammissibile, in tutti i profili in cui si articola, per molteplici e concorrenti ragioni.
1.2. -Anzitutto, la doglianza è irritualmente dedotta in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., a fronte di una pronuncia d’appello che conferma, per le medesime ragioni di fatto, la
pronuncia di primo grado (cfr., a tale riguardo, le pagine 3 e 4 del controricorso dell’INPS) .
1.3. -Il motivo, inoltre, giustappone critiche eterogenee e si rivela irrimediabilmente generico , nel richiamare «molte cartelle di pagamento che sicuramente si sono prescritte» (pagina 8 del ricorso per cassazione).
1.4. -Né si può sottacere che il motivo di ricorso è avulso dalla ratio decidendi della pronuncia d’appello e non vale a scalfirne, con l’indispensabile specificità, il percorso argomentativo.
1.4.1. -La Corte territoriale, lungi dal pretermettere il disconoscimento effettuato, ne stigmatizza la genericità (pagine 5 e 6 della sentenza d’appello), con argomentazioni che l’odierna ricorrente non confuta in maniera efficace. Anche la memoria illustrativa (pagine 1 e 2) si attarda sul disconoscimento, senza però articolare rilievi mirati sul tema dirimente della genericità.
1.4.2. -Né, con riferimento alle modalità della notifica eseguita dal concessionario e alla ricostruzione della disciplina che la regola (pagine 6, 7 e 8 della pronuncia d’appello), il ricorso prospetta censure specifiche, che si confrontino con l’inquadramento normativo delineato dalla sentenza d’appello e ne confutino la correttezza giuridica. Anche la memoria illustrativa (pagine 2 e 3) ricalca le considerazioni illustrate nel ricorso, senza apportare alcun elemento chiarificatore in ordine agli aspetti approfonditi nel la sentenza d’appello, con la particolareggiata ricostruzione della disciplina vigente e della pertinente giurisprudenza di legittimità.
1.5. -La pretesa creditoria, dunque, è irretrattabile, in quanto nessuna opposizione di merito è stata radicata nel termine perentorio di quaranta giorni dalla valida notifica degli atti impugnati.
1.6. -Come il controricorso dell’INPS ha evidenziato (pagina 4), neppure si può imputare alla sentenza d’appello di non aver vagliato l’eccezione di prescrizione.
A tale riguardo, la Corte territoriale ha esaminato funditus l’eccezione sollevata e l’ha disattesa, alla luce degli atti interruttivi acquisiti al processo e della rituale notifica degli stessi, accertata all’esito di un iter logico approfondito, che il ricorso non infirma in maniera adeguata.
-Tra tali atti interruttivi, viene in rilievo, corroborando ad abundantiam la decisione impugnata, anche la dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, che forma oggetto del secondo motivo di ricorso, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., allo scopo di censurare il ‘difetto di motivazione’ della sentenza impugnata.
Avrebbero errato, in particolare, i giudici d’appello nel qualificare l’istanza in esame come ‘rinuncia alla tutela giudiziaria’.
2.1. -Anche questa critica si palesa inammissibile.
2.2. -La Corte di merito, confermando sul punto la pronuncia del Tribunale, ha scrutinato portata e latitudine della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, osservando che formalizza la volontà di adempiere all’obbligazione, rinunciando ai giudizi pendenti, e integra un riconoscimento del diritto, rilevante alla stregua dell’art. 2944 cod. civ.
2.3. -A fronte di un accertamento di fatto congruamente motivato e cristallizzato in una ‘doppia conforme’, la parte ricorrente censura un ‘difetto di motivazione’ privo d’ogni riscontro e ambisce in realtà a ridiscutere la valutazione delle risultanze probatorie concernenti, peraltro, un elemento meramente rafforzativo (pagina 4 del controricorso dell’INPS).
-Il ricorso, nel suo complesso, è dunque inammissibile.
-Le spese del presente giudizio si liquidano a favore dei controricorrenti INPS e INAIL, nella misura indicata in dispositivo.
Non si devono regolare le spese nel rapporto processuale con il concessionario, in quanto, in una controversia che investe la
sussistenza del credito, il concessionario non ha legittimazione a contraddire (Cass., S.U., 8 marzo 2022, n. 7514) e la notificazione del ricorso si configura come mera litis denuntiatio (Cass., sez. lav., 19 luglio 2024, n. 19985), impedendo di configurare, nel presente giudizio, quella soccombenza che è presupposto indefettibile ai fini della rifusione delle spese.
5. -La declaratoria d’inammissibilità del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del la ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., Sez.Un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere ai controricorrenti INPS e INAIL le spese del presente giudizio, che liquida per ciascuno di essi in Euro 4.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione